Pianoforte "alienato"

di Roberta Pedrotti

Il Teatro Coccia di Novara risponde al blocco dell'attività imposto dall'emergenza sanitaria con un'opera nata appositamente per le piattaforme online. Abbiamo chiesto agli interpreti e agli artefici di raccontarcela. Ecco la voce di Mariano Nicolini, il pianista che si unirà alle voci in "smart working"

leggi anche -> Novara, Alienati: un'opera sperimentale per il Teatro Coccia

Alienati, intervista a Marco Taralli

Alienati, interviste a Federico Biscione, Alberto Cara, Cristian Carrara, Federico Gon

Alienati, intervista a Stefano Valanzuolo e Vincenzo De Vivo

Alienati, intervista ad Alfonso Antoniozzi

Alienati, intervista a Daniela Barcellona

Alienati, intervista a Roberto De Candia

Alienati, intervista a Luciano Ganci e Giorgia Serracchiani

Alienati, intervista a Jessica Pratt

Alienati, interviste a Davinia Rodriguez e Sofia Frizza

Alienati, intervista a Nicola Ulivieri

Marino Nicolini, sulla scena virtuale e diffusa di Alienati ci sarà anche un pianoforte. Ci spiega quale sarà il suo ruolo? Accompagnerà normalmente i cantanti, seppure a distanza, o sarà un vero e proprio personaggio?

Non sarò un personaggio, sarò l’orchestra. Il mio ruolo non era previsto inizialmente, si è reso necessario per via di un’esigenza acustica, in un primo momento era previsto un accompagnamento campionato, interamente fatto al computer (che è quello utilizzato dai cantanti per registrare la loro parte di tutta l’opera), ma la resa sonora era davvero poco gradevole. Quindi hanno pensato di togliere tutte le tracce midi e di sostituirle con un’esecuzione pianistica. Il mio compito è quello di registrare la parte pianistica mentre in cuffia ascolto in tempo reale le basi midi con le tracce vocali dei cantanti (che sono già state registrate in precedenza), successivamente sovrapporre la mia registrazione sulle tracce delle voci e vedere se tutto è a posto, oppure rifare le parti che non funzionano. La quantità di variabili che una simile operazione comporta sono enormi, oltre a questo devo rendere il tutto il più musicale possibile e con la naturalezza che dovrebbe avere un’esecuzione fatta in compresenza con gli artisti. Ho dovuto fare parecchi tentativi e trovare le soluzioni migliori, ma alla fine il risultato a cui sono arrivato mi ha lasciato sorpreso, nonostante le difficoltà, non solo è possibile ma funziona davvero bene, anche se comporta una dose di lavoro e di tentativi molto complessi.

Come si è inserito in questo progetto? Quale è stato il rapporto con gli interpreti, gli autori di musica e drammaturgia, tutto lo staff?

Mi hanno contattato a fine aprile per spiegarmi la situazione e, come spesso capita in teatro, si capisce subito se questo tipo di progetti possono funzionare o meno, ed io fin dall’inizio ho pensato che questo progetto era talmente pieno di incognite che … avrebbe sicuramente funzionato! I primi di maggio ho cominciato a ricevere il materiale e da lì per me è iniziato un vero e proprio tour de force che dura tuttora. Con alcuni degli artisti avevo già avuto a che fare in passato, Davinia Rodriguez e Alfonso Antoniozzi li ho conosciuti in una produzione operistica nel 2005, Nicola Ulivieri nel 2007, Daniela Barcellona e Jessica Pratt nel 2018 a Bergamo tramite la Fondazione Teatro Donizetti (fu un incontro sporadico, mi aveva invitato il Direttore Musicale M°Riccardo Frizza per una prova di sala per il concerto di apertura della stagione). Poi ad aprile, in pieno periodo coronavirus, sempre la Fondazione Teatro Donizetti, ha organizzato un evento online e mi ha chiesto di preparare delle basi su cui avrebbero cantato alcuni solisti tra i quali c’era anche in quella circostanza Jessica Pratt. Ora è la seconda volta che ho l’occasione di accompagnarla, nonostante quasi non ci conosciamo. Per finire, sia Luciano Ganci che Roberto De Candia non ho mai avuto modo di conoscerli personalmente, ed anche adesso, li ho accompagnati senza aver avuto con loro nessun tipo di contatto, avevano già inciso la loro parte quindi non c’era nulla da concordare. Con tutto il gruppo di compositori (Federico Biscione, Alberto Cara, Cristian Carrara, Federico Gon e Marco Taralli che ne è il coordinatore) mi sono sentito singolarmente per alcune indicazioni sulle intenzioni che volevano dare al tal passaggio, quale sarebbe stato lo strumento che avrebbe suonato quella frase nella versione orchestrale o all’atmosfera che avevano pensato per la tal scena, ma di fatto molto l’ho ricavato dalle sensazioni che mi davano le composizioni stesse e da quanto percepivo dalle interpretazioni dei cantanti. Va detto che si tratta di una serie di composizioni interessanti nella loro complessità e varietà di stili, per me un’autentica rivelazione. Ho dovuto prendere visione della drammaturgia dell’opera per capire cosa stava succedendo e ho avuto modo di sentirmi col regista Roberto Recchia. Contrariamente a quanto succede in teatro, dove si vede lo spettacolo crescere giorno per giorno, io non avrò modo di vedere la parte scenica fino al giorno del debutto, ovvero della pubblicazione online, perché quella parte del lavoro si svolge altrove. D’altronde, al momento, sono l’unico che ha sentito tutta la parte musicale così come sarà nell’esecuzione finale.

