Cantar bene, senza fretta 

 di Gina Guandalini

Gina Guandalini incontra Diletta Scandiuzzi che racconta il suo rapporto con il canto, il suo essere figlia d'arte impegnata nel costruire la propria strada di musicista, senz'altra ambizione che "cantar bene" evitando etichette vocali o ansie ambiziose.

“Sono in partenza per Sofia, dove ai primi di marzo riprendo la mia Cenerentola, che nella stagione scorsa è molto piaciuta!” Chiacchiero con Diletta Scandiuzzi nel suo elegante appartamento di Treviso. È abbattuta dall’influenza ma riflette con acume e nella sua voce, che sembra banale definire goldoniana, racconta gli ultimi avvenimenti del suo percorso musicale.

Nata a Treviso il giorno di San Valentino, Diletta ha seguito fin da piccina la carriera del padre: e dalla madre, Anna Maria Bicciato, eccellente – e per certi versi unica – esperta della voce, è stata raffinatamente educata non solo al canto ma anche alla letteratura, al cinema, alla musica.

Ricordo un suo progetto adolescenziale di scrivere un romanzo ambientato nella corte di Filippo II di Spagna; forse è ancora nel cassetto. Diletta si è poi laureata in tecniche artistiche e dello spettacolo a Ca’ Foscari a Venezia Di quegli anni ha un ricordo speciale del compianto professor Giovanni Morelli, le cui lezioni di filologia musicale ha fatto in tempo a seguire con profitto e ammirazione. In quella storica università c’è oggi una sala a lui dedicata.

Nel 2007 ha debuttato a Santander nel ruolo di Amina; chi scrive era presente e ricorda che in scena c’era qualcosa di più di un’esecutrice esatta del difficile ruolo, si vedeva una cantante coinvolta e un’attrice intelligente. “È un ruolo enormemente impegnativo; nei due anni precedenti al mio debutto in Sonnambula", ricorda Diletta, “ho letto molto sul soggetto originale e sulla sua evoluzione in opera; ho cercato di scavare psicologicamente il personaggio, è un ruolo di una ragazza giovane, non di una donna. Ma c’è prima di tutto la vocalità: ho cercato di rendere Amina un personaggio fresco, data la voce di soprano leggero, ma non troppo stilizzato o inespressivamente bamboleggiante. Anche nei momenti più intensi ho cercato colori e nuances tali da rendere la sofferenza di Amina”.

Prima ancora di quel debutto era uscito un album di musica da camera, Le plaisir du chant, per la versatile etichetta padovana Velut Luna, in cui Diletta sfoggiava un insolito poliglottismo, curando pronuncia e stile in diverse lingue ed esibendo una musicalità elegante.

Senza fretta, senza ansia di scalare le montagne, Diletta ha piano piano messo in repertorio ruoli perfettamente adatti alle sue vocalità. Spesso, perché no, di “seconda donna”, come Lisette de La rondine , Musetta, Valencienne ne La vedova allegra, una scatenata Adele nel Pipistrello - l’adattamento era di Michele Mirabella, io ero nel pubblico a Catania e la ricordo esuberantemente felice nelle chiamate al proscenio, Quindi diversi ruoli mozartiani: Zerlina, Susanna, Despina, Papagena; Euridice e Amore nell’opera di Gluck. In nessun caso ha avvertito la tentazione di travalicare i propri mezzi guardando a ruoli di protagonista quali ad esempio quelli di una Gruberova, che pure le ha dato incoraggiamenti e consigli.

Quando nel 2014 Diletta ha cantato il ruolo di una fanciulla-fiore a Firenze qualcuno ha pensato a un passo indietro nel suo percorso vocale. Ma stavano maturando decisioni importanti che non l’avrebbero affatto relegata al comprimariato.

Il padre l’ha voluta come Fenena in una sua edizione di Nabucco. Io ricordo in un suo recital l’intelligente “saggio di prova” della cavatina di Romeo dei belliniani Capuleti e Montecchi. Andò molto bene: e la voce, che andava facendosi più matura, dava la certezza che questo repertorio lo poteva affrontare.

Quale repertorio, per l’esattezza? E qui la nostra artista si sfoga: “A sentire la diffidenza, starei per dire lo sconcerto, di certi agenti, di certi vociomani saccenti, sembrava che io stessi passando dai ruoli di Nathalie Dessay a quelli di Cloe Elmo; da Amina a Carmen ed Eboli! I miei ruoli nuovi sono semplicemente quelli di falcon, di rivale della protagonista, in nessun caso sono passata al repertorio contraltile”. Ecco quindi Fenena, Ruggero in Alcina, Cherubino, Idamante in Idomeneo, Annio nella Clemenza di Tito. Nessuna concorrenza a Ewa Podles, sempre un cantare sapiente di “primadonnina” antica.

