Il talento di Kochanovsky
di Alberto Spano
Ideale passaggio di testimone fra generazioni alla Sagra malatestiana, quando alla defezione del leggendario Dmitri Kitajenko subentra il giovane Stanislav Kochanovsky a capo dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, solista al piano Simon Trpčeski, alle prese con un programma tutto russo.
RIMINI, 13 settembre 2016 – Sostituire un grande e celebrato direttore russo qual è il settantaseienne e ormai leggendario Dmitri Kitajenko sul podio dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, non è cosa certamente facile. È successo all'ultimo concerto sinfonico della 67a Sagra Musicale Malatestiana, all'interno di una breve tournée del complesso torinese che toccava anche il festival MiTo, con la presenza del pianista macedone Simon Trpčeski, alle prese con un programma tutto russo comprendente il Concerto per orchestra n. 1 di Ščedrin, il Secondo Concerto di Rachmaninov e Schéhérazade di Rimskij-Korsakov.
Un impaginato molto popolare, dunque, da grandi numeri. Difatti erano tutti occupati i milleseicento posti dell'Auditorium del Palacongressi di Rimini, nonostante la defezione del “Grande Direttore”. A rimpiazzarlo è stato chiamato il giovane e rampante direttore russo Stanislav Kochanovsky, dal già ricco curriculum, che in Italia ha avuto più volte modo di farsi apprezzare all'Orchestra Verdi di Milano, alla Filarmonica Toscanini di Parma e alla Fenice di Venezia. Un giovanotto di belle speranze, che ha compiuto studi approfonditi di organo, composizione, direzione d'orchestra e di coro nella città natale San Pietroburgo, e che ha ottenuto lusinghiere segnalazioni da parte di Mikhail Jurowski, Yuri Simonov ed Eric Klas. Una sana gavetta di cinque anni di direzione stabile all'Orchestra Filarmonica di Kislovodsk, la città natale di Solženicyn alle pendici del Caucaso, gli ha certamente dato modo di farsi le ossa come concertatore di centinaia di composizioni, le più varie. Dal 2010 al 2015 vi ha infatti diretto più di cinquanta programmi sinfonici e sei produzioni liriche. Oggi Kochanovsky è ormai di casa all'Orchestra del Mariinsky, alla Filarmonica di San Pietroburgo, alla Filarmonica Nazionale Russa, nonché all'Orchestra dell'Hermitage.
Giungendo a Rimini Kochanovsky ha dunque non solo salvato il concerto, ma ha potuto dar mostra del suo non usuale talento di veloce e sicuro concertatore, dotato di un gesto piuttosto chiaro ed elegante e di una musicalità altrettanto prodigiosa. Lo si è subito sentito nella sua intelligente conduzione del Concerto per orchestra n. 1 “”Naughty Little Limericks” del compositore russo ottantatrenne Rodion Ščedrin (il vedovo della grande Majja Pliseckaja), un brano del 1963 molto felice e giustamente famoso, in cui si ascolta una musica molto ben scritta che sa mettere a dura prova tutte le sezioni dell'orchestra, con particolare attenzione ai fiati e alle percussioni e in cui fa capolino un irresistibile gusto parodistico che ogni volta seduce lo spettatore.
Kochanovsky è stato poi un interlocutore piuttosto complice del pianista Simon Trpčeski nel Secondo di Rachmaninov, affrontato dal macedone con il deliberato intento di liberarlo da ogni retorica tardoromantica e da ogni turbolenza sinfonica. Un Rach2 quasi cameristico il suo, in cui è il fraseggio elegante e rifinito a farla da padrone, non la potenza virtuosistica e le montagne di suono. Chi si aspettava le solite letture da “virtuoso d'assalto” alla Matsuev è rimasto dunque un po' deluso. Trpčeski è un musicista raffinato, capace di tornire una frase e di illuminarla con una luce fresca e moderna, e lo ha fatto anche con quel vecchio e amatissimo arnese che è il Rach2, emendandolo non poco da ogni traccia di sentimentalismo. Stesso procedimento il pianista ha usato magistralmente nel bis Vocalise, dello stesso Rachmaninov, eseguito con cavalleresco gesto col bravo (e intonatissimo) primo violoncello della Rai, Massimo Macrì, e poi nel liliale Valzer in la minore opera postuma di Chopin.
Kochanovsky per suo conto non ha deluso poi in Shéhérazade di Rimsky-Korsakov, condotta con perfetta efficienza e comprensione. Ad ogni battuta si avverte una preparazione magistrale alle spalle, una tecnica direttoriale di primissimo ordine, un gesto felice e funzionale, che tutto tiene sotto controllo e tutto sovrintende. Quello che si dice un grande talento direttoriale e musicale, forse non ancora una forte personalità. Ma per dare giudizi definitivi è molto presto. Kochanovsky ha solo trentaquattro anni, e avrà certamente modo di sciogliere il suo enorme talento e la sua ottima tecnica in qualcosa di ancor più avvincente.