Lo slancio dopo la crisi

di Roberta Pedrotti

Il contraltista Filippo Mineccia, fra gli interpreti barocchi più interessanti della nuova generazione, ci racconta come sta vivendo l'emergenza sanitaria, fra studio, progetti, riflessioni ad ampio raggio sul repertorio, la vocalità, la ricerca, la dignità del lavoro dellartista e, in senso più generale, la necessità di un nuovo slancio nell'integrazione europea.  

Filippo, come stai passando queste giornate? Cosa ti manca di più e cosa ti preoccupa maggiormente?

Dopo un primo momento di smarrimento e preoccupazione generalizzata ho cercato di calmarmi e di adattarmi al nuovo ritmo di queste giornate, il pericolo più grande è quello di cadere nell’apatia e nello sconforto. Invece credo sia essenziale reagire e cercare di godere di quello che si ha, e non lamentarsi troppo. Io ho una splendida terrazza, curo le mie piante, faccio il pane, imparo a cucinare e cerco di condividere al meglio il tempo con le persone che amo attraverso i mezzi che ho a disposizione come il telefono ed il Pc. Cerco di mantenermi in esercizio facendo 45 minuti al giorno di attività fisica intensa per contrastare l’effetto “frigosempreaperto” in cui è facile cadere in questo periodo. Per quello che riguarda il mio lavoro e la mia attività professionale ho smesso di piangere sul latte versato, la situazione è troppo grave per continuare a vedere solo il proprio dramma. Mi sono fatto registrare dei Lieder e delle ariette italiane dal mio maestro Gianni Fabbrini sul pianoforte e le canto quando mi sento triste. Faccio progetti per il futuro e sto già pensando al mio prossimo cd che con un po’ di fortuna dovrei registrare a ottobre con Ensemble Locatelli di Bergamo diretto da Thomas Chigioni. In più, per mettere a frutto la grande abbondanza di tempo, ho ripreso la mia attività di trascrittore di partiture manoscritte; in questo momento mi sto occupando di un brano di Giovanni Bononcini, La Gara delle quattro Stagioni, per Divino Sospiro, Ensemble diretto da Massimo Mazzeo (che ringrazio per la fiducia accordatami non solo come cantante ma anche come trascrittore) e poi ho diversi progetti nel cassetto che vi rivelerò non appena li avrò pronti.

Cosa pensi del moltiplicarsi di streaming e altre iniziative on line? In che misura il web si può rivelare una risorsa utile per teatri e sale da concerto e in che misura questi devono rimanere insostituibili?

Credo che il contatto diretto dello spettacolo dal vivo rimarrà insostituibile, anche nella nostra era sempre più informatica. Tuttavia bisogna fare di necessità virtù e gli spettacoli via streaming credo siano un’ottima risorsa per cercare di sopperire a questa situazione incresciosa. Io ho provato a fare qualcosa ma non sono veramente in grado e non ho gli strumenti per fare qualcosa di decente, quindi, a parte un brevissimo video di ringraziamento che ho registrato (con fatica) su Facebook per gli auguri di compleanno, opto per un dignitoso silenzio. Nel caso abbia qualcosa di presentabile non esiterò a pubblicarlo.

Tu, con il tuo repertorio, immagino dedicherai molto tempo alla ricerca: quanto può essere limitante non poter frequentare archivi e biblioteche e come ti trovi, se le usi, con eventuali risorse digitalizzate?

Negli anni ho raccolto talmente tanto materiale nel mio pc da avere, credo, più di mille opere digitalizzate, centinaia e centinaia di cantate, oratori, sonate, e pezzi strumentali di ogni genere che mi permettono in questo momento di fare ricerca comodamente a casa. In più sono in contatto con colleghi musicisti e musicologi di altissimo livello a cui ricorro nel caso si presenti qualche problema. Tornerò sicuramente a fare ricerca nelle biblioteche, non vedo l’ora di tornare per esempio nelle mie adorate biblioteche Marucelliana e Riccardiana di Firenze, ma per ora dobbiamo attenerci alle misure di “Lockdown” imposte dal nostro governo.

A proposito dei tuoi progetti, penso alle tue incisioni, sempre focalizzate su temi interessanti: Ariosti a Londra, Jommelli, Paisiello e i castrati, Scarlatti, la musica napoletana, Hasse... Come lavori su questi progetti? Ci vuoi parlare delle forme di mecenatismo diffuso grazie alla raccolta fondi on line? Ci sono nuove idee all'orizzonte?

