Il Poeta e il Teatro

 di Roberta Pedrotti

PESARO, 17 agosto 2016 - I giorni di Festival sono sempre intensi: oltre alle opere e ai concerti concentrati nel cartellone, abbiamo conferenze e incontri più o meno ufficiali; gli artisti hanno prove, interviste, la curiosità di ascoltare, quando possibile, anche gli spettacoli che non li coinvolgono direttamente. Quando incontro Pietro Spagnoli, di fronte a un gelato nei pressi del Teatro Rossini, ha appena registrato i video per il backstage nel DVD del Turco in Italia e per una nuova trasmissione di Rai Cinque dedicata all'opera (presenterà Elio, il che fa presagire un prodotto di gran lunga superiore all'ispanico This is opera che tuttora imperversa nei palinsesti).

Subito dopo la nostra chiacchierata il baritono romano raggiungerà l'Auditorium Pedrotti per il concerto di Monica Bacelli: “Monica è una grande artista, vorrei sentirla cantare più spesso”. Non è l'unico segno d'apprezzamento sincero per i colleghi che ritroviamo nelle sue parole, come quando si riferisce al suo compagno di registro in questa produzione del Turco in Italia [leggi la recensione]: “Era la prima volta che cantavo con Nicola [Alaimo], ma appena entra in scena impressiona subito per la teatralità della voce e della presenza.”

A proposito dei Concerti di Belcanto del Rof, la conversazione non può che partire dal recital tenuto quest'anno dallo stesso Spagnoli: un appuntamento particolarmente intenso sia per il pubblico sia per l'artista [leggi la recensione].

In questo recital, è vero, ho portato molto di me stesso, con una grande emozione perché era la prima volta che mi esibivo in un concerto solistico e per me salire sul palcoscenico è sempre stato recitare, vestire i panni di qualcun altro e vincere la mia innata timidezza. In questo caso, invece, ogni aria aveva per me una forte valenza personale: anche i primi brani, Caro mio ben e O del mio dolce ardor rappresentano esattamente il mio stato d'animo attuale. Sento davvero miei questi testi, parola per parola, rispecchiano quello che sto vivendo. Così anche il tango che ho inserito fuori programma: è un pezzo che amo moltissimo e che ho studiato con la mia compagna, che è di lingua spagnola e che mi ha aiutato immensamente nel comprenderlo, nel farlo mio, anche in un modo diverso dallo stile tradizionale, “ortodosso” del tango. Questo comporta un coinvolgimento emotivo particolare: desideravo profondamente cantare quel pezzo, per me era importante, ma nello stesso tempo il mio corpo non poteva rispondere con il controllo che è necessario per il canto. Mi ha fatto piacere che il pubblico abbia capito tutto questo.

Anzi, è stato molto toccante, perché si è creata una grande empatia, si è compresa la tua sincera partecipazione e siamo entrati un po' nei meccanismi anche psicologici, tutt'altro che scontati, del canto.

Oggi per conoscere la biografia di un cantante basta dare un sguardo a internet, come per conoscere i nostri impegni futuri, ma l'opportunità di raccontarsi è altra cosa, è vero. E il canto stesso è in continua evoluzione, perché con il tempo il nostro corpo cambia, cambia la nostra mente, dobbiamo sempre studiare e rinnovarci. Questa professione deve essere sempre animata da una passione che ci porti a lavorare ogni giorno su noi stessi, senza mai adagiarci. Io, dopo la muta (molto precoce) della voce, sono stato inizialmente classificato come basso. Oggi canto come baritono puro, e devo ringraziare anche colleghi come Alberto Rinaldi e Alessandro Corbelli: devo molto ai consigli che mi danno ogniqualvolta mi capita di incontrarli o di cantare con loro.

Così ho avuto, proprio poco fa, la soddisfazione di sentirmi definire come un Figaro per eccellenza dei nostri giorni. Be', mi fa molto piacere, anche perché è un ruolo che amo moltissimo.

Un ruolo hai portato anche al Covent Garden in una fortunata produzione diretta da Pappano.

È vero, ne ho un bellissimo ricordo, anche se oggi io sento di poter dare ancor di più a questo personaggio, che penso richieda una certa maturità artistica e nel quale mi sento, in questa fase della mia carriera, più che mai a mio agio anche vocalmente. Anche Dandini è un ruolo che amo particolarmente cantare e che mi sento assai congeniale: quasi mi spiace che,  negli ultimi tempi, mi si chieda più spesso di cantare Don Magnifico!

A proposito delle informazioni ufficiali, e standardizzate, dei curricula disponibili on line e, viceversa, della possibilità dell'artista di raccontarsi, il pensiero corre all'autobiografia “informale” pubblicata sul sito pietrospagnoli.net. Qui, tra l'altro, si parla anche del personaggio preferito fin dall'infanzia: Zorro. Naturalmente lo si associa subito alla difesa dei più deboli e della giustizia, ma il dualismo fra il dimesso don Diego della Vega e lo spavaldo spadaccino ben si adatta anche alla sensibilità e alla riservatezza di Pietro nella vita di tutti i giorni, altra faccia della disinvoltura di Spagnoli quando veste i panni di uno dei suoi personaggi sul palcoscenico.

