L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il momento di Maderna

di Luca Fialdini

Caloroso e pieno successo per il Satyricon di Bruno Maderna nel cartellone del Festival Puccini

TORRE DEL LAGO, 25 agosto 2022 – Un auditorium Enrico Caruso tutto esaurito (o veramente prossimo) e una entusiastica accoglienza da parte del pubblico: questo è il felice esito del Satyricon di Burno Maderna, senza alcun dubbio lo spettacolo da vedere di 68^ edizione del Festival Puccini. È inutile nascondere che questo titolo, assieme allo Jakob Lenz del mese scorso, era la vera scommessa del cartellone odierno e non si può dire nulla se non che è stata vinta a mani basse; non capita spesso di vedere una platea tanto coinvolta e divertita per un’opera scritta dopo il 1924, tantomeno per una scritta da una personalità così vicina alla Scuola di Darmstadt.

Misteriosa, complessa, sguaiata, raffinata, nevrotica, leggera, somma espressione dell’opera aperta, la partitura di Satyricon è un enigma davvero complesso da sciogliere tanto per il direttore quanto per il regista e bisogna dire che in questo caso entrambe le parti hanno saputo prendere l’opera per il verso giusto. Manu Lalli firma la regia – coadiuvata da Lorenzo Maria Mucci – le scene e i costumi, evocando un salone delle feste di un gusto che oscilla tra il felliniano e il puro kitsch, dove abiti e ornamenti riflettono l’atmosfera grassa di eccessi, ostentazione e gusto per la sorpresa che caratterizzano così bene la cena di Trimalchione. Si è scelta una buona disposizione dei numeri musicali (che Maderna lascia totalmente a discrezione degli esecutori), in linea di massima coerente con la “tradizione” ma comunque molto efficace; il grande merito di questo allestimento è però un altro: la capacità di evidenziare gli aspetti giusti di un esperimento teatrale tanto insolito. Il Satyricon di Maderna è un mare magnum esattamente come quello di Petronio, un labirinto senza vie d’uscita e dove nulla è ciò che sembra, ma la regia riesce a trovare la cifra per rendere giustizia allo spessore dell’opera senza rinunciare all’essere estremamente divertente. La capacità di riuscire a evocare tanta leggerezza senza appesantire il testo ha un che di prodigioso, così oltre a marcare il carattere eminentemente comico dell’opera si riesce anche ad avvicinare il pubblico a un repertorio che solitamente viene giudicato di poca attrattiva: le bizzarrie sulla scena riescono a rendere meno spigolose quelle dell’orchestra e insieme formano un passo a due senz’altro più accessibile di quel che alcuni potrebbero attendersi; in questo è funzionale l’integrazione con il buon disegno luci di Gianni Mirenda.

Tonino Battista dirige un PMCE – Parco della Musica Contemporanea Ensemble in grande spolvero, portando a un risultato che spicca per la pulizia nell’esecuzione, la bella caratterizzazione timbrica e il grande spazio che direttore ed ensemble riescono a riservare all’improvvisazione (leggi «libertà interpretativa») di attori e cantanti. Riguardo a quest’ultimo punto, merita un elogio la capacità di Battista di aver saputo individuare i giusti tempi drammaturgici ora per mantenere un rigido controllo ora per concedere più flessibilità agli interpreti.

Merita senz’altro un plauso speciale il gruppo degli attori (Maya Quattrini, Chiara Cinquini, Gaia Niccolai, Alessandro Mallegni, Alessandro Rimorini, Bianca Muzzi) che si produce in una prova eccellente.

Il cast si rivela di ottimo livello e i suoi componenti rivelano il proprio spessore tanto nei momenti individuali quanto in quelli corali. È il caso di Tessa Scoccianti (L’ingenuità), dell’Eumolphus di David Ravignani, comico e pomposo quanto solido, o del bravo Timothy Martin che rivestendo il doppio ruolo di Habinnas e Niceros si ritrova a maneggiare con maestria grandi brani solistici (uno su tutti la novella della matrona di Efeso) ma anche gustosi episodi d’assieme. Patrizia Polia e la sua Criside hanno sfumature davvero interessanti e riescono a mantenere in modo impeccabile i tempi dilatatissimi che vengono loro riservati, mentre Eleonora Bordonaro (Quartilla) sfodera un ventaglio di modulazioni timbriche davvero ben eseguite e di grande fascino.

Joël O’Cangha ha saputo cogliere in pieno il personaggio di Trimalchio e renderne i molti aspetti, dagli eccessi alle idiosincrasie, dalla vanagloria alle paure, avvalendosi della combinazione vincente di uno strumento vocale duttile unito a una recitazione intensa e coinvolgente. Costanza Savarese è a dir poco straordinaria nei panni di Fortunata/Scintilla, da una parte per aver saputo eseguire una parte di quella difficoltà, ma in particolare per un’interpretazione così ben costruita e interiorizzata da risultare naturale, leggera, divertente, tale da far dimenticare l’impegno tecnico richiesto e il fatto stesso di trovarsi di fronte a un palcoscenico.

 

 

 
 
 

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