L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Paoletta Marrocu

Teatro di pochi mezzi e molte idee

 di Giuseppe Guggino

Con una Paoletta Marrocu in strepitosa forma il Luglio Musicale Trapanese porta in scena un dittico costituito da La voix humaine di Francis Poulenc e L’heure espagnole di Maurice Ravel, in una curiosa versione al pianoforte (più o meno) solo. Operazione che funziona se, come in questo caso, allo sgabello siede un agguerritissimo maestro accompagnatore, quale certamente è Andrea Certa.

Trapani, 3 dicembre 2016 - Sembra intenzionato a fare sul serio il Luglio Musicale Trapanese nel proseguire la propria stagione operistica – abitualmente estiva, en plein air – anche nei mesi invernali, seppur in sedi ancora in via di assestamento. L’assenza di complessi stabili per l’intero anno obbliga l’Ente a fare di necessità virtù e, essendo il direttore artistico Andrea Certa anche un maestro accompagnatore di assoluto rilievo, ecco che sarà così balenata l’idea di scegliere due opere brevi, La voix humaine e L’heure espagnole, di compositori a loro volta celebrati pianisti quali Francis Poulenc e Maurice Ravel (e chissà che l’idea non possa portare in futuro una riproposizione della versione originale “privata” di Pelléas et Mélisande del 1895), per eseguirne la riduzione chant et piano pur sempre di mano dei rispettivi autori. Poulenc stesso accompagnò Denise Duval, prima interprete de La voix humaine, in numerosi concerti, viceversa nel caso dell’opera di Ravel la fantasia in quel di Trapani è solleticata dallo spartito di Ravel che all’endecalineo aggiunge l’indicazione di qualche frammento dell’orchestrazione, qui ricuperato con pochissimi fiati e percussioni (sei strumentisti in tutto, oltre il maestro al pianoforte). Onore al merito di Certa nell’aver saputo districarsi agevolmente in due scritture armonicamente ricercate, tecnicamente tutt’altro che al minimo impegno, non rinunciando a ricreare alla tastiera atmosfere e suggestioni timbriche servendosi solamente del fraseggio sull’avorio; merito non inferiore è l’aver coordinato senza scollamenti anche i solisti (e gli strumentisti in Ravel) all’interno della grande navata della Chiesa di San Nicola dall’acustica con tempi di riverberazione fisiologicamente biblici.

A far da trait d’union del dittico una strepitosa Paoletta Marrocu nel duplice impegno della Femme e di Conceptión; vocalità ampia ancorché non sempre ortodossa, è capace di grande versatilità applicata ora allo scavo della singola parola, di cui controlla tutte le implicazioni drammatiche del tesissimo testo di Cocteau, ora all’ironia e alla licenziosità misurata in Ravel. Suo contraltare ne L’heure è il sonoro “trasportatore” Ramiro di Francesco Vultaggio, omogeneo al resto della volenterosa compagnia formata da Tatsuya Takahaschi (Gonzalve), Victor Garcia Sierra (Don Inigo) e Murat Can Guvem (Torquemada).

Lo spettacolo, costruito con poco, si avvale di un fondale à la Magritte per La voix humaine e di semplice carta da parati e orologi per L’heure, ma dimostra come interessanti giovani energie –nello specifico Tatiana Lerario per i costumi e Demian Palvetti per le scene – possano raggiungere un risultato notevole in assenza di grandi risorse e complicati mezzi scenotecnici.

Va da sé che Renato Bonajuto ha vita facile alla regia, allorquando un’artista di razza quale è la Marrocu sarebbe autosufficiente a reggere l’atto di Poulenc con la sua presenza magnetica e a disegnare, con due occhiate ammiccanti, una memorabile Conceptión.

Successo corale, come si conviene nei casi in cui ognuno dà il massimo che può; appuntamento a Lucia di Lammermoor (con orchestra, stavolta) il 16 e 18 dicembre prossimo, nel piccolo Teatro del Conservatorio che per l’occasione riaprirà le porte, dopo un disuso durato troppi anni.


 

 

 
 
 

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