L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

le nozze di Figaro

Il diletto e il martir

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

W.A. Mozart

Le nozze di Figaro

Pisaroni, Hampson, Karg, Yoncheva, Brower, Villazon, von Otter

Vocalensemble Rastatt

Chamber Orchestra of Europe

direttore Yannick Nézet-Séguin

3 CD Deutsche Grammophon 0289 4795945 8, 2016

Prosegue il ciclo dedicato a Wolfgang Amadeus Mozart proposto dalla Deutsche Grammophon con la concertazione del nuovo direttore musicale della Metropolitan Opera House, Yannick Nézet-Séguin. Con Le nozze di Figaro si concludono le incisioni dedicate alla trilogia di Da Ponte (del Così fan tutte scrivemmo a suo tempo, leggi la recensione) e si tratta forse dell'opera più difficile fra le tre nate dalla collaborazione fra il librettista italiano e il compositore di Salisburgo. È un intreccio psicologico dal meccanismo perfetto, alla fine del quale, sostanzialmente, gli equilibri non cambiano. In questo differisce notevolmente da Don Giovanni, forse l’unica opera di Mozart comprendente una scena di grande emotività espressa e non repressa, quasi il compositore stesso sentisse un desiderio di ribellione nei confronti di qualcosa o qualcuno, forse l’autoritario padre Leopold. In Le nozze di Figaro, al contrario, l'emotività sempre presente in filigrana non ha mai libertà di manifestarsi appieno nello scontro fra una classe borghese, che, con l’inarrestabile avanzata dell’Illuminismo, iniziava a fronteggiare un’aristocrazia il cui unico valore effettivo era attribuito da norme dinastiche. L’opera venne rappresentata per la prima volta nel 1786, appena tre anni prima che la monarchia francese, nonché la sorella dell’imperatore asburgico Giuseppe II, cadesse recisa nel sangue dalla lama della ghigliottina.

Non condividiamo l’opinione secondo la quale i temi alla base di La Folle journée ou Le mariage de Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais non possano essere considerati attuali. Sicuramente, almeno nel mondo occidentale, non può più essere verosimile lo ius primae noctis, ma, tuttavia, forme di ricatto, di umiliazione, oppressione permangono, anche se, ovviamente, non strutturate in un ordinamento sociale.

L’unico vero momento in cui l’emozione di spande quasi fosse una liberazione è la frase del Conte, che, nei fatti, dà il via al finale dell’opera: quel “Contessa, perdono”, pronunziato solo l’ennesimo dileggio all’animo della sposa, corteggiata solo perché scambiata per Susanna. La folle giornata, definizione mantenuta da Da Ponte, ha termine: un giorno solo, com’era nella commedia greca, e un epilogo per nulla lieto, ma tristemente gioioso nella musica e nel libretto. È vero, Susanna e Figaro possono convolare a nozze, Cherubino potrà dedicarsi al suo intento di esplorare gli insolubili misteri dell’universo femminile, il Conte non muterà le sue abitudini e la povera Contessa, che per seguirlo aveva lasciato Siviglia, seguiterà a esser donna umiliata e schernita.

È difficilissimo render questo, e molte altre altre sfumature presenti nella partitura di Mozart, sulla scena: figuriamoci in forma concertante e ancor più in un’incisione discografica.

Sicuramente il merito principale della felice riuscita del disco è la bacchetta di un sempre eccellente Yannick Nézet-Séguin, che non sacrifica mai la melodia mozartiana, pur conferendo alle sonorità della Chamber Orchestra of Europe, sempre omogenea in tutte le sezioni, un'intensità che, nelle circa tre ore di musica, mantiene alta la concentrazione, grazie a ottime scelte dinamiche, di accenti e di fraseggio. La tensione e il pathos si alternano alla leggerezza e al brio senza che mai ne faccia le spese la continuità di una trama tanto complessa.

Oltre alla splendida ouverture, ci piace rimarcare anche la resa eccellente della marcia del finale del terzo atto.

