L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

maometto II di Rossini a Toronto

Dal ferro, dal fuoco

 di Giuliana dal Piaz

 

Autentica rarità per il pubblico canadese, Maometto II va in scena a Toronto nell'allestimento dell'Opera di Santa Fe. Nel ruolo eponimo, Luca Pisaroni, affiancato da Leah Crocetto, Elizabeth Deshong, Calbo dalla personalità opaca benché la cantante appaia come la migliore del cast, e Bruce Sledge.

TORONTO, 5 maggio 2016 - Maometto II, su libretto di Cesare della Valle, fra i titoli rossiniani ancora meno eseguiti, benché uno dei principali drammi del periodo napoletano, è in scena a Toronto dal 29 aprile al 14 maggio presso il Four Seasons Centre, sede stabile della COC-Canadian Opera Company.

La produzione canadese ricalca quella andata in scena nel 2012 con l'Opera di Santa Fe in New Mexico, con la stessa direzione musicale e teatrale e gli stessi interpreti principali: sul podio, quindi, dell'Orchestra della COC troviamo l'inglese Harry Bicket, il quale affronta con entusiasmo e precisione l'incalzante partitura, che non lascia praticamente spazio né ad applausi a scena aperta né ad autentici protagonismi. Il regista è lo statunitense David Alden, mentre l'inglese Jon Morrell è il creatore di scenografia e costumi. Si tratta di un'incredibile opportunità per il pubblico canadese di assistere a questo capolavoro, eseguito per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli nel dicembre 1820 e presto caduto in un lungo oblio.

Nei sette anni (1815-1822) in cui diresse il Teatro San Carlo di Napoli, una città tra le più colte e vivaci d'Europa con orchestre di prim'ordine e un pubblico musicalmente raffinato, Rossini trasse il massimo profitto dal contesto con la composizione di drammi innovativi e perfino sperimentali fra cui Armida, Ermione e Maometto II. Quest'ultimo venne ripreso solo nel 1985 e fino agli '70 del secolo scorso il libretto di Della Valle veniva spacciato come tratto da una tragedia di Voltaire il cui protagonista è, però, il Maometto profeta dell'Islam e nulla ha a che fare con l'opera, che narra di Mehmet II, che nel 1453 conquistò Costantinopoli mettendo fine all'Impero Bizantino. Era, invece, lo stesso Della Valle, letterato di un certo livello, l'autore del dramma Anna Erizio, fonte di un libretto concepito in stretta collaborazione con Rossini, soprattutto per quanto riguarda la parte finale.

Nel caso di Maometto II, ci troviamo dinanzi a una serrata struttura in cui i numeri chiusi si espandono, mentre i recitativi secchi già erano definitivamente scomparsi dalla produzione seria rossiniana dall'Elisabetta regina d'Inghilterra; il coro, inoltre, assume una posizione di rilievo, sia che si tratti di soldati veneziani e guerrieri turchi, sia di donne veneziane, con pagine particolarmente significative nel threnos finale e nel racconto "Al Musulman le porte / dischiuse un traditor".

La presentazione dell'opera curata nel programma di sala da Gianmarco Segato, consulente presso la COC, riporta le osservazioni dello stesso Harry Bicket su una partitura "di non comune respiro e grandiosità...; generalmente si pensa a Rossini come a un brillante compositore di opera buffa, che eccelle nelle arie perfettamente equilibrate e in finali asciutti e tesi. In Maometto II troviamo invece dei massicci archi strutturali che spingono al limite le convenzioni musicali e drammatiche dell'epoca (molte di esse stabilite dallo stesso Rossini). Il famoso terzettone dell'Atto Primo, per esempio, dura venticinque minuti e comprende la corsa in battaglia di due dei personaggi, colpi di cannone, interventi del coro e la preghiera del coro femminile. Un'assoluta innovazione per l'epoca; dà la sensazione che Rossini volesse vedere fin dove poteva spingersi rispetto alle aspettative del pubblico".

La prima non riscosse il successo che Rossini sperava - forse le novità erano troppe e troppo audaci perfino per il sofisticato pubblico napoletano - e l'autore preparò due anni dopo un'altra versione, a lieto fine, da presentare a Venezia, ma anche questa fu replicata in vita dell'autore solo altre tre volte (a Vienna, Milano e Lisbona) senza registrare particolare entusiasmo. Rossini riscrisse addirittura l'opera su libretto francese (Parigi, 1826) con il titolo Le siège de Corinthe - anch'essa dall'affascinante architettura musicale, ma concettualmente e musicalmente diversa.

