L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Turandot di Busoni a Torre del lago

L’altra Turandot

 di Federica Fanizza

Con la messa in scena della Turandot di Busoni il Festival Puccini dimostra la sua potenziale vitalità in un momento particolarmente difficile della sua parabola artistica e amministrativa.

TORRE DEL LAGO, 31 luglio 2016 - Sempre in bilico, tra polemiche e problemi di bilancio che compromettono l’esistenza stessa della manifestazione, il Festival Puccini a Torre del Lago dimostra di possedere in potenza ottime carte da giocare per imporsi all’attenzione degli appassionati con proposte che esulino dalla routine delle rappresentazioni monografiche pucciniane. Quest’anno il 150° anniversario della nascita di Ferruccio Busoni è stato l’occasione per rendere omaggio al compositore empolese con la sua opera più vicina all’universo pucciniano, Turandot. Dalla fiaba teatrale di Gozzi, del 1762, già nel 1904 Busoni aveva tratto una suite da concerto utilizzata poi nel 1911 come musica di scena per una rappresentazione con la regia di Max Reinhardt, procedendo in seguito a rielaborare il materiale in forma di opera lirica.

La novella persiana giunta in Europa nel XVIII secolo nella raccolta I mille e un giorno conobbe nuova fortuna nel secondo Ottocento grazie alla traduzione che ne fece Andrea Maffei dalla versione tedesca di Friedrich Schiller, che aveva epurato gli elementi da commedia dell'arte che, invece, costituivano una caratteristica fondamentale dell'elaborazione di Gozzi, in piena polemica antigoldoniana. Il libretto scritto da Busoni stesso rimane fedele a questa visione con le figure comiche dei tre funzionari imperiali: Truffaldino, eunuco di corte, Pantalone, anziano ministro un po’ rimbambito di chiara provenienza veneziana, e Tartaglia, alle prese con la sua balbuzie ampiamente giocata sia nel testo sia nella musica. Quando venne rappresentata per la prima volta nel 1917 allo Stadttheater di Zurigo accoppiata all’altra opera di Busoni, Arlecchino, suscitò molto interesse anche per la presenza di parti recitate, tipica del Singspiel di tradizione germanica. Del resto Ferruccio Busoni si è sempre mosso tra due mondi culturali: nato a Empoli nel 1866, si trasferì giovanissimo a Graz con la famiglia. Cominciò a girare per l’Europa come pianista prodigio, svolgendo la sua attività di compositore e insegnante tra Berlino e Zurigo, senza dimenticare una docenza nel 1907 a Vienna e la direzione del Liceo Musicale di Bologna dal 1913 al 1915. Trovandosi in bilico, quindi, tra le avanguardie del primo Novecento e la tradizione italiana (e non solo), era in una condizione di colloquiare alla pari con Arnold Schőnberg e il mondo teatrale berlinese. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Busoni si trasferì a Zurigo fino al 1920, quando ottenne la direzione di una classe di composizione proprio a Berlino, dove morì nel 1924.

L’inserimento nel cartellone di questa edizione del Festival anche della Turandot pucciniana permetteva, quindi, di mettere a confronto interpretazioni dello stesso soggetto che generano soluzioni drammaturgiche opposte tra di loro. Se Puccini ha giocato le carte del lirismo e dell'eroismo in un contesto dai tratti epici, Busoni lascia, invece, spazio al divertimento ironico, allusivo e grottesco in un ambiente esotico e fiabesco. La stessa musica del compositore empolese è rappresentazione fedele di questa contaminazione di generi che si riflettono nella rapida successione di suoni e di stili diversissimi tra loro, che imprimono all’opera un ritmo vorticoso. Come in un puro gioco di travestimenti, si ritrovano citazioni del contrappunto bachiano, marce turchesche di mozartiana memoria, divertimenti rossiniani, ballate scozzesi. Si aggiungano anche l’uso dei parlati, la comicità involontaria di Tartaglia che canta modulando il suo balbettio in una sorta di gioco futurista, gli interventi di Pantalone ispirati alla canzone popolare da battello in veneziano. 

In questa proposta a Torre del Lago, nello spazio chiuso dell’auditorium Enrico Caruso del Parco della Musica di Torre del Lago, il successo è garantito in primo luogo dal sapiente allestimento di Alessandro Golinelli, ambientato in una struttura leggera che rievocava una tenda da nomadi del deserto con pochissimi elementi a suggerire un remoto luogo dell’Oriente al tempo delle fiabe. I costumi di Cordelia von den Steinen, anche assistente alle scene, senza sfarzo ma con pochi elementi evocativi mettevano in risalto le caratteristiche dei singoli personaggi.

La direzione musicale era affidata alla giovane Beatrice Venezi, già a capo dell’Orchestra Scarlatti di Napoli e al suo debutto sul podio del Festival: con autorità e competenza ha saputo gestire questo mondo sonoro complesso e variegato senza correre il rischio di tralasciare né gli aspetti più immediatamente accattivanti né quelli più sofisticati, ben equilibrando anche gli interventi del coro (diretto da Maurizio Preziosi), che nell’opera ha un suo ruolo consistente sia come interlocutore tra le parti sia come narratore.

Il cast vocale era composto da giovani artisti del secondo livello dell’Accademia di perfezionamento del Festival Puccini, che hanno saputo rendere al meglio questo linguaggio sospeso tra tradizione e innovazione. I due protagonisti, nella recita del 31 luglio, Anna Maria Stella Pansini (Turandot) e Ugo Tarquini (Kalaf), potevano correre il rischio del confronto con gli omologhi della Turandot più famosa, ma hanno evitato di cadere nella trappola restituendo la peculiarità della scrittura di Busoni. La parte di Turandot è quella che rispecchia maggiormente il mondo delle avanguardie, con la sua vocalità spinta modellata sulle eroine di Richard Strauss e sullo Sprechgesang. Pansini ha reso la perfidia e al tempo stesso la curiosità per il coraggio e bellezza del giovane principe sconosciuto con voce sicura di lirico spinto, senza temere le asperità della scrittura. Il Kalaf di Tarquini, voce formata ma ancora in maturazione, era delineato con giovanile baldanza e slancio senza grandi difficoltà né virtuosismi vocali: ha assolto al suo compito dando voce al personaggio, ma è bene che non si faccia prendere dall'entusiasmo di affrontare in tempi brevi il Calaf più famoso.

Il resto del cast era composto da Pietro Toscano (Imperatore Altoum), Donatella De Caro (Adelma), Anna Russo (la Regina Madre di Samarcanda), con la suggestiva voce di basso di Raffaele Raffio per il vecchio servo Barach. Ma una lode speciale va alla peso non indifferente delle maschere della commedia dell'arte per il successo finale:  Truffaldino (Vladimir Reutov), Pantalone (Andrea del Conte), Tartaglia (Franco Cerri) non hanno costituito semplici inserti buffi, ma hanno ben incarnato la vis comica musicale dell’opera.

Un pubblico soddisfatto ha affollato lo spazio chiuso dell’Auditorium Enrico Caruso, riconciliandosi con il Festival Pucciniano dopo le recenti polemiche con la presidenza.


 

 

 
 
 

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