L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fantasia familiare

Giorgio Minotti 

Per Emilia. Casa Chopin e la vocazione per la bellezza
Il mistero del Notturno op. 72 

pp.156 - f.to cm. 15x21

ISBN 978-88-6540-142-2, 2015

Zecchini Editore, collana I Racconti della Musica 

Un pezzo giovanile con caratteristiche già mature, di cui non è stato rivenuto l'autografo, un numero di catalogo non corrispondente all'ordine cronologico, quasi si trattasse di un'appendice. La coincidenza fra l'anno di composizione e la morte dell'adorata sorella minore Emilia.

Tanto basta a suggerire a Giorgio Minotti la suggestione per un'interpretazione e una piccola fantasia familiare: il Notturno op. 72, n. 1 sarebbe stato scritto sull'onda dell'emozione per la scomparsa della sorellina nemmeno quindicenne, una chiave di lettura non dimostrabile, ovviamente, ma nemmeno peregrina o insostenibile.

Il 1827 fu un anno traumatico nella vita di Chopin, incrinò per sempre la serenità del nido familiare e, quale che fosse l'occasione precisa della composizione, è davvero difficile ammettere che il Notturno non rifletta in qualche modo questo dolore cruciale.

Da qui Giorgio Minotti dipana un filo sottile, fatto di ricordi personali e confidenze fra tre donne, le sorelle superstiti Ludwika e Izabela con la madre Justyna, al momento di prendere la decisione di includere o meno il Notturno negli inediti da inviare a Julian Fontana per la pubblicazione postuma. Dai fatti documentati e dai caratteri ricostruiti attraverso epistolari e testimonianze, si suggerisce l'aneddoto dell'ultimo dono alla sorellina, di un ritratto musicale custodito separatamente e segretamente da Ludwika e Justyna. E, con questo, si schizza l'intimità familiare, l'affetto, le risate che si mescolano al dolore, la tenerezza, l'amore per l'arte... Minotti cerca, fortunatamente, la via della leggerezza, della confidenza, evitando di fare del suo racconto una fantastoria alla moda. Semplicemente, rievoca la suggestione di un'ipotesi che scientificamente non si potrebbe dimostrare, fa della sua interpretazione un breve romanzo familiare. E s'impegna per far sì che i dati biografici o le considerazioni estetiche non si appesantiscano troppo nella citazione o nella didascalia, curando anche di mescolare sempre la malinconia del ricordo con il sorriso dolce che il tempo fa riemergere dopo aver lenito le ferite. Ricerca anche una mimesi nella voce delle tre donne, per esempio rievocando una diffidenza moralista e astiosa da parte di Justyna nei confronti di George Sand poi smussata in privato da Ludwika e Izabela, che riconoscono un pizzico di gelosia da parte della madre nei confronti della donna più matura che in un certo senso aveva preso il suo posto nella vita del figlio a Parigi. Perché no? Tutto legittimo e plausibile, soprattutto fra la cattolicissima, quieta Varsavia e l'irrequieta libertà parigina.

Un libro scritto con passione e dedizione, con misura, soprattutto, senza travalicare i confini di un assunto che, per funzionare, deve essere e restare lieve. Giorgio Minotti non è un narratore di professione (e, purtroppo, ci sono taciuti altri dati biografici sull'autore) e non fa il passo più lungo della gamba, si ferma al momento giusto regalandoci pagine delicate e appassionate che si leggono in poche ore senza stancare o stuccare. E gli siamo grati.


 

 

 
 
 

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