Tra color che son sospesi

di Roberta Pedrotti

In un momento di incertezze e difficoltà per lo spettacolo dal vivo, mentre vengono al pettine i nodi di un settore problematico sotto il rpofilo delle garanzie per i lavoratori, abbiamo chiesto a Rosanna Savoia, soprano e presidente di Assolirica, un punto di vista su criticità e prospettive per il teatro d'opera nell'emergenza Coronavirus.

Cominciamo a fare il punto sulla situazione: cos'è Assolirica, chi può aderire, qual è la sua storia, quali sono i suoi scopi.

ASSOLIRICA è un'associazione professionale di categoria che rappresenta gli artisti lirici ovvero tutti quei professionisti che non sono dipendenti dei teatri ma che sono parte necessaria e indispensabile per la realizzazione di una produzione operistica. Attualmente è composta per la maggioranza da cantanti lirici, che l’hanno fondata, ma si stanno iscrivendo anche direttori d’orchestra, registi, compositori, coreografi, etc.

Quali sono le problematiche che li riguardano normalmente e quali le criticità emerse o accentuate in questa situazione di emergenza?

Deve sapere che il contratto che ancora oggi regola i rapporti tra teatri lirici e artisti risale al 1932, e prevede un pagamento ad alzata di sipario. Non c'è una diaria giornaliera per i giorni di prova, e la preparazione, lo studio, l’atto creativo che sta dietro un progetto non sono considerati lavoro né tantomeno retribuiti. Quindi se salta lo spettacolo, non viene riconosciuto alcunché allo scritturato.

Spesso le professioni legate all'arte sono viste in un'aura mitizzata. Mestieri privilegiati, in un mondo dorato, compensi da capogiro... vogliamo raccontare qual è la realtà?

La realtà è che l’artista lirico è più cose insieme: un professionista paragonabile ad uno sportivo a livello agonistico, ad un artigiano, ad un creativo. Viaggia molto e investe parecchio per poter mantenere la qualità della sua prestazione professionale; è ingaggiato dai teatri che sono assimilabili alle aziende pubbliche e non è possibile neanche lontanamente che possa evadere le tasse. Sono pochissimi, poi, gli artisti che percepiscono compensi davvero cospicui, ma si tratta di casi in cui una carriera prestigiosa è frutto di un lavoro di eccellenza che costituisce un valore aggiunto, un unicum.

Un cantante deve investire per studio, prove, trasferte, i cachet hanno ritenute fiscali, ci sono le percentuali dovute agli agenti: quali sono, poi, le garanzie per un lavoratore dello spettacolo?

Nulle. Basta prendere per esempio ciò che è successo quando è scattata l’emergenza per il Covid-19:è stato detto agli artisti che tutti i contratti venivano risolti per causa di forza maggiore, senza alcun pagamento neanche per il lavoro svolto fino a quel momento. C’è stato qualche caso in Italia in cui le direzioni dei teatri hanno adottato misure compensatorie, ma, duole dirlo, al momento attuale è ancora rimasto isolato. È evidente che il contratto è profondamente sbilanciato a favore del committente e prevede una serie di clausole da rispettare da parte dello scritturato e una solamente che vincola il teatro: il pagamento a lavoro svolto. E quest’ultimo, da alcuni anni a questa parte, prevede dei termini che troppo spesso non vengono rispettati al punto che molti cantanti sono diventati, loro malgrado, dei creditori in attesa di compenso per lavori già eseguiti ben prima dell’emergenza Covid-19.

Intorno all'opera si muovono diverse professionalità e attività. Facciamo un discorso puramente economico, al di là del valore culturale dello spettacolo dal vivo. Provo a fare un elenco: cantanti solisti, professori d'orchestra e artisti del coro, direttori d'orchestra, registi, scenografi, costumisti, maestri collaboratori, tecnici, macchinisti, sarti, calzolai, scenografi realizzatori, truccatori, assistenti di camerino, maschere, personale di biglietteria guardaroba etc., bar, ristoranti, taxi, alberghi, residence, bob, appartamenti in affitto, pianisti preparatori, musicologi e studiosi per conferenze e programmi di sala, addetti stampa, giornalisti, tipografie, fornitori di tessuti e materiali... Qual è il movimento economico intorno allo spettacolo dal vivo e all'opera lirica in particolare?

Lo ha appena descritto. Con la cultura si mangia perché tutte le attività correlate ad essa sono attività che fanno girare l’economia. L’Italia è un museo a cielo aperto e il turismo culturale è il canale principale di distribuzione di beni culturali e ambientali. Se pensiamo per esempio all’Arena di Verona, il festival estivo dà lavoro a centinaia di famiglie e produce ricchezza così come il ROF, fiore all’occhiello della regione Marche, o il popolare festival di Torre del Lago.

Quanto pesa anche solo in termini puramente monetari l'indotto di un teatro?

