L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Ekaterina sadovnikova e Annalisa stroppa

La spada di Romeo

 di Francesco Bertini

Buon successo di pubblico per I Capuleti e i Montecchi al Castello Carrarese di Padova. Nel cast s'impone il Romeo di Annalisa Stroppa, artista intelligente e vocalmente agguerrita.

PADOVA, 31 luglio 2016 - Ad alcuni anni di distanza Padova torna a valorizzare lo spazio offerto dal Castello Carrarese, edificio dalla lunga storia e dall’importanza strategica per la città del Santo. Dominato dalla sagoma incombente e maestosa della Torlonga, l’antica torre poi adibita ad osservatorio astronomico, l’ampio cortile del castello è ideale per ospitare eventi culturali, con speciale riguardo per la musica. Dopo un primo tentativo, nel 2013 con L’elisir d’amore, mentre ancora il sito era soggetto a lavori di recupero, solo da quest’estate il luogo è operativo a tutti gli effetti.

La scelta di inscenare, in coproduzione con il Bassano Opera Festival, I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini rivela l’intento celebrativo in occasione dei quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare la cui tragedia fu solo parzialmente d’ispirazione per l’opera belliniana. Le fonti per il libretto di Felice Romani sono da ricercare in terra italiana e francese: da La sfortunata morte di dui infelicissimi amanti del religioso Matteo Bandello al Giulietta e Romeo di Luigi Scevola, con elementi attinti dalla tragedia Roméo et Juliette di Jean-François Ducis. Lo stesso autore del testo aveva già utilizzato il medesimo tema, qualche anno prima, nel libretto Giulietta e Romeo musicato da Nicola Vaccaj. Il reimpiego di una vicenda precedentemente trattata si rese necessario a causa dei tempi stretti tra la commissione, dovuta al forfait di Giovanni Pacini, e il debutto, nel marzo del 1830, alla Fenice di Venezia. Ciò giustificò il compositore a operare l’autoimprestito, prassi ancora in voga in quel periodo, con brani provenienti dall’Adelson e Salvini e da Zaira. Il successo ottenuto all’epoca è riscontrabile tutt’oggi nel calore con cui gli ascoltatori accolgono il lavoro profondamente legato, nell’immaginario collettivo, al tragico amore dei due giovani veronesi.

Nonostante il periodo vacanziero, a Padova il pubblico ha seguito numeroso la nuova produzione, affidata per intero alle cure di Paolo Giani. L’idea alla base della messinscena, evidentemente devota agli insegnamenti di Stefano Poda, di cui Giani è stato collaboratore, è rivolta all’insanabile contrasto tra le due famiglie stilizzate, sul palcoscenico, da due statue in pezzi: da un lato un imponente busto maschile, che parrebbe rifarsi al torso del ‘Fauno Medici’, dall’altro una testa riversa disegnano uno spazio di forte impatto, ulteriormente valorizzato dal gioco luci, quasi sempre convincente nell’arco della serata. Giani non manca di sfruttare gli edifici presenti, posizionando sovente coro e comparse, queste ultime intente a vere e proprie esibizioni di scherma, sull’ampia balconata del castello dove hanno luogo anche brevi azioni pantomimiche.

Agli artisti viene chiesta una certa plasticità che pare corrispondere a perfezione con l’estrosa abilità attoriale di Annalisa Stroppa. Nei panni en travesti di Romeo, il mezzosoprano ha le carte vincenti per rendere pienamente convincente il belcanto belliniano. L’omogeneità in tutta la gamma, fatte salve alcune carenze nel registro grave, si abbina ad un fraseggio variopinto che valorizza ulteriormente il timbro vellutato e brunito. La musicalità innata sfocia nel serrato controllo dell’emissione e nell’intelligenza con cui viene variato il fiammeggiante da capo della cabaletta “La tremenda ultrice spada”.

Al suo fianco appare un po’ pallida la Giulietta di Ekaterina Sadovnikova. Il soprano russo risolve il ruolo della giovane innamorata con un canto fin troppo composto ed esile, spesso incapace di cogliere gli slanci dettati dalla passione e dal ferale destino. La sua prestazione è comunque in grado di tratteggiare sommariamente le caratteristiche principali del personaggio, dando prova di saper gestire la scrittura.

Giordano Lucà torna a Padova, dove aveva debuttato nel 2010 con il Duca di Mantova. Si nota qualche progresso tecnico che, specie nel primo atto, gli consente di affrontare abbastanza disinvoltamente la temibile scena iniziale di Tebaldo. Con il procedere della recita emergono alcune disomogeneità, specie in zona acuta, e si percepisce la tendenza a nasalizzare l’emissione. Pesano sulla resa del promesso sposo di Giulietta anche la rigidità scenica e il fraseggio poco variegato.

Funzionali ma modesti Matteo D’Apolito, Lorenzo, e Daniel De Vicente, Capellio.

Il Coro città di Padova, sempre affidato alle cure di Dino Zambello, palesa i consueti problemi di sintonia tra le voci e intonazione.

Il direttore Andrea Albertin, apprezzato lo scorso anno per la capacità di gestire con prudenza e preparazione Così fan tutte, risulta ora poco convincente. La concertazione è inizialmente abbastanza fluida ma prosegue con alcuni incidenti tra buca e palcoscenico e una scelta agogica fin troppo distesa. L’accompagnamento riservato alle esibizioni solistiche si concentra sulla cantabilità e l’attenzione per i dettagli. La cura riservata dal nuovo direttore artistico e musicale Marco Angius all’Orchestra di Padova e del Veneto sta dando i primi validi frutti. La compagine patavina appare più coesa, pulita negli attacchi e precisa nell’intonazione. Gli interventi affidati a singoli strumenti, quali il corno, il clarinetto, l’oboe, l’arpa, il violoncello, evidenziano una precisa tinta drammatica, sottolineata dal fraseggio e dall’impegno esecutivo.

Accoglienze calorose al termine, con vivo entusiasmo per Annalisa Stroppa.

foto Antonio Bortolami e Federica Bressan


 

 

 
 
 

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