L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Azio Corghi

Ora e sempre, Resistenza

 di Roberta Pedrotti

In occasione degli ultimi appuntamenti del Corso di alto perfezionamento in composizione presso l'Accademia Filarmonica di Bologna, abbiamo incontrato il compositore Azio Corghi in un appassionato dialogo, spaziando dall'attività didattica alla collaborazione con José Saramago.

La definizione ufficiale sarebbe quella di Corso, Corso di alto perfezionamento in composizione, ma il maestro Azio Corghi, responsabile con il collega Mauro Bonifacio, preferisce usare altri termini, e lo si capisce bene assistendo a quelle che, per ineluttabile praticità, vengono dette lezioni. È, piuttosto, una sorta di simposio, di scambio di consigli, esperienze, impressioni basato sul dialogo e sulla reciprocità più che sull'autorità della cattedra. Tutti attorno al pianoforte si radunano e si alternano, in serena libertà, studenti di composizione e autori già premiati, parlate del triveneto, cadenze partenopee, vocali calabresi, maschi e femmine, visi quasi imberbi e capelli bianchi. La musica unisce tutti, ciascuno ha un dubbio da sciogliere o un'idea da proporre, un'intuizione, un'ambizione, una difficoltà.

Il confronto si ripete ogni anno a Bologna, presso l'Accademia Filarmonica, e nemmeno il maestro ricorda più da quanto tempo: molto, di certo, e senza che l'interesse venga mai meno, anzi. “Scrivere musica corrisponde a un bisogno” avrà modo di dire Azio Corghi discutendo sul come dar forma a un brano di musica sacra e tutto conferma come questo bisogno sia più vivo che mai, come i compositori di oggi abbiano molto da esprimere e la necessità impellente di comunicare.

È legittimo, dunque, domandarsi quale spazio possa trovare nel panorama attuale un tale fermento creativo, così vivacemente attratto – ci racconta il maestro – dal teatro musicale.

Le difficoltà della produzione contemporanea sono legate a doppio filo con l'inveterata e sempre deplorata disattenzione della scuola italiana verso la musica. Così, spiega Corghi, si rischia di perdere di vista la continuità della nostra tradizione, una tradizione forte, che potrebbe rischiare di apparire ingombrante, ma con la quale è, invece, necessario confrontarsi sempre in modo costruttivo sempre guardando avanti.

Questa spinta propulsiva verso il futuro, questa curiosità sempre viva, insieme con l'abilità maieutica nell'invitare ciascuno a scoprire la propria strada senza formare epigoni, illumina la conversazione con Azio Corghi, così legato alle proprie radici musicali, culturali, politiche (una famiglia orgogliosa di staffette partigiane e fieri vecchi comunisti massacrati dagli squadristi) e così lucidamente attento all'oggi, proiettato al domani.

Dichiara con le parole, prima di accendere la videocamera nella sala Farinelli, e ancor più con i fatti, durante le “lezioni”, Azio Corghi di voler trasmettere questa visione storica, questo confronto dialettico con la tradizione per costruire un cammino continuo che risponda all'impellenza dell'attualità e guardi all'avvenire. Viene in mente Verdi, quando nella sua citazione più abusata e fraintesa, afferma la necessità di conoscere le basi dell'antico per poter progredire.

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