L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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ROBERTA PEDROTTI

Sono stati dodici mesi estremi: una prima metà ancora in casa, tutto streaming, senza più l'angoscia cupa del 2020, ma in un'attesa surreale, fra speranza e assuefazione;una seconda metà bulimica, senza arrestare l'attimo fuggente. Un anno di ritorni, ma anche di scoperte di teatri e realtà nuove (cito almeno il Ventidio Basso di Ascoli, il Gentile da Fabriano, l'Amintore Galli di Rimini, il Grand Théâtre de Tours. Il 2021 mi ha anche portata a tornare ai concorsi, spettatrice per il Toscanini, in giuria per la finale dello Ziino e soprattutto per tutte le fasi del concorso di Barocco Europeo a Sacile. Una vera impresa, risolta nel modo più felice grazie alla scelta accurata di un titolo accattivante, che richiede due soli personaggi ma anche un lavoro teatrale non indifferente: ottime voci giovani e i laboratori dell'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida della regia intelligente di Cesare Scarton e della direzione musicale di Donatella Busetto. 

Per la portata emotiva, lo spettacolo dell'anno è stato Un ballo in maschera a Parma. Sicuramente una produzione che in astratto aveva i suoi limiti, ma così doveva essere per quello che rappresentava: il nostro abbraccio nell'ultimo progetto incompiuto di Graham Vick. Con tante persone che, anche senza conoscersi tutti reciprocamente, condividevano un legame con quest'uomo che tanto ci ha dato e tanto ci manca.

Per me il concerto dell'anno è stato una sorta di dittico: la Settima di Beethoven diretta da Alessandro Bonato in streaming in primavera e poi gustata dal vivo nell'acustica strepitosa di Fabriano. Devo, però, una menzione d'onore al Rachmaninov sacro ascoltato in una serata memorabile a Tours per Les Concerts d'Automne. 

Opera dell'anno all'insegna della gioia di vivere: La fille du régiment a Bergamo con un cast favoloso, una regia spassosissima e la direzione eccezionale di Michele Spotti. Come stagione nel suo complesso, non posso non segnalare l'esito positivo di Opera Lombardia, riconferma della vitalità della provincia sottolineata anche da altre firme dell'Ape musicale.

Per quanto riguarda i singoli artisti, fra grandi nomi, giovani e outsider, le belle prove sono state molte.

Soprani. Un'annata senz'altro positiva per diversi repertori: a Parma abbiamo applaudito Anna Pirozzi nel Ballo in maschera e Lisette Oropesa in un recital notevolissimo, Mariangela Sicilia ha dato ulteriore prova della sua statura di artista a Pesaro in concerto, nella Bohème a Bologna abbiamo ascoltato due Mimì molto interessanti (Benedetta Torre e Karen Gardeazabal). A Brescia, bravissime Rebeka Lokar come Minnie e Marigona Qerkezi come Leonora, ma per Anna Caterina Antonacci in Iphigénie gli aggettivi possono dirsi esauriti. Lode, infine, a Donizetti Opera per un notevole poker di primedonne (Caterina Sala, Carmela Remigio, Marta Torbidoni, Sarah Blanch).

Mezzosoprani/contralti. Vasilisa Berzhanskaya a Pesaro si è ormai confermata come una grande certezza, come pure Veronica Simeoni in Aida a Macerata e Adriana Lecouvreur a Bologna. Meritano una menzione l'intelligente Ulrica parmigiana di Anna Maria Chiuri e i recital raffinatissimi di Anna Bonitatibus a Pesaro e Taranto, anche se per me la vera sorpresa è stata Adriana Bignani Lesca come Marquise de Berkenfield a Bergamo.

Tenori. Sentire Osborn e Camarena in un paio di giorni a Bergamo è già un lusso che potrebbe valere l'anno intero. In ambito verdiano (e oltre) ci sono a darci grandi soddisfazioni anche Luciano Ganci a Macerata e Bologna e Piero Pretti a Parma. Antonino Siragusa ci ribadisce ogni volta di possedere l'elisir dell'eterna giovinezza vocale, ma in ambito rossiniano abbiamo ascoltato con gioia anche Maxim Mironov; cresce bene Ruzil Gatin e desta curiosità Jack Swanson. Mert Sungu ha fatto splendida figura in Gluck, mentre in Verdi registriamo i bei debutti di Riccardo Della Sciucca come Gabriele Adorno a Parma e quello di Matteo Falcier in Manrico per OperaLombardia.

Baritoni. Giorgio Caoduro, Pietro Spagnoli, Nicola Alaimo, Igor Golovatenko sono fra le conferme e le scoperte dell'anno. Ma una menzione speciale voglio riservarla a Bruno Taddia, grande Oreste nell'Iphigenie en Tauride.

Bassi. Propongo una triade d'oro con Roberto Tagliavini, Michele Pertusi, Ildar Abdrazakov. E, fra i più giovani, segnalo Roberto Lorenzi.

Direttori. Ormai molti emergenti sono definitivamente emersi e direi che abbiamo una generazione di over 40 che ci regala soddisfazioni, da Michele Mariotti e Francesco Lanzillotta, passando per Juraj Valcuha e comprendendo anche le generazioni di Roberto Abbado e Riccardo Chailly. Oksana Lyniv è anche lei per poco over 40, ma in Italia è una novità (e una bellissima novità: il suo concerto wagneriano a Bologna è stato notevole). Ora guardiamo agli under30: i concerti di Alessandro Bonato e le opere dirette da Michele Spotti stanno già per me nell'Olimpo del 2021 e ipotecano le mie aspettative per gli anni a venire. Sono stata felicissima di applaudire anche un altro giovane di talento come Nikolas Nägele e di assistere a Parma alla premiazione di Vitali Alekseenok al Concorso Toscanini.

Regia. La morte di Vick stende un velo su tutto l'anno. Ma lui ci avrebbe detto di guardare avanti. Ottimi i lavori di Rosetta Cucchi su Adriana Lecouvreur, di Emma Dante su Iphigenie en Tauride, Andrea Cigni con La fanciulla del West, Roberto Catalano con Il trovatore, Francesco Micheli con Medea in Corinto e Luis Ernesto Donas con La fille du régiment.

Solisti. Pochi i concerti da camera o con solisti in evidenza dal vivo quest'anno, ahimé. Ma fra questi, si segnala senz'altro il piacere di aver ascoltato il violino di Gennaro Cardaropoli: un giovanissimo dalla sensibilità musicale e maturità artistica rare.

Ripercorrendo questi ultimi mesi mi rendo conto che sono molte le belle cose che meriterebbero di esser citate, ma nella maggior parte dei casi si tratta di artisti che già annunciano di potersi far valere ancora in futuro. C'è anche qualcosa che non è andato, soprattutto, più che per mancanza di qualità, per eccessiva sicumera, qualche pizzico di divismo e compiacimento. Il bilancio, però, è di quelli che fanno guardare avanti con fiducia.


 

 

 
 
 

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