Io sono un’artista e una vocologa. Non è mio compito parlare di cifre; posso sicuramente dire che intorno ad un teatro c'è una concatenazione di figure professionali e di attività produttive che sono dipendenti tra loro e che muovono e condizionano l’economia di un luogo. Fermandole, è inevitabile che s’innesti una crisi economica locale.

Quanto, dunque stiamo perdendo e rischiando di perdere?

Il teatro è il luogo della comunità, e ha un valore educativo e politico enorme all’interno della società civile. Nasce come luogo di cultura e di scambio tra le persone. Paolo Grassi diceva “il Teatro è per me come l’acqua per i pesci” …è forte il rischio che, se l’acqua viene a mancare, i pesci muoiano.

Fatte salve le norme che verranno indicate da medici e scienziati, dal punto di vista della gestione economica e politica dell'emergenza, quali sono le vostre preoccupazioni e le vostre proposte?

La nostra sarà l’ultima attività lavorativa a ripartire e il legislatore con il decreto cura Italia ha dato risposte totalmente insufficienti, mostrando di non conoscere affatto il settore. Auspichiamo che con il decreto di fine aprile ci sia un allargamento della platea con una modifica dei requisiti contributivi riconoscendoci alla stregua dei lavoratori autonomi e che si risponda concretamente con delle reali misure di sostegno economico nell’attesa di ripartire.

L'Anfols si è riunita martedì 14 e ha affermato la volontà delle fondazioni lirico sinfoniche di studiare tutti i modi possibili per una ripresa, graduale e nel rispetto delle norme di sicurezza sanitaria, dell'attività. Cosa ne pensate? State collaborando? Quali sono al momento i vostri interlocutori?

Tutto il capitale umano che ruota intorno allo spettacolo dal vivo necessita di lavorare in sicurezza perché di arte performativa si tratta. C’è un’interlocuzione aperta con diversi soggetti istituzionali ma non tale da essere interpellati riguardo la ripresa. Uno dei paradossi più grandi per chi rappresenta l’eccellenza del settore in Italia è che, quando si è spenta la luce, gli artisti sono spariti come i personaggi che interpretavano. Ora stanno ancora tra “color che son sospesi”.

In questo momento lo streaming, le dirette social, YouTube sono state importanti valvole di sfogo e di comunicazione. Cosa pensate della tecnologia nel bene e nel male in queste fasi? Fino a che punto è utile per mantenere il contatto con il pubblico, per ribadire il valore del vostro lavoro e in che termini, invece, può essere un'arma a doppio taglio. Penso, per esempio, alla diffusione on line di performance e spettacoli che anche in situazione di normalità possono essere utili per divulgare la vostra arte e raggiungere un pubblico più fasto, ma, viceversa, anche a possibili rischi di “sostituzione” dell'esperienza dal vivo. Cosa può essere utile ora, per la graduale ripresa delle attività, in seguito in un ritorno alla normalità? Da cosa, invece, dobbiamo guardarci?

La tecnologia e lo streaming sono di per sé un ottimo veicolo di cultura e di intrattenimento in un momento di lockdown perché è come se stessimo curando un malato nell’attesa che guarisca. La diffusione online degli spettacoli d’opera e dei concerti è una cosa che si fa già da tempo altrove e a pagamento, fermo restando la natura del prodotto che si promuove. E il prodotto è un accadimento in presenza che nasce e muore ogni sera, identico ma sempre diverso. Siamo davanti alla “fotografia” di un corpo vivo: può essere un’arte anch’essa, ma non può esistere senza il soggetto che fotografa, non può esserci spettacolo dal vivo con un teatro senza pubblico, perché c’è il rischio che si stravolga la natura stessa di questa fragile ma insostituibile arte comunicativa. Io credo che un bravo creativo anche da una situazione di difficoltà possa immaginare un lavoro unico, pensato considerando le limitazioni del momento: questo non significa trasformare una forma d’arte, ma riuscire a rispettarla nonostante il momento contingente.

Un momento di crisi come questo può essere un grande rischio, ma anche un'occasione di rinascita. L'opera in oltre 400 anni di vita ha visto rivoluzioni, calamità, guerre mondiali... Il teatro esiste da 2500 anni... Io voglio essere ottimista: possiamo esserlo? E, anzi, questa esperienza cosa ci potrà lasciare per il futuro?

Moltissimi artisti si sono accorti che bisogna unirsi insieme per combattere battaglie comuni: un fatto senza precedenti che sta succedendo in Italia ma anche altrove. Solo che noi siamo quelli messi peggio. C’è una grande voglia di fare, spirito solidale e dialogo costruttivo. Parlo con i soci di continuo ogni giorno e in tanti stanno dando un contributo attivo all’associazione dimostrando consapevolezza e coraggio. Fateci un in bocca al lupo!

Grazie, si cuore in bocca al lupo!