L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Se un pomeriggio d'autunno, Mozart...

 di Roberta Pedrotti

Entusiasmo e ingegno sono la chiave della scommessa vincente dell'Orchestra Senzaspine per una produzione della Nozze di Figaro che conquista meritatamente il pubblico.

Leggi la recensione della prima a cura di Alberto Spano Bologna, Le nozze di Figaro, 04/10/2019

BOLOGNA, 6 ottobre 2019 - Un pomeriggio all'opera diverso da mille altri pomeriggi all'opera di noi che la viviamo come pane quotidiano. Siamo al Teatro Duse, che a Bologna fa subito pensare alla prosa, benché nei suoi quasi duecento anni (li festeggerà nel 2022) di opera ne abbia vista parecchio e anche oggi ospiti volentieri eventi musicali in collaborazione con altre istituzioni, prima fra tutte l'Orchestra Senzaspine, che ha aperto la sua stagione 2019/20 con l'ambiziosissimo progetto di allestire Le nozze di Figaro.

La scommessa dei Senzaspine non era facile da vincere, il presupposto di un approccio così leggero, al loro apparire, poteva apparire un'arma a doppio taglio: sarebbe stato davvero possibile coniugare un piacevole disimpegno nei modi a una sostanza che, per garantire qualità, non può rinunciare alla serietà dello studio e dell'esercizio? Eppure, un primo dato oggettivo c'è, incontrovertibile e facilmente constatabile anche dall'esterno: in pochi anni l'associazione Senzaspine si è ben integrata e radicata in città, ha intessuto reti di collaborazioni intense e proficue, ha saputo conquistare la sua fetta di pubblico. Informale, eterogeneo, curioso, mediamente giovane, ma in uno spettro anagrafico davvero ampio, lo vediamo anche in questa domenica pomeriggio affollarsi al Duse per l'opera. C'è chi la conosce, ci sono molti che si raccontano la trama, la leggono sui volantini, seguono il libretto sul cellulare, ci sono bambini che spiegano ai genitori cosa combinino Susanna e Cherubino. Danno tutti l'idea di godersi lo spettacolo, e non è una cosa così scontata: il nome di Mozart è sempre un potente richiamo, Le nozze di Figaro sono un capolavoro che sorprende anche al millesimo