L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

cameron carpenter

Caleidoscopio sonoro e spirituale

 di Anna Costalonga

Eccezionale inaugurazione per la stagione del Konzerthaus di Berlino, con il virtuosismo estroso di Cameron Carpenter all'organo e la concertazione caleidoscopica di Ivan Fischer.

BERLINO, 8 settembre 2017 - La nuova stagione al Konzerthaus di Berlino è stata inaugurata da un concerto già di per sé eccezionale, con la presenza del nuovo artista residente, Cameron Carpenter, e del direttore stabile, Iván Fischer in un programma dedicato a Bach e Mahler.

Cameron Carpenter, organista e compositore statunitense eccentrico e ipervirtuoso, si è esibito con il suo famoso International Touring Organ, un organo digitale costruito su suo progetto dalla ditta M&O - un “metaorgano”, se si può dir così, che usa i campioni di molti strumenti europei e statunitensi, in aggiunta ad altri suoni campionati altrimenti non reperibili negli organi tradizionali. Questo strumento eccezionale permette a Carpenter di potersi esibire anche nelle sale e nei luoghi più disparati e nei repertori più eterogenei, senza per forza essere legato alle caratteristiche dell’organo “in loco”.

Appena entrati nella sala del Konzerthaus, l’ITO si faceva vedere in tutta la sua magnificenza spaziale: una vera goduria per gli occhi degli appassionati delle tastiere.

Carpenter ha cominciato a suonare mentre finivano gli ultimi applausi del pubblico, attaccando un Preludio e Fuga BWV 532 di J.S.Bach con un tempo e un piglio spaventosi. Quello che colpisce in questo virtuoso statunitense è la velocità dei piedi, calzati immancabilmente in scarpine luccicanti di strass.

Il suo modo di suonare è un fuoco d’artificio perenne e esaltante. L’atmosfera è stata ai limiti con quella dei concerti progressive d’antan: le luci rosse e blu sulle canne dell’organo hanno contribuito a dare questa sensazione.

Al di là di questi dettagli visivi, Carpenter ha reso questo difficilissimo preludio bachiano con vigore, forza e virtuosismo, a tal punto che, alla chiusa del pezzo, resa con un fantastico gioco di pedali, il pubblico ha reagito subito con un boato.

La performance è poi continuata con la sua trascrizione dell’Adagietto della Quinta Sinfonia di Mahler. Qui Carpenter ha cercato un altro tipo di virtuosismo, non più legato alla velocità. Nonostante qualche calo di tensione narrativa in certi passaggi, questa sua trascrizione è senza dubbio notevole, infatti, per la varietà timbrica mostrata: da una delicatezza di suoni lontani, in un registro d’arpa incantevole, alla potenza tellurica dei bassi più profondi dei pedali, che con le loro vibrazioni hanno scosso la platea fino ad arrivare alle prime file della galleria.

Nel bis è ritornato al virtuosismo bachiano che ha fatto di nuovo ruggire il pubblico. 

Nella seconda parte invece è entrato in scena il direttore stabile Iván Fischer, proprio con la Quinta Sinfonia di Mahler. Fin dal celebre attacco del Trauermarsch. reso con maestria e equilibrio, l’orchestra del Konzerthaus si è prodotta in una performance di altissimo livello. Dall’alienante incipit allo Sturmisch bewegt, davvero tempestoso e veemente come da partitura, fino alle note lontane e drammaticamente elegiache del celebre Adagietto: poche volte capita di assistere dal vivo a una tale perfezione sonora, a una tale uniformità e a un così mirabile bilanciamento dei suoni, con gli ottoni sempre presenti ma mai troppo invadenti e gli archi di coesione ed equilibrio tali da farli risonare come un’unica lancinante voce nelle dinamiche parossisticamente strazianti di questo capolavoro.

Ma il vero miracolo interpretativo di Fischer è stato quello di riuscire a far trasmettere al suono orchestrale uno spirito decadente (o già decaduto?) lacerato e lacerante, isterico, violento e dolcissimo, seguendo sfumature e contrapposizioni dinamiche non banali e sempre diversificate: un vero e proprio caleidoscopio sonoro e spirituale.

Un miracolo interpretativo senza enfasi: è quasi commovente che questo direttore perfino nella fisionomia sia avulso da qualsiasi retorica autocelebrativa, da qualsiasi gesto autocompiaciuto. Non c’è protagonismo in Fischer: quando è sul podio, lui e la sua orchestra sono un’unica cosa. Lo ha d’altronde ribadito in numerose interviste, quanto per lui sia più importante stabilire un rapporto durevole e simbiotico con gli orchestrali, piuttosto che seguire l’orgia produttiva di molti direttori d’oggi, che cambiano orchestra come cambierebbero una cravatta, pur di essere presenti sulla scena internazionale.

Insomma, una grande serata d’apertura per il Konzerthaus, con un concerto letteralmente memorabile.

È un grande peccato che questa sia l’ultima stagione di Iván Fischer al Konzerthaus: vorrà dire che lo seguiremo ancor più attentamente.

foto di Marco Borggreve​ (l'immagine di Cameron Carpenter in concerto fra luci blu è di Oliver Lang)


 

 

 
 
 

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