L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Petruska

Doppio Stravinskij con Mehta

 di Pietro Gandetto

Zubin Mehta “debutta” alla Scala come direttore di balletti, con i capolavori coreografici di Stravinskij Petruška e Le sacre du printemps.

Milano, 22 febbraio 2017 - In scena al Piermarini fino al primo marzo una serata interamente dedicata a Igor Stravinskij, esaltata dall’esperienza di Zubin Mehta, per la prima volta impegnato a dirigere un balletto scaligero. In scena i balletti Petruška e Le sacre du printemps, titoli diametralmente opposti, ma accomunati dal rivoluzionario linguaggio musicale stravinskijano.

Petruška - qui ripreso nella coreografia originale di Michail Fokin del 1911 - è mimico e realistico, quasi circense. Semplici gesti ed espressioni quotidiane, con una caratterizzazione dei personaggi-marionette visceralmente emotiva. Una malinconia sottocutanea che inanella la storia del fantasma di Petruška, secondo la tradizione della Commedia dell’Arte. Un’atmosfera carnevalesca da Parpignol pucciniano, che si sviluppa incalzante e guida lo spettatore per tutta la pièce. Balocchi, maghi, bambini curiosi, neve e vita di strada, sono questi gli elementi messi in scena da Fokin. Come spiega la nipote, Isabelle Fokine: “Mio nonno aveva iniziato a sviluppare i personaggi guardando le persone sul tram a San Pietroburgo. Si chiese se si poteva portare nel balletto questo linguaggio posturale”. Musicalmente, un’orchestrazione che parla dei deboli. Una musica che non racconta storie borghesi o di principi e contesse, ma che proseguendo idealmente il filone del Boris Godunov di Musorgskij, si schiera dalla parte dell’innocente popolo russo, soggiogato nei secoli a un potere cieco e assolutista, e che solo nel Carnevale può trovare una momentanea e illusoria distrazione.

Tutt’altra atmosfera quella del Sacre, qui riproposto nella versione di Glen Tetley, già presentata alla Scala nel 1981, ma creata nel 1974. La coreografia di Glen Tetley è fatta di gesti che ripropongono, ciascuno, una pulsione dell’anima, un’emozione scolpita nella vividezza della propria essenza, senza filtri artistici, estetici o razionali. Il balletto inscena un rito sacrificale pagano nell’antica Russia all'inizio della primavera, nel quale un adolescente veniva scelto per ballare fino alla morte con lo scopo di propiziare la benevolenza degli dei in vista della nuova stagione. Si parla di mistero, esotismo e riti pagani. La musica di Stravinskij ha una forza impressionante, che non richiama unicamente la Russia primordiale, ma in generale un mondo primitivo, fatto di rituali, racconti attorno al fuoco e credenze legate all’alternarsi delle stagioni e alle forze della natura cui gli antichi attribuivano poteri magici. I danzatori del Teatro alla Scala sono interpreti sicuri e convincenti. Su tutti, prova maiuscola quella di Antonino Sutera e Virna Toppi nel Sacre.

In realtà non solo un doppio balletto, ma anche un doppio concerto, in cui l’esperienza di Mehta esalta una partitura tra le più rivoluzionarie del repertorio novecentesco.  Un’esecuzione che offre una densità di suono esemplare e una perfetta illustrazione del materiale tematico. I virtuosismi ritmici sono espressi dalla compagine milanese con grande precisione. Mehta dispone di un’orchestra che vive un momento di felice complicità con il direttore e che ha veicolato alla perfezione le sue intenzioni. Le scene e i costumi erano di Nadyne Baylis e le efficacissime luci di John B. Read.

foto Brescia Amisano


 

 

 
 
 

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