L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I tre diamanti di Aida

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Mentre Maria José Siri festeggia felicemente la sua centesima recita di Aida, la locandina parzialmente rinnovata dopo la prima fa risplendere la concertazione smagliante di Omer Meir Wellber e l'incisivo e imponente Amonasro di Ambrogio Maestri, con la conferma del talento coreografico di Renato Zanella e un cast complessivamente convincente.

 

Leggi la recensione della prima con cast differente

VERONA, 19 luglio 2015 - Torna Aida in Arena e torna in modo convincente. Tre punti di forza hanno imposto con umile veemenza la loro eccellenza artistica, contornati da una compagnia di canto di buon livello. Se da un lato la regia di Franco Zeffirelli conferma tutte le pecche d'intrusività palesate in occasione della prima, la qualità musicale della concertazione, imparagonabile a quella che ascoltammo a fine giugno, cambia completamente l'effetto di catarsi e comunicazione conferito dalla partitura verdiana. La serata, calda ma meno afosa del solito, si apre con l'annuncio della sostituzione dell'ultimo minuto dell'annunciato Fabio Sartori con il giovane Dario di Vietri, che già avevamo ascoltato due giorni innanzi in Tosca.

Rispetto alla prima eravamo leggermente più lontani dal palcoscenico e questo ha giovato all'effetto visivo, oppresso dalla grande piramide voluta da Franco Zeffirelli. Per il resto l'insieme mette in mostra le medesime pecche di ridondanza, con alcuni errori nella disposizione del coro, troppo spezzato in registri vocali e, perciò, privo di un vero e proprio amalgama. Questo è un difetto sempre palesato dall'allestimento ora in scena all'Arena e difficilmente risolvibile, visto l'impianto scenico che consente ben poche modifiche. I costumi di Anna Anni si inseriscono senza particolare originalità nella tradizione più classica.

Ci si consenta di tenere per ultime le nostre considerazioni sulle tre punte di diamante della serata veronese, perché riteniamo che meritino un posto d'onore, senza, ovviamente, voler ridimensionare l'arte di altri interpreti.

Protagonista, alla sua centesima Aida, era una Maria José Siri in buona forma, capace di sfoggiare tutta la sua classe e il suo valore, in un ruolo che conosce alla perfezione in ogni dettaglio della struttura musicale. Sempre misurata ed elegante sulla scena, interpreta una giovane etiope pienamente in linea con le nostre positive attese.

Dario di Vietri non ci ha sinceramente entusiasmato come Radamés, il materiale è notevole ed esibito con vigore, quando sia richiesta la potenza, ma la posizione del suono è troppo indietro, il cantabile risulta sovente affannato e l'interpretazione ne risente spesso.

Molto bene l'Amneris di Ekaterina Gubanova, che pone in luce una vocalità pastosa, ben messa e proiettata. Il mezzosoprano è meno spavaldo di Anita Rachvelishvili (che ascoltammo alla prima), ma la linea di canto è morbida e passionale. Bravissima attrice, specialmente nel corso del IV atto, durante il duetto con Radamés “Già i sacerdoti adunansi” e nel corso di una splendida scena del giudizio.

Complessivamente bene anche Insung Sim (Il Re), Dmitry Beloselsky (Ramfis), Antonello Ceron (Un messaggero) e la sacerdotessa di Stella Zhang.

Non all'altezza delle aspettative il coro, diretto da Salvo Sgrò, poco partecipe e penalizzato dalla posizione sul palco.

Come anticipato, lasciamo per ultimi i te migliori artisti della serata: per primo citiamo colui che sicuramente si è dimostrato vertice assoluto del cast vocale e non per demeriti di altri. Ambrogio Maestri è un sontuoso Amonasro, la voce ha una posizione perfetta e risulta il suono meglio proiettato nel grande spazio areniano. Il personaggio è reso al meglio, autoritario e fiero, come dovrebbe esser sempre il re etiope, nel grande contrasto di popoli con l'Egitto dei faraoni. Nel compendio del suo perfetto fraseggio, ricordiamo l'interpretazione del duetto con la figlia,dove in poche parole - come vorrebbe il libretto di Antonio Ghislanzoni - riesce a trasmettere il sunto del dramma della guerra e del desiderio di rivalsa, seguito alla sconfitta: “Pur rammenti che a noi l'Egizio immite, | le case, i tempii e l'are profanò…| Trasse in ceppi le vergini rapite…| Madri… vecchi e fanciulli ei trucidò”. Questo è stato forse uno dei momenti più alti della prova di Maestri, nel complesso un Amonasro straordinario.

Altro punto di forza è stata la coreografia di Renato Zanella, finalmente accompagnata dalla fluidità di una concertazione che consentisse di apprezzare in pieno l'elegante morbidezza, tipica del maestro veronese, già direttore artistico del corpo di ballo della Wiener Staatsoper. Le coreografie sono coinvolgenti, ancora una volta bellissimi i ballabili del trionfo, capaci di dare dinamicità a una regia che ben poca ne consentiva, grazie a un sapiente utilizzo della scarsa superficie del palco a disposizione.

Per ultima citiamo l'eccezionale concertazione di Omer Meir Wellber. Il maestro israeliano pone la parola fine su qualsiasi alibi che si possa offrire a colleghi che lamentano che in Arena non sia possibile trasmettere le sfumature o che le prove risultino insufficienti. Non più tardi di venerdì, Wellber era all'estero, impegnato nella direzione di Le Nozze di Figaro, ma in pochissime ore l'orchestra dell'Arena già sembrava un altro complesso. Il suono è omogeneo e pastoso, i colori perfetti e totalmente conformi alla drammaturgia e alla struttura musicale. Scelte agogiche e dinamiche parrebbero perfettibili solo a un ascoltatore che non conosca il percorso artistico di Wellber, ma considerati i miglioramenti degli ultimi anni, speriamo egoisticamente sempre di ascoltare ulteriori crescite nella sua arte. Molte parti dell'opera sono coinvolgenti e partecipate all'estremo, il pubblico è inchiodato alla propria poltrona, fra lo stupore e la pelle d'oca, pienamente avvinto dalla direzione dei sogni per Aida. Gli archi sono condotti con maestria mirabile, oltrepassando il diaframma dell'eccellenza nella partecipazione emotiva di un mirabile terzo atto e una strabiliante interpretazione orchestrale della scena del giudizio. Nell'udire il suo fraseggio musicale, verrebbe da esclamare un tonante: “Finalmente!” Come già in occasione del concerto sinfonico cui assistemmo a marzo qui a Verona [leggi la recensione], confermiamo quanto un maestro preparato e intellettualmente profondo come Wellber sia irrinunciabile per il panorama culturale internazionale.

foto Ennevi


 

 

 
 
 

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