Sin da quando ho cominciato a cantare ho cercato di vedere cosa ci fosse al di là de quello che era disponibile sul mercato della musica vocale stampata. In primis ho dovuto affrontare una personale battaglia sul mio range, di contralto, per il quale vi era poco materiale pubblicato. Così, spronato dai miei maestri Gianni Fabbrini, Donatella Debolini e Daniele Spini, ho cominciato a cercare da solo il mio repertorio, la mia “strada musicale”. Grazie alla curiosità, lo sforzo, lo studio e all’aiuto di molti colleghi ed amici ho cominciato a collezionare, trascrivere, amare questo repertorio e scoprire tantissimi compositori e la vita di tanti virtuosi del canto tra XVII e XVIII secolo. La mia laurea in Storia Moderna, se pur modesta, si è rivelata utilissima nell’aiutarmi a contestualizzare, analizzare criticamente il repertorio e le fonti ed infine a creare programmi da concerto che con molto sforzo sono riuscito a registrare. Le raccolte fondi hanno avuto un discreto impatto e mi piace l’idea di coinvolgere le persone che apprezzano quello che faccio in un mio progetto. I contributi sono generosi ma purtroppo non bastano per coprire tutte le spese e così molto spesso, se non quasi sempre ho dovuto intervenire personalmente per raggiungere le cifre necessarie. I prossimi progetti che vedranno la luce sono programmi bellissimi. Molto interessante la sopracitata Gara delle quattro Stagioni di Giovanni Bononcini, che verrà eseguita in ottobre a Lisbona e l’anno prossimo nell’ambito del George Enescu Festival di Bucarest e che verrà registrata l’anno prossimo con l’ensemble Divino Sospiro diretto da Massimo Mazzeo. In settembre dovrebbe uscire il mio ultimo cd solistico registrato con l’ensemble The New Baroque Times di Bruxelles dedicato alla figura dell’Orlando ariostesco nell’opera barocca. Una riflessione sull’amore in tutte le sue fasi ed un viaggio musicale di quasi un secolo che parte dall’Orlando generoso di Agostino Steffani (1691) per finire con L’Angelica e Medoro di Domenico Cimarosa e Giuseppe Millico (C.ca 1780), passando da Vivaldi, Handel, Porpora e autori meno conosciuti (etichetta Glossa). Ultimo, un interessantissimo programma registrato lo scorso dicembre nell’ambito del Roma Festival Barocco (colgo l’occasione per ringraziare Michele Gasbarro) dedicato a Francesco Gasparini e la sua epoca, registrato con i giovani diplomati dell’orchestra del MIUR e diretto dal violinista Paolo Perrone.

Nell'affrontare questi percorsi monografici, come si combinano la tua curiosità di artista e intellettuale e le tue caratteristiche vocali? In che misura ti ispira l'affinità con un interprete o un autore o, magari, scopri nuove sfide nell'affrontare questi programmi?

Quando scelgo di affrontare un nuovo programma è sempre dopo aver analizzato e studiato molto la biografia e la carriera del compositore, del virtuoso in questione o la tematica che voglio portare avanti. È sempre una nuova sfida e considero il fatto di essere sempre in contatto con nuova musica e nuovi manoscritti un privilegio ed un’esperienza incredibile.

Devo però chiaramente cercare qualcosa che sia affine alle mie caratteristiche vocali e quindi il lavoro di selezione del repertorio è molto lungo e faticoso. Generalmente seleziono almeno un centinaio di arie, ne trascrivo una cinquantina, me le canto tutte e decido quali si addicano meglio al mio range vocale ed alla costruzione di un programma. È un lavoro, ripeto, faticosissimo, ma il risultato quasi sempre mi ripaga degli sforzi fatti.

Tu sei anche violoncellista e hai collaborato anche con complessi importanti prima di dedicarti esclusivamente al canto. Come hai scoperto la tua vocalità e qual è il rapporto fra questa e lo strumento? Suoni ancora, anche solo privatamente?

Ormai non suono più da molto tempo, ma non rimpiango la mia scelta, come strumentista soffrivo molto a non poter esprimere quell’idea di suono che avevo in mente.

Il rapporto col canto è invece di lunga data, ho cominciato a cantare quando ero bambino all’età di 8-9 anni al coro di Fiesole. In seguito, col cambio traumatico della voce non ho più aperto bocca per almeno 9 anni dedicandomi invece allo studio del violoncello e del pianoforte. Verso la fine del mio percorso di studi di strumento, ho scoperto il repertorio barocco. La vera e propria rivelazione avvenne quando un mio collega di conservatorio mi prestò un cd di arie di Handel scritte per il castrato Senesino. Dopo pochi minuti di ascolto avevo già capito che quella sarebbe stata la mia strada, già pochi giorni dopo stavo provando goffamente a cantare sopra la voce del cantante e nel giro di un paio d’anni di studio privato ero di nuovo in conservatorio non più come violoncellista ma come cantante!

Posso certamente dire che quella registrazione, insieme al film Farinelli di Corbiau (che presenta molte incongruenze storiche, ma la direzione della colonna sonora di Rousset è e rimane a mio avviso impeccabile) hanno destato in me una curiosità fortissima. Ho così cominciato a raccogliere, catalogare e studiare libri, articoli, trattati di canto, cd e partiture creando una biblioteca privata che mi ha permesso di entrare in contatto con questo mondo, quello del melodramma barocco, che è così vario, ricco di sfumature e per il quale è stata composta musica sublime.

Controtenore, contraltista... Tu come ti definisci? O, meglio, pensi che i vari termini per indicare il tuo registro si possano considerare sinonimi o comportino delle differenze? Dal punto di vista tecnico l'impressione è che ci sia stata una grande evoluzione negli ultimi tempi e che le voci maschili più acute abbiano acquistato sempre più rotondità e mordente, curando anche l'aspetto timbrico. Tu cosa ne pensi?

Credo che contraltista o falsettista sia il termine più appropriato, controtenore è un termine forse troppo generico.

Dal punto di vista vocale lo sviluppo della corda di falsetto è stato impressionante negli ultimi venti anni, grazie anche al progresso tecnico della scuola “latina”, se così vogliamo chiamarla per differenziarla da quella anglosassone, che ha dato un enorme contributo soprattutto al repertorio operistico italiano.

Tuttavia osservo ancora un po’ troppo pressappochismo in molti che si dedicano a questo tipo di canto. Non ci si può accostare a questa vocalità se non c’è uno studio approfondito delle fonti, dei trattati di canto dell’epoca, del repertorio e una grande umiltà ed un bagaglio di ore ed ore di studio. Non si diventa controtenori con cinque note di falsetto, bisogna partire anche dalla consapevolezza che la nostra corda, rispetto a quella femminile di mezzosoprani e dei contralti sarà sempre un po’ più limitata; si parte in svantaggio in termini di estensione, volume, omogeneità e timbro. Per questo è fondamentale la preparazione tecnica e, ripeto, ore ed ore di studio sul fiato e sulla corretta emissione guidati da professionisti del canto seri. È fondamentale la scelta dell’insegnante, io sono stato molto fortunato.

Esistono il repertorio, sacro cameristico e contemporaneo, nato effettivamente per falsettisti e il repertorio dei castrati.

Noti differenze? Come moderno controtenore/contraltista come ti rapporti a entrambi e quale pensi possa essere il tuo contributo?

No. Non trovo differenze, per il semplice fatto che, credo, le ugole dei nostri avi fossero molto differenti dalle nostre ed il loro stile di canto molto diverso. Sono passati trecento anni, e non abbiamo idea, data la mancanza diretta di fonti registrate, di come cantassero i virtuosi di canto del XVII o XVIII secolo, possiamo basarci solo su quello che riportano i trattati e le cronache di coloro che assistettero a quelle esecuzioni.

Credo che la chiave per rapportarsi a qualsiasi tipo di repertorio sia l’umiltà e la consapevolezza che quello che noi offriamo sia solo un’ipotesi, un tentativo di esecuzione, che ognuno in coscienza cerca di eseguire al meglio delle proprie possibilità. Personalmente cerco sempre di mettermi in discussione, cercando di notare i miei punti deboli, rafforzarli e soprattutto di non bearmi troppo di quelli forti, consapevole che non si smette mai di imparare e perfezionarsi.

In Italia l'opera barocca si sta aprendo uno spazio nei programmi dei grandi teatri, ma non è ancora “pane quotidiano” come altrove. Nello scorso autunno, quando si è dato Giulio Cesare alla Scala, i media hanno sottolineato quasi con stupore la presenza di quattro controtenori nel cast! Come vedi la situazione del tuo repertorio nel nostro paese rispetto anche al resto dell'Europa e del mondo?

Credo che in Italia, il repertorio barocco e l’utilizzo di voci di controtenore rimarrà marginale, ma non c’è da farne un dramma. Il nostro pubblico è affezionato e si sente più affine alla musica di Verdi. In esso, ricordiamocelo, si identificò lo spirito di una nazione, e la sua musica come anche quella di Puccini e Mascagni non solo è meravigliosa ma è anche più vicina in termini cronologici e forse anche estetici.

Tentare di avvicinare il pubblico odierno all’opera barocca è cosa non semplice. I libretti sono antiquati e frutto di aggrovigliati schemi linguistici che già ai tempi risultavano ostici al pubblico meno colto e molto più lontani dalle tematiche della vita di tutti i giorni rispetto a libretti poco più recenti come quelli scritti da Da Ponte per le opere di Mozart.