Eppure qualche imprevisto può scuotere anche la performance teatrale. Durante la terza recita del Turco la macchina da scrivere del Poeta è precipitata nella buca dell'orchestra con gran spavento di tutti, colpendo – per fortuna di striscio – una violinista.

Per fortuna è andato tutto bene. I giornali hanno scritto che la violinista è scoppiata a piangere: in realtà si è subito rivolta a me per dirmi che non si era fatta nulla. Non so come ho reagito, può darsi che io abbia gridato, sarebbero bastati davvero pochi centimetri perché capitasse una tragedia. Purtroppo in teatro bisogna saper prevedere l'imprevedibile: io avevo già fatto notare che quella macchina da scrivere pesante, su un tavolino a tre gambe senza sponde, vicino al proscenio, in assenza di reti o altre precauzioni poteva essere rischioso. È bastata quell'infinitesima, incontrollabile variazione in un movimento per far cadere tutto, anche se, alla fine, non è accaduto niente di grave.

Ricordo che qualche anno fa, in occasione di un Così fan tutte, avesti un altro incidente di scena.

Sì, ero Guglielmo e dovevo saltare da una finestra, ma dietro le quinte chi doveva occuparsene si scordò di posizionare il materasso e caddi pesantemente a terra di schiena. Al momento non ebbi conseguenze, ma ora mi è stato detto che quel trauma può aver causato alcuni dolori di cui comincio a soffrire. Noi compariamo sul palcoscenico di fronte al pubblico, ma la professionalità di ogni lavoratore del teatro è fondamentale: il nostro è un lavoro che bisogna amare, che non si può svolgere senza amore, che richiede un grande sapere pratico, artigianale e nel quale l'imprevisto è sempre dietro l'angolo.

E quel che appare di tutto questo lavoro è quel che viene giudicato, criticato, lodato. Soprattutto ora che i nuovi mezzi di comunicazione hanno ampliato enormemente gli spazi di espressione e discussione, qual è il tuo rapporto con la critica, professionale o meno?

Io mi esibisco in pubblico: di principio ogni opinione, ogni commento sul mio lavoro mi interessa, ma presto attenzione al valore dei giudizi. In genere leggo prima ciò che non mi riguarda: se lo trovo onesto, attendibile, interessante, se in qualche modo riconosco ciò che ho visto e sentito, allora andrò a vedere cosa si dice anche di me perché potrà essermi utile. Non m'importa collezionare recensioni positive sulla mia interpretazione anche da parte di chi non ritengo competente o affidabile. Se invece penso che il parere sia degno d'attenzione, non mi spaventa una critica: quando debuttai come Antonio nella Linda di Chamounix ebbi anche recensioni poco lusinghiere e non è stato un problema, anzi! Riconosco che questo tipo di vocalità donizettiana più seria è sempre stata più lontana dal mio repertorio abituale e che il primo approccio non è stato il migliore, forse anche perché mi trovavo in una produzione molto esposta, con colleghi splendidi coma Juan Diego Florez e Diana Damrau. Ora mi piacerebbe tentare di riavvicinarmi a questo tipo di ruoli, ma con calma, con una diversa consapevolezza e in un contesto più riservato.

Tornando al discorso critico, molti commenti vengono formulati in base ad ascolti radiofonici, o via streaming o tv.

Be', in quel caso a maggior ragione non credo abbiano valore né dovrebbero darci pensiero. Ho riascoltato alcune recenti trasmissioni di Radio Rai e ho trovato la voce mia e dei miei colleghi assolutamente irriconoscibile, come fosse di cartone. È un problema legato soprattutto al tipo di microfoni utilizzati e al sistema di compressione del suono; non si può davvero giudicare una voce su questa base. Purtroppo talora si leggono attacchi che possono risultare anche parecchio offensivi, ma, ripeto, non conviene prendersela troppo: inutile dar retta o polemizzare se si ritiene che un giudizio non sia competente o sia in malafede, o aggressivo fuor di misura. Se invece la fonte è degna di considerazione, tutto si ascolta e si valuta serenamente: un parere esterno è sempre utile per crescere e migliorarsi.

Penso, comunque, che un direttore artistico intelligente sappia ragionare con la propria testa e dar fiducia a un artista se lo reputa meritevole, anche a dispetto di qualche recensione negativa, e viceversa.

Certo, il problema è quando si creano circoli viziosi di incompetenza, come nei casi in cui si vogliono ricoprire ruoli che esulano dalla propria professionalità. Ma questa, anche senza voler parlare di interessi e malafede, è una questione più vasta...

Si avvicina l'ora del concerto di Monica Bacelli. Lasciamo il bar e imbocchiamo via Branca continuando a discutere di teatro, di studio del canto, di teatri italiani e stranieri... C'è molto di cui parlare, perché, quando non è Zorro, Figaro, Dandini o il Poeta Prosdocimo, Pietro Spagnoli è prima di tutto un uomo intelligente e sensibile, un poeta innamorato, anche del teatro e del proprio mestiere.