Solista, impegnato in formazioni da camera, in duo con cantanti e strumentisti, collaboratore di festival e teatri, docente di conservatorio... Come ha inciso la situazione attuale sulle sue attività? Come sta reagendo?

La sensazione iniziale è stata piuttosto strana, il giorno prima che chiudessero tutto avevo già pronto vestito e valigia per un concerto a Firenze, quel mese dovevo fare quattro concerti, che sono stati ovviamente rimandati a data da destinarsi. Quando ci sono situazioni più grandi di noi inutile prendersela, ho pensato “avrò davanti un periodo tranquillo”, ovviamente non avevo previsto la variabile “Alienati”.

Col Conservatorio, nel giro di qualche settimana dall’inizio della chiusura forzata, si è cominciato ad organizzare le lezioni online che, pur essendo da un punto di vista didattico una soluzione decisamente limitata, è comunque un punto di riferimento importante per gli allievi, nonostante gli evidenti limiti acustici dei vari sistemi utilizzabili.

Il mondo dell'arte si è mobilitato in vari modi, esprimendo grandi preoccupazioni, cercando di sfruttare in ogni modo i mezzi tecnologici e i social, a volte cercando di trasferire la fruizione on line con streaming in diretta o di registrazioni, a volte, come in questo caso, sperimentando strade nuove. Cosa ne pensa? Cosa resterà insostituibile e irrinunciabile e quali potranno essere nuove esperienze utili?

In campo musicale le registrazioni e i video ci sono da parecchi decenni, in epoca più recente si sono aggiunti canali come youtube, spotify, kkbox e altri che contribuiscono alla diffusione della musica in modo considerevole. Personalmente sono tutti canali che ho usato sia come divulgatore che come fruitore. Sono quindi favorevole all’utilizzo di questi sistemi, invece sono contrario quando, da un punto di vista sonoro, i mezzi utilizzati sono troppo artigianali (qualità di registrazione, microfoni). Se una voce è bella ma l’impianto di registrazione non è all’altezza, la qualità della voce stessa diventa mediocre e ciò non le rende giustizia. Il suono è il nostro mezzo di comunicazione, se non c’è un minimo di cura per questo dettaglio non ci sarà la giusta diffusione e il messaggio di bellezza non potrà arrivare a destinazione. A tal proposito, il motivo per cui io sono stato inserito in questa operazione culturale (Alienati) nasce anche dal fatto di poter disporre di un pianoforte adeguato, di un discreto impianto di registrazione e dalla capacità di realizzare la prima parte del lavoro di montaggio (allineamento delle tracce), invece la gestione del suono verrà poi curata da Federico Pelle. Tutti questi elementi mi hanno consentito di poter far fronte ad una situazione di emergenza così particolare.

Quello che sta sperimentando il Teatro Coccia di Novara col progetto Alienati, fortemente voluto dalla Direttrice Corinne Baroni, è davvero una cosa preziosa, sia per la concezione che per la novità che rappresenta, potrebbe anche diventare l’apripista per nuove forme di spettacolo. Comunque mi auguro, come tutti, che col tempo si torni agli spettacoli dal vivo, l’energia che si sprigiona in quelle occasioni è insostituibile e la qualità del suono di strumenti acustici dal vivo non sarà mai riproducibile in registrazione, nemmeno dal miglior impianto digitale al mondo.

Stiamo vivendo un momento abbastanza confuso, in cui si naviga a vista per tappe ravvicinate, anche se pare che qualche spiraglio di luce di veda all'orizzonte. Come pensa che cambierà, se cambierà, il nostro modo di vivere il teatro e le professioni a esso legate?

Una volta passato il periodo, spero che il nostro mondo della musica, cambi il meno possibile. Sono fiducioso che il tempo rimetterà le cose a posto. Se pensiamo al passato, accadimenti infausti come questo si sono verificati più di una volta e c’erano mezzi molto meno idonei per affrontarli. L’aspetto che mi fa riflettere è che fino a poco tempo fa sembrava che nulla potesse fermarsi. Forse è questo l’insegnamento che dobbiamo trarre da questo periodo: può succedere che per mesi sia tutto bloccato, ma in futuro non dobbiamo farci trovare impreparati ad una simile circostanza.

Ci vuole parlare di qualche progetto, magari congelato e pronto a svilupparsi realizzarsi appena possibile?

Il 2020 è l’anno delle celebrazioni beethoveniane, avevo parecchi impegni in tal senso (sonate per pianoforte, sonate in duo col violino, trio con clarinetto e violoncello, lieder, trascrizioni per 2 pianoforti delle sinfonie). Gli unici concerti che per ora sono quasi confermati (dopo novembre) casualmente non prevedono nulla di Beethoven, quindi mi auguro innanzitutto di non chiudere l’anno senza aver avuto occasione di celebrare, almeno in parte, questo straordinario musicista. Nella peggiore delle ipotesi, spero di trovare il tempo per fare qualche video e/o registrazione dedicati a lui, anche se per questi progetti avevo in mente di dedicarmi ad altri compositori.