Come menzionato, la produzione della COC a Toronto è quasi la stessa presentata a Santa Fe (USA) nel 2012. Con il direttore d'orchestra Harry Bicket e il regista David Alden, lavorano per la prima volta con la COC canadese lo scenografo e costumista Jon Morrell, il responsabile luci Duane Schuler e il coreografo tedesco David Laera; canadesi invece l'assistente alla regia (Marilyn Gronsdal), due buoni tenori Aaron Sheppard (Selimo) e Charles Sy (Condulmiero), il Coro della COC e la sua straordinaria direttrice, Sandra Horst, così come quattro ballerini del COC Chorus (Jack Barradell, Liana Bellissimo, Matt Marr e Breanna Willis) sotto la guida coreografica di David Laera.

La scenografia, esteticamente gradevole, fornisce alcune soluzioni brillanti per il rapido cambio di scena: la sala del Consiglio cittadino diventa, ad esempio, la casa del comandante veneziano Erisso, quando questi scopre un ritratto (ottocentesco!) della moglie defunta, madre di Anna; sospinti via il ritratto e un lastrone marmoreo con incisa una mappa di Venezia, appare la cappella della Vergine a suggerire il tempio in cui si rifugia a pregare il coro delle donne. Molto meno convincenti, per ragioni diverse, i costumi dei due schieramenti nemici: non si capisce perché lo scenario d'epoca rinascimentale venga trasferito all'epoca della guerra civile statunitense, cui sembrano ispirate le uniformi dei veneziani, mentre appare quanto meno discutibile la scelta di vestire di nero da capo a piedi soldati e seguaci di Maometto e di far loro ondeggiare bandiere nere con la mezzaluna dorata, quando il colore sacro dei mussulmani era il verde; così come di pessimo gusto appare che sulla città conquistata pendano numerosi cadaveri di impiccati esposti al ludibrio: è molto evidente il riferimento agli odierni terroristi dell'Esercito Islamico, una scelta che mi sembra fuor di luogo e fortemente sospetta di propaganda politica, un particolare che getta l'ombra del dubbio sull'autentica motivazione artistica della decisione di produrre quest'opera rossiniana, per quanto possa apparire musicalmente meritoria.

Nel cast, nel complesso musicalmente apprezzabile, è emersa come miglior voce quella del mezzosoprano statunitense Elizabeth Deshong (Calbo), la quale, però, sembra aver voluto suggerire una marginalità del suo personaggio non occupando mai fisicamente il centro della scena (la notevole differenza di statura e corporatura con il soprano protagonista, peraltro, costringeva quest'ultima ad approcciarsi sempre in ginocchio al suo promesso sposo). Tutte le frasi, anche la brevissima "Fratel mi chiama! Oh tenera,/ o dolce amica!", e la grande aria del secondo atto sono affrontate in modo impeccabile sia per potenza sia per coloratura vocale; le sue capacità di attrice non sono però altrettanto buone.

Il soprano californiano Leah Crocetto (Anna), nonostante qualche acuto stridulo, dimostra buona voce e buona tenuta in un'opera che la impegna quasi senza soluzione di continuità. Attrice adeguata, non possiede però la presenza carismatica degna del ruolo.

L'italiano Luca Pisaroni (Maometto), al contrario, vanta un'ottima presenza scenica e buone capacità d'interprete, oltre a una bella voce efficace per forza e coloratura; peccato per un piccolo cedimento nell'ardua "All'invito generoso". Il tenore, anche lui californiano, Bruce Sledge (Erisso) assolve al suo compito, ma non risulta indimenticabile né come musicista né come attore in un ruolo che offre poche occasioni per accativarsi i favori del pubblico.

Ottime la direzione coreografica di membri del coro e ballerini e quella musicale del coro: l'introduzione di momenti di danza è risultata in perfetta sintonia con la partitura e molto efficace dal punto di vista teatrale.

Malgrado qualche falla, è questa una delle migliori produzioni della Canadian Opera Company che mi sia capitato di vedere finora.

foto Michael Cooper e Gary Beechey


 

 

 
 
 

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