L’Ape musicale

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la cenerentola

Suoni rossiniani, eccessi teatrali

 di Joel Poblete 

Torna La cenerentola nella capitale cilena in un'edizione musicalmente eccellente con interpreti rossiniani di statura internazionale. Diverte il pubblico la ripresa dell'allestimento di Jerôme Savary.

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SANTIAGO del CILE, 19-25 agosto 2017 - Benché sia apparsa al Teatro Municipal de Santiago in meno occasioni rispetto all'opera più celebre e popolare fra le trentanove composte da Gioachino Rossini, Il barbiere di Siviglia - presentato finora in più di cinquanta stagioni -, per quanto concerne La cenerentola il pubblico locale ha avuto occasione di apprezzarne edizione memorabili. E la partitura incantevole e spumeggiante è tornata nella seconda metà di agosto su queste scene proprio per celebrare i duecento anni dalla prima assoluta. 

Dopo l'esordio in Cile nei primi decenni dell'Ottocento, nel secolo passato è tornata solo nel 1985, in una produzione ricordata anche per la presenza di tre artisti italiani considerati autentiche autorità in questo repertorio: il mezzosoprano Lucia Valentini-Terrani, il basso Paolo Montarsolo e il direttore Bruno Campanella. Nondimeno a un livello formidabile è riapparsa l'ultima volta, nel 2004, con artisti del calibro di Vivica Genaux, John Osborn, Pietro Spagnoli e Luca Pisaroni. 

In questa occasione si è potuto contare sul debutto locale della nota produzione del celebre regista franco-argentino Jerôme Savary, scomparso nel 2013. Questo allestimento, in circolazione già da più di vent'anni nei teatri europei, è stato ripreso dalla francese Frédérique Lombart, sempre con la scenografia efficace e funzionale di Ezio Toffolutti (autore pure dei pregevoli costumi), mentre le luci originali di Sébastien Bohm sono state rinnovate dal cileno Ricardo Castro. Dinamico e pieno di energia, questo spettacolo mette in risalto soprattutto la comicità, a tratti rasentando il circense, in particolare per la caratterizzazione esagerata e buffonesca delle due sorellastre; talora la scena appare un po' troppo affollata e alcuni passi coreografati - a cura dello stesso Lombard - contribuiscono a un ulteriore sovraccarico, tuttavia l'insieme è di grande effetto per divertire il pubblico. Essendo quest'opera tanto famosa e diffusa attraverso varie registrazioni, è stato inevitabile che il pensiero corresse a soluzioni e idee già note, come il film geniale e delizioso di Jean-Pierre Ponnelle. 

Dal punto di vista musicale, si è trattato di un'edizione eccellente. Il talentuoso concertatore spagnolo José Miguel Pérez-Sierra, che aveva debuttato al Municipal nel 2014 con I puritani, ha già dimostrato con Il turco in Italia del 2015 la sua indubbia affinità con Rossini, compositore che ha ben approfondito lavorando con una delle amggiori autorità in materia dell'ultimo secolo, il maestro e musicologo Alberto Zedda, scomparso pochi mesi fa. Guidando con brio la Filarmónica de Santiago, ha offerto una lettura luminosa e piena di energía, attenta ai dettagli strumentali e all'equilibrio fra buca e palco, brillando soprattutto nei crescendo in cui risalta la contagiosa verve della musica rossiniana.

La compagnia di solisti è parsa splendente e ben affiatata, con quasi tutti i protagonisti già ben noti nell'epicentro mondiale del canto rossiniano: il Festival di Pesaro. Il mezzosoprano italiano Josè Maria Lo Monaco, dopo essere apparsa in teatri come la Scala di Milano e il Teatro Real de Madrid, ha compiuto un buon debutto i Cile nei pani della protagonista; per quanto talora il volume ridotto nelle note centrali e gravi abbia fatto sì che fosse coperta dall'orchestra, la voce è accattivante, fisicamente è ideale per il ruolo e ha risolto assai bene il suo atteso rondò finale.

Parimenti al debutto cileno e con una carriera in ascesa fra il Covent Garden di Londra e il MET di New York, il tenore statunitense Michele Angelini è stato un eccellente principe Ramiro. Efficace come attore e deciso nel canto, possiede un timbro gradevole, buono stile, sa gestire il suo materiale tanto nelle agilità quanto nel sollecitato registro acuto e ha affrontato con intelligenza la sua grande aria del secondo atto.