Merita un posto d’onore nel nostro resoconto il Basilio di Rolando Villazòn che sta magnificamente dedicando a Mozart i recenti anni della sua carriera. Il suo penultimo CD monografico era consacrato al compositore di Salisburgo ed è, assieme a Yannick Nézet-Séguin, l’unico interprete costante in questo ciclo d’incisioni. Per lui viene riaperta l’aria del quarto atto: “In quegli anni in cui val poco” e il fraseggiatore eccelso torna in cattedra, la grandezza dell’artista si palesa ancora una volta cristallina. Non v’è incidente fisico che possa poter freno definitivo a un interprete di tale intensità. La varietà di colori non ha eguali, così come la capacità di distribuire con sopraffina perizia gli accenti. Sicuro nella gestione dei fiati, esibisce, inoltre, bello squillo al termine dell’aria.

Il primo dovere di un artista, se vuole definirsi tale, è quello di trasmettere emozioni: abbiamo sentito negli anni voci straordinarie, ma anodine, anche se perfette tecnicamente e se anche a taluni può non piacere la voce di Villazòn, la sua capacità di comunicare (indispensabile per un mozartiano) ne fa uno dei più grandi interpreti di tutti i tempi.

Ottimo l’intero cast vocale, a partire da Luca Pisaroni (Figaro), che avevamo piacevolmente ascoltato lo scorso anno come Enrico VIII in Anna Bolena alla Wiener Staatsoper [leggi la recensione], ma che trova in Mozart il suo repertorio d’elezione. Il timbro è bello e pastoso ed è anche lui eccellente nella lettura della parola e nel rendere le sfaccettature interpretative del ruolo, forse la massima difficoltà in Mozart. Risulta parimenti convincente la promessa sposa, Christiane Karg, specialista del repertorio barocco felice impegnata quale Susanna temperamentosa, ma giovane e fresca, quasi impertinente nell’aria del primo atto “Venite, inginocchiatevi, senza lesinare nel pathos nel quarto atto, con una bella “Deh vieni, non tardar…”

Di rilievo anche la bravissima Sonya Yoncheva: ottima nell’aria “Dove sono i bei momenti” e abilissima nel rendere la melanconia e il tormento della Contessa. Da notare la morbidezza delle sfumature e le scelte di fraseggio da cui traspaiono languore, rabbia repressa e la speranza.

Convince meno Thomas Hampson, come Conte d’Almaviva. Nel complesso non demerita, tuttavia si coglie una certa usura in una voce ormai priva della freschezza ed elasticità d’un tempo. Il fraseggio è meno intenso rispetto a quello dei colleghi impegnati, che, nell'attuale forma vocale, appaiono molto più affini ai propri ruoli.

Angela Brower è un ineccepibile Cherubino. L’unica perplessità che ci desta la sua interpretazione è la conferma dell’impressione che ci diede come Charlotte lo scorso 28 ottobre a Monaco di Baviera [leggi la recensione]. Nonostante ella si dedichi a ruoli di mezzosoprano abbastanza acuti, l’idea è sempre che, in realtà, si tratti di un soprano, di gran qualità, ma pur sempre un soprano.

Nel cast ricordiamo anche il cameo di Anne Sofie von Otter (Marcellina, pure beneficiata dalla riapertura dell'aria), Maurizio Muraro (Bartolo), Jean-Paul Fouchécourt (Don Curzio), Philippe Sly (Antonio) e la Barbarina di Regula Mühlemann.

Bene il coro Vocalensemble Rastatt, diretto da Holger Speck.

La registrazione è stata effettuata dal vivo al Festspielhaus di Baden-Baden nel luglio del 2015.

Molto ben curata la confezione della Deutsche Grammophon, che risparmia sulla custodia dei CD a favore di un volumetto d’accompagnamento comprendente il libretto dell’opera in lingua originale, francese, tedesco e inglese. Sul retro sono riportate le effigi delle copertine delle precedenti incisioni del ciclo mozartiano: Don Giovanni, Così fan tutte e Die Entführung aus dem Serail.


 

 

 
 
 

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