Più recenti sono le tappe di una Norma a Sofia con la Cedolins in cui Diletta è una credibilissima Adalgisa e quindi, sempre a Sofia, Angelina nella Cenerentola. Personaggio, quest’ultimo, che nel rondò porta la voce a sfiorare altezze sopranili. Si potrebbe parlare del “Nacqui all’affanno” registrato da Eugenia Mantelli nel 1906 ma allora il discorso si farebbe troppo erudito. Si può però ricordare Frederica von Stade – che nessuno oserà definire “contralto” - alla Scala con Abbado nel 1981, e allora la svolta di Diletta Scandiuzzi non lascerà più interdetti.

“Purtroppo da noi c’è questa necessità, questo vizio di classificare, di incasellare le voci che non lascia spazio alla vera conoscenza della vocalità e all’esame del ruolo. Ma insomma, sei soprano o mezzosoprano? Da questa domanda in Italia non si scappa; anche se poi definire mezzosoprano” – riflette Diletta – “non è tanto semplice. Per dirne una, Verdi scrisse che Amneris è un ‘soprano comodo’. Non voleva soltanto significare che non aveva una tessitura acuta, ma che si collocava nella stessa altitudine e gerarchia vocale di Aida”.

Va anche detto che circa tre stagioni fa la nostra cantante ha adottato il cognome del padre dopo avere militato fin dal debutto con i cognomi delle due nonne, Rizzo e Marin. La decisione del doppio cognome presa nel 2007 si ricollega alla sua personalità; affacciandosi al mondo dell’opera non voleva essere immediatamente collegata a un padre di successo: “ Il cambio di cognome deve avere ostacolato la chiarezza dei miei programmi. Sarà chiaro che non sono una carrierista ferocemente attaccata alla mia immagine, alla pubblicità della mia attività. Sono figlia di Roberto Scandiuzzi e da anni sono compagna di Lucio Gallo; eppure insieme a Lucio non ho mai voluto cantare, anche se qualche opportunità non sarebbe mancata; sarebbe stato un appoggiarmi alla figura più importante. Io voglio essere solo me stessa. Sì, intorno a me vedo questo continuo rapportarsi al web, ai social, a tutti i media pur di ‘proiettarsi’ sul mercato dell’opera. Ma io non sono così: nel mio quotidiano ci sono soprattutto la pace, la lettura, la riflessione. Ho appena dovuto scrivere una mail a operabase per chiedere che aggiornino il calendario… Sbaglierò ma non amo questo tipo di pubblicità. Ma ogni caso sono su Facebook, chiunque può informarsi di che cosa faccio.

Nel marzo scorso ero a Madrid per la Nona di Beethoven diretta da Miguel Angel Gomez Martinez, alla presenza di Sofia e Juan Carlos di Spagna. Poi il Lions Club di Padova mi ha eletta tra le Eccellenze Patavine. Una serata in cui ho cantato per loro Rosina del Barbiere di Siviglia!”

La musica sacra e il concerto da camera restano un settore fondamentale di questo percorso: “in maggio ho cantato il ruolo di mezzosoprano nello Stabat Mater di Rossini con Scimone alla chiesa degli Eremitani di Padova. Credo che sia stata l’ultima sua esecuzione in pubblico!”È di dicembre la tournèe di Diletta nel Gloria di Vivaldi con Paolo Olmi, una lunga kermesse che ha toccato tra le altre città Bologna, Roma e Genova.

Nel novembre scorso Diletta è stata la vincitrice mondiale assoluta di un concorso di tiramisu che si è svolto nelle ville venete tra 640 concorrenti. La divertente notizia non sorprende chi conosce l’assoluta competenza della nostra cantante e dei suoi genitori in fatto di cucina, soprattutto dell’area veneta. “Ho presentato la ricetta base del tiramisu, quella classica trevisana, con alcune modifiche: caffè espresso, niente uso del frigorifero, niente alcool. L’ho “costruito” in una coppa-pasta, un cerchio alto che dà la forma circolare e togliendo il quale il dolce non deve crollare e squagliarsi tutt’intorno – come ho visto accadere a certi miei concorrenti - ma rimanere consistente. Adesso la mia presenza è richiesta in stages di pasticceria, showcookings, workshops dal Belgio al Giappone. Mi si apre una nuova carriera…” annuncia ridendo.

Quel “tiramisu dei compositori”, Rossini, resta sempre nell’attività di Diletta Scandiuzzi, come provano gli impegni dell’estate 2019. “Sarò a Wildbad, un festival rossiniano che è diventato importante e che ha fatto tesoro della visita che Rossini fece in quella stazione termale. Siamo in piena foresta nera, tra boschi, orologi a cucù e torte. Mi hanno chiesto di partecipare al Tancredi - mi intriga il ruolo di Roggero, il fido scudiero del protagonista - e al Corradino, che è la versione di Matilde di Shabran in cui Pacini ha inserito tre arie. Ma devo studiare con attenzione la partitura; ci penserò. Ruoli grandi, ruoli piccoli? Ruoli in cui cantare bene”.