E una volta in più il Municipal ha avuto il privilegio di ospitare une dei grandi interpreti di questo repertorio a livello mondiale, il baritono italiano Pietro Spagnoli, che dopo il suo debutto in questo teatro una ventina d'anni fa ha cantado ha poi cantato qui cinque diversi ruoli e, mentre nella Cenerentola del 2004 aveva incarnato Dandini, oggi è stato il patrigno della protagonista, Don Magnifico; tanto in quest'opera come nel Barbiere di SivigliaL'italiana in Algeri e Il turco in Italia, i personaggi di Spagnoli sono stati garanzia di autentica qualità rossiniana al Municipal. Questa Cenerentola non ha fatto eccezione, con un'interpretazione assai ben recitata e cantata, con dignità ed esatta comicità, senza cadere in eccessi o clichés farseschi. Le sue arie, precise nell'agilità e con note finali ben tenute, hanno meritato gli applausi tributati dal pubblico. 

Chi, nondimeno, si è guadagnato l'entusiasmo della sala è stato il baritono spagnolo Joan Martín-Royo, che già aveva cantato al Municipal in Peter Grimes e Die Zauberflöte e dopo un decennio è tornato per incarnare con simpatia e vivacità un divertito Dandini, ottimo nel canto e con una scintilla teatrale inesauribile.

Gli altri personaggi in locandina sono stati interpretati da eccellenti solisti cileni. Le due sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono state appannaggio dei soprani Yaritza Véliz e Marcela González, rispettivamente: ottime cantanti, sono state un lusso in questi ruoli, e si sono prestate senza riserve alle esigenze della regia, che non solo ha imposto loro un trucco caricaturale, ma anche una recitazione eccessiva e debordante, rasentante il ridicolo. E anche se siamo rimasti con il desiderio di ascoltae il sempre notevole Ricardo Seguel, che ha cancellato per indisposizione, nei panni di Alidoro, in compenso abbiamo potuto apprezzare la bella prova del basso-baritono Matías Moncada, che ha assunto l'impegno con gran professionalità ed eccelenti risultati, affrontando con sicurezza la sua ardua scena del primo atto. Con una eccellente chimica teatrale con colleghi molto più esperti ha saputo far brillare la sua voce sonora e robusta, pregevole soprattutto nei centri e nei gravi. Un grande talento che val la pena di tenere d'occhio, prché potrebbe lanciarsi in una carriera di portata internazionale.

foto Patricio Melo


Sonidos rossinianos, excesos teatrales

 por Joel Poblete 

Regreso de La cenerentola en la capital chilena en una edición excelente en lo musicalcon intérpretes rossinianos de nivel internacional. El público es divertido por la la reposición del montaje de Jerome Savary.

SANTIAGO de CHILE, 19-25 septiembre 2017 - Aunque notoriamente se ha representado en menos ocasiones en el Teatro Municipal de Santiago en comparación con la obra más célebre y popular de las 39 que Gioachino Rossini compuso para la escena, El barbero de Sevilla -que se ha ofrecido ahí en más de 50 temporadas-, en el caso de La cenerentola de todos modos el público local ha contado con muy memorables versiones. Y la encantadora y chispeante partitura regresó en la segunda quincena de agosto a ese escenario, precisamente en este 2017 en que se cumplen 200 años desde su estreno. 

Presentada por primera vez en Chile en las primeras décadas del siglo XIX, en el siglo pasado regresó recién en 1985, en una recordada producción que contó con tres artistas italianos considerados verdaderas eminencias en este repertorio: la mezzosoprano Lucia Valentini-Terrani, el bajo Paolo Montarsolo y el director de orquesta Bruno Campanella. También en un formidable nivel musical estuvo la última vez que se había presentado en ese escenario, en 2004, con cantantes tan destacados como Vivica Genaux, John Osborn, Pietro Spagnoli y Luca Pisaroni. 

En esta ocasión se contó con el debut local de una conocida producción del prestigioso director teatral franco-argentino Jerôme Savary, fallecido en 2013. Esta puesta en escena, creada hace más de dos décadas, ha seguido presentándose en teatros europeos, y acá se ofreció con la reposición a cargo de la francesa Frédérique Lombart, conservando la eficaz y funcional escenografía de Ezio Toffolutti (quien además diseñó el adecuado vestuario), mientras la correcta iluminación original de Sébastien Bohm fue retomada por el chileno Ricardo Castro. Dinámico y lleno de energía, este montaje resalta especialmente la comicidad, por momentos incluso rondando lo circense, en particular en la exagerada y bufonesca caracterización de las dos hermanastras; en instantes se atiborra demasiado la escena y algunos pasajes de danza -con coreografía a cargo de la propia Lombart- ayudan a recargar un poco más todo, pero el conjunto es muy efectivo para divertir al público. Como esta ópera es tan famosa y cuenta con varios registros audiovisuales, fue inevitable que la producción evoque y recuerde recursos e ideas de otras ya conocidas, como la genial y deliciosa película de en 1981 a cargo de Jean-Pierre Ponnelle. 