È però un peccato che Vivaldi e Porpora, solo per citarne un paio, non vengano considerati da molti come parte integrante della nostra storia culturale. Credo che forse la chiave per avvicinare il pubblico a questo tipo di repertorio sia di renderla più fruibile ed accessibile.

Se si portasse il pubblico anche più giovane a teatro, con un’adeguata educazione musicale avviata già ai tempi delle scuole primarie, con biglietti più economici (e alcuni teatri si stanno avviando verso questo tipo di soluzione), e gli si insegnasse che questo repertorio è parte di loro e della nostra storia, sono sicuro che si creerebbero dei presupposti che farebbero aumentare la domanda per l’esecuzione di repertorio barocco.

In più colgo l’occasione per evidenziare un’altra cosa: il melodramma barocco era la più completa forma d’arte dell’epoca. Un allestimento operistico era a tutti gli effetti un “quadro vivente”, dove si mescolavano arte, musica, voce, ballo e scenografie. Era uno spettacolo che nelle sue forme più elaborate poteva lasciare a bocca aperta. Trovo quindi che oltre a proporre regie moderne sarebbe molto interessante allestire opere in completo stile barocco per mostrare tutte le sue potenzialità (come fanno in Giappone con il teatro Kabuki e il teatro Noh). Per fare un solo esempio cito la Merope di Riccardo Broschi allestita al festival di Innsbruck l’anno scorso, uno spettacolo incredibile, diretto da Alessandro de Marchi e nel quale ho avuto la fortuna di partecipare [leggi la recensione].

Adesso forse è difficile, ma sempre importante, pensare al futuro: ci sono progetti di cui hai voglia di parlarci?

I progetti sono moltissimi, e credo sia fondamentale, specialmente in momenti come questi, guardare al futuro con ottimismo e con voglia di mettersi in discussione.

Un progetto che mi sta particolarmente a cuore ed al quale sto lavorando da diversi anni è un programma incentrato sul viaggio italiano di Mozart che compì nel 1771 e di cui l’anno prossimo ricorrerà il 250enario. Con un po’ di fortuna dovrei registrarlo a Ottobre con il sopracitato Ensemble Locatelli di Bergamo e diretto dal clavicembalista Luca Oberti. Stiamo anche provando ad organizzare una piccola tourneè di concerti ma data l’attuale situazione è tutto fermo per ora, ma non mi arrendo!

Un auspicio per quando saremo tornati alla normalità? Sia per quel che riguarda le attività musicali, sia, perché no? a più ampio spettro.

Innanzitutto, parlando ad ampio spettro, mi auguro che l’Europa ed il processo di integrazione europeo trovino nuovo slancio da questa crisi senza precedenti. La solidarietà deve essere una parola essenziale nel gergo politico dei prossimi mesi/anni e spero che, a livello globale, si studino strumenti di intervento coordinato per gestire crisi sanitarie che, purtroppo, credo ci colpiranno ancora come lo hanno sempre fatto nel corso della storia.

Per quello che riguarda la mia categoria spero con tutto il cuore che le associazioni di cantanti lirici si riuniscano in un sindacato che ci aiuti a far sentire la nostra voce in parlamento. Ci siamo ritrovati dal giorno alla notte con interi festival ed intere stagioni completamente cancellate e nella maggioranza dei casi senza nessuna copertura. Il nostro governo (per evidenti ragioni di natura economica) sembra molto più preoccupato della stagione calcistica che di quella operistica e della cultura in genere. Siamo martoriati dalle tasse e sinceramente mi aspettavo da parte del nostro governo un aiuto maggiore alla nostra categoria, che comunque dà lavoro a tantissime persone e produce diversi miliardi di fatturato all’anno.

Anche se a molti sembra superflua, quella dello spettacolo è una professione e credo sia fondamentale per un corretto sviluppo della società di oggi e del futuro. Non siamo giullari di corte e mi auguro si arrivi presto a forme di tutela economica che ci proteggano di più.

A tal proposito mi torna alla mente un aneddoto che mi lesse un amico in una libreria (purtroppo non ricordo il titolo del libro) credo riguardante Franca Valeri. Un pomeriggio la grande attrice e comica partecipava ad un tè pomeridiano con altre dame che, ad un certo punto, cominciarono ad esclamare “Ci faccia ridere Signorina Valeri! Ci faccia ridere!!”. L’attrice in quel momento rimase un po’ in imbarazzo e fece per ritirarsi quando venne fermata da un grande direttore d’orchestra (credo Bernstein) che le disse in disparte “Per quanto a molti non possa sembrare il suo è un lavoro, si faccia sempre pagare!”.