L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Abbuffata mahleriana

 di Anna Costalonga

Programma ricco - fin troppo, si potrebbe obiettare - l'apertura della stagione del Teatro Comunale Verdi di Pordenone. E se non sempre gli interpreti sono stati all'alteza della loro fama, resta indiscutibile l'importanza di un evento che inaugura il rapporto che si spera lungo e proficuo fra la Gustav Mahler Jugendorchester e la città friulana.

PORDENONE, 1 settembre 2016 - Il primo settembre la stagione del Teatro Comunale Verdi di Pordenone è stata inaugurata dal concerto della Gustav Mahler Jugendorchester sotto la direzione di Philippe Jordan e con la partecipazione del baritono Christian Gerhaher in un programma interamente mahleriano: Der Abschied dal Lied von der Erde e la Nona sinfonia.

Gerhaher, premiato l’anno scorso per il cd Nachtviolen della Sony, quasi unanimemente considerato il miglior baritono liederista in circolazione, ha subito offerto un’interpretazione lontana da ogni stereoticpo. Si sente la volontà di superare le smorfie superficiali, le pose, i calchi fischerdieskauiani che purtroppo capitano spesso in questo repertorio. Eppure...mi si perdoni il calembour, eppure siamo lontani dal fischer-discount dell’interpretazione liederistica, eppure ci rimaniamo pesantemente imprigionati, per una pura questione, diciamo così, quantitativa che va a discapito della qualità.

Le famose mezzevoci di Gerhaher, se possono ammaliare su cd, ho il dubbio che siano e rimangano mezzevoci microfoniche e non adeguate purtroppo a sale molto più grandi di quella di Pordenone. Gerhaher, dobbiamo confessarlo pubblicamente, ha una voce piccola. Purtroppo ciò, per quanto si tratti di una voce duttilissima, incide sulla sua capacità espressiva. A questa limitatezza, Gerhaher cerca di riparare con l’intelligenza interpretativa, questo è evidente. Ma, purtroppo, non sempre l’intelligenza interpretativa può bastare. Per raggiungere il bruciante etereo mahleriano c’è bisogno di muscoli, per così dire, di sostanza vocale. Così nell’ultimo verso, "Ewig...Ewig", che dovrebbe comunque rimanere sonoro, per quanto in pianissimo, Gerhaher perde sonorità, sembra quasi spoggiarsi - o, almeno, questo è stato il risultato, all’ascolto in platea.

Invece di un lento dissolvimento, di un insistente e sonoro filo di voce che fatica a spegnersi, abbiamo qualcosa di simile a un sussurro che si spegne subito. Come l’orchestra, che chiude a mio avviso in maniera troppo frettolosa, senza l’indugio necessario a far scattare la fascinazione magnetica che fa rimanere senza fiato in questo finale.

Ma come - si potrebbe obiettare -: si tratta della Gustav Mahler Jugendorchester, l’orchestra giovanile “Gustav Mahler”, la mitica orchestra giovanile fondata da Claudio Abbado trent'anni fa! Dispiace dirlo: in questo caso, nella serata d’apertura del Teatro Verdi di Pordenone, il nomen non è stato omen.

Dispiace perché invece si tratta di un’ottima orchestra, composta da giovani talenti al di sotto dei ventisei anni; forse Philippe Jordan non è stato in vena l’altra sera? Meglio rimanere nel dubbio.

La performance è invece migliorata di molto nella Nona sinfonia, eseguita nella seconda parte del concerto, nonostante i dubbi preesistenti su un programma così pesante, per quanto affascinante.

Forse sarebbe bastata anche solo la Sinfonia, invece si è preferito optare per un concerto catch-all, una specie di due per uno per attirare ancora più pubblico, mentre, in realtà, a mio avviso, un programma mahleriano andrebbe trattato in maniera molto più delicata. Ad ogni modo, è una grande cosa che a Pordenone si suoni Mahler - che lo suoni un’ottima orchestra come la GMJO - in un teatro tutto sommato di provincia ma che si vuole affermare con un obiettivo ambizioso (e che auguriamo loro di raggiungere con tutto il cuore): la residenza della Gustav Mahler Jugendorchester, appunto.

Ma, tornando al nostro concerto: nella Sinfonia, Philippe Jordan è riuscito a condurre meglio l’orchestra, facendone risaltare la potenza, in particolare in un voluminoso Rondo-Burleske, anche se, nei restanti movimenti, purtroppo la GMJO non è riuscita sempre a tenere alta la tensione dell’ascolto.

Nell’Adagio finale, l'orchestra ha dato invece il meglio di sé, riuscendo a creare e mantenere la giusta atmosfera. Le ultime, incredibili battute sono sembrate rapire il pubblico del Verdi, anche, se, forse si sarebbe potuto osare una maggiore leggerezza, e ancora più tensione drammatica.

Nonostante le inevitabili luci e ombre, l'evento non ha perso la sua importanza e speriamo davvero che sia il primo di una lunga e proficua collaborazione fra la GMJO e la città di Pordenone.


 

 

 
 
 

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