En lo musical, se contó con una excelente versión. El talentoso director español José Miguel Pérez-Sierra, quien debutara en el Municipal en 2014 con I puritani, ya demostró ahí con El turco en Italia de 2015 su certero acercamiento a Rossini, compositor que conoció muy bien gracias a su trabajo junto a quien fue la mayor autoridad rossiniana del último siglo, el maestro y musicólogo italiano Alberto Zedda, fallecido hace pocos meses. Guiando con brío a la Filarmónica de Santiago, la suya fue una lectura luminosa y llena de energía, atenta a los detalles de instrumentación y al equilibrio entre la agrupación y los cantantes en escena, y que brilló particularmente en los "crescendo" que resaltan la contagiosa agilidad de la música rossiniana.

Se contó con un lucido y muy afiatado grupo de cantantes para los siete roles solistas, con casi todos los protagonistas ya fogueados en el epicentro mundial del canto rossiniano: el Festival de Pesaro. La mezzosoprano italiana Josè Maria Lo Monaco, quien se ha presentado en escenarios como la Scala de Milán y el Teatro Real de Madrid, tuvo un buen debut en Chile encarnando a la protagonista; aunque en algunos momentos su reducido volumen en las notas medias o graves hizo que la cubriera la orquesta, su voz es atractiva, físicamente es ideal para el rol y resolvió bien su esperado número solista al final de la obra. 

También debutando en ese país y con una ascendente carrera en teatros como el Covent Garden de Londres y el MET de Nueva York, el tenor estadounidense Michele Angelini fue un excelente príncipe Ramiro. Efectivo en lo escénico y resuelto en su canto, tiene un timbre grato, canta con estilo, sabe adecuar su material tanto en las agilidades como en las exigentes notas agudas y abordó con inteligencia su gran escena solista del segundo acto. 

Y una vez más el Municipal tuvo el privilegio de contar con uno de los grandes cantantes internacionales en este repertorio, el barítono italiano Pietro Spagnoli, quien desde su debut en ese teatro hace ya más de dos décadas, ha cantado previamente ahí en cinco roles diferentes, y mientras en La cenerentola de 2004 encarnó a Dandini, ahora fue el padrastro de la protagonista, Don Magnifico; tanto en esta obra como en El barbero de SevillaLa italiana en Argel y El turco en Italia, los personajes de Spagnoli han sido garantía de auténtica calidad rossiniana en el Municipal, y esta ocasión no fue la excepción, con una entrega muy bien cantada y actuada, con dignidad y la comicidad precisa, sin caer en excesos o clichés farsescos, y su entrega en las arias, con la agilidad precisa y estirando las notas finales, mereció los aplausos que le brindó el público. 

Quien también se ganó el entusiasmo de la audiencia fue el barítono español Joan Martín-Royo, quien antes había cantado en el Municipal en Peter Grimes y La flauta mágica, y luego de una década volvió ahí, ahora para encarnar con simpatía y vivacidad cómica al divertido Dandini, muy bien cantado y con inagotable chispa escénica.

Los otros tres personajes del elenco estuvieron a cargo de estupendos solistas chilenos. Las dos hermanastras, Clorinda y Tisbe, fueron encarnadas por las sopranos Yaritza Véliz y Marcela González, respectivamente; excelentes y seguras cantantes, fueron un lujo en sus roles, y en lo actoral se plegaron sin reservas a las demandas de la puesta en escena, que no sólo les exigió afearse gracias a un caricaturesco maquillaje, sino además un excesivo y desbordado juego teatral rayando en el ridículo. Y aunque nos quedamos con las ganas de escuchar al siempre notable Ricardo Seguel en el rol del tutor Alidoro, quien canceló por enfermedad, a cambio pudimos apreciar el gran desempeño del joven bajo-barítono Matías Moncada, quien asumió este desafío con gran profesionalismo y excelentes resultados; afrontando con seguridad su muy exigente escena solista en el primer acto y con una excelente química teatral con sus mucho más experimentados compañeros del reparto, lució su voz sonora y robusta, que destaca especialmente en los tonos medios y graves. Un gran talento que vale la pena tener en cuenta, pues puede tener una carrera de alcances internacionales.

foto Patricio Melo


 

 

 
 
 

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