L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rossini e i maritozzi

 di Stefano Ceccarelli

Il Teatro dell’Opera di Roma chiude la corrente stagione (2022/2023) con lo spettacolo Rossini & Rossini, un omaggio a Gioachino Rossini del coreografo romano Mauro Bigonzetti. Non si tratta, però, solo di un balletto, ma prevede anche la partecipazione dei cantanti di “Fabbrica”, che possono così presentarsi al pubblico in un vero e proprio spettacolo. La direzione dell’orchestra è affidata a Fayçal Karoui.

ROMA,2 novembre 2023 – Gioachino Rossini aveva il ritmo nel sangue, come dimostra l’irrefrenabile voglia di scatenarsi al ritmo della sua musica, ogniqualvolta venga eseguita. Nella sua carriera, Rossini non ha mai composto balletti nel senso classico della parola; semmai, ha scritto ballabili da accompagnare alle riscritture francesi delle sue opere (splendidi, in particolare, quelli del Guillaume Tell, opera che nasce già ‘parigino). L’idea del coreografo Mauro Bigonzetti, formatosi proprio al Costanzi e, quindi, legato al maggior teatro romano da un rapporto di profondo affetto, è quella di creare un balletto che ripercorra la vita di Rossini attraverso momenti tratti sia dalle sue opere liriche che dai celebri Péches de vieillesse, che il compositore scrisse fino alla vecchiaia, durante quel lungo e definitivo silenzio dalle scene a sèguito del successo del Tell. Nel farlo, Bigonzetti si serve del corpo di ballo nella maniera più varia, ma chiama anche in scena, ad eseguire alcune arie rossiniane, i giovani cantanti di “Fabbrica”: insomma, questa coreografia di Bigonzetti è un po’ come se fosse un saggio di tutte le maestranze del Costanzi. Si premetta che il risultato è certamente piacevole, anche se c’è più di una riserva (almeno da parte mia) su diversi momenti narrativi.

La prima parte della coreografia è caratterizzata da una gioia infantile ed incontenibile che si va a spegnere, però, nella tristezza del primo finale. Si inizia, infatti, sull’ouverture de La Cenerentola. Seduto a terra c’è Giuseppe Depalo, nelle vesti di cameriere, che deliba la panna di un gustoso maritozzo. L’energia del pezzo si trasferisce al corpo di ballo, che si lancia in fantasiose figurazioni, caratterizzate dalla rottura della linearità delle figurazioni classiche. Il senso è quello di una gioia incontenibile: coppie di danzatori escono ed entrano sul palco, valorizzando i crescendo rossiniani. L’atmosfera ha un non so che di infantile, come i tutù illuminati delle ballerine suggeriscono. Siamo forse immersi nell’infanzia del compositore? Anche se Mauro Bigonzetti dichiara di voler raffigurare, con questa coreografia, momenti della vita di Rossini, è difficile andare oltre alla stereotipizzazione, al cliché di un Rossini gran goloso, uno spontaneo viveur. Più che della vita vera di Rossini, parlerei, per il balletto di Bigonzetti, di una fantasticheria sui piaceri del Rossini uomo: ça va sans dire, il cibo e le donne. In tal senso, la successiva suite è un’orchestrazione, a firma di Benjamin Britten, di un’antologia delleSoirée Musicales; la coreografia è proprio basata sul piacere delle donne, a cominciare dalla Canzonetta (una serie di ballerine che si leccano le dita piene della panna dei maritozzi, immancabili questa sera, con fare voluttuoso), passando per L’orgia, ben cantata da Nicola Straniero, dove i tre danzatori principali, Michele Satriano, Alessio Rezza e Claudio Cocino si profondono in ardite variazioni, molto fisiche, che mettono in mostra l’abilità degli interpreti. Gli episodi centrali (Marcia, Tirolese, Bolero e Tarantella) sono meno accattivanti e giocano su una serie di figurazioni che ricordano corteggiamenti e momenti meramente comici, dove ballerine, provviste di lunghe parrucche, si pettinano ritmicamente, attorno ad un tavolo, attendendo i loro belli. Decisamente più singolare è il finale, triste,sulla Canzone del salice, la celebre aria che Desdemona esegue prima di essere uccisa dal suo sposo nell’Otello. Le coppie dei danzatori principali si alternano in figure voluttuose, scattose, ripetitive, a metaforizzate i singulti e gli spasimi. Il risultato è pregevole, soprattutto nell’insieme. Come pure piacevole è l’esecuzione dell’aria: l’interprete, Ekaterina Buachidze, dotata di una rotonda voce mezzodopranile, dal vibrato stretto ma espressivo, dona una piacevole esecuzione, che deve sottostare però ai ritmi regolari della danza e sacrifica molto del fraseggio.

Anche il secondo tempo ha nelle sezioni d’apertura e chiusura i suoi momenti più pregevoli. Continuando sul tema della tavola, sotto le note del sestetto “Questo è un nodo avviluppato”, ancora dalla Cenerentola (oltre ai già citati Straniero e Buachidze, eseguono il pezzo Valentina Gargano, Mariam Suleiman, Mattia Rossi e Spartak Sharikadze), Bigonzetti fa danzare le sole braccia dei ballerini, seduti, traducendo il ritmo rossiniano in gesto fisico; del pari, nel finale, sulle note dell’ouverture de la gazza ladra, il corpo di ballo viene usato proprio per creare figure geometriche in movimento, tra i momenti più belli della serata. Un po’ più deboli, ancora, appaiono i momenti centrali della seconda parte - non tanto per l’esecuzione, quanto per la tenuta narrativa: val la pena di citare, però, la performance di Federica Maine e Arianna Tiberi nel Prélude inoffensif (eseguito al pianoforte da Enrica Ruggiero), coreografia già ideata da Bigonzetti - che fa confluire nel presente balletto il suo Rossini cards (2004) - e qui ripresa, un pas de deux molto materico, che usa il corpo delle ballerine in tutte le sue potenzialità. Mercé anche una buona direzioneFayçal Karoui, che segue con precisione i ballerini del Costanzi, la serata può dirsi certamente riuscita, come testimoniano i calorosi applausi del pubblico a tutti gli interpreti - mentre, ancora, Depalo gusta la panna di un maritozzo.


 

 

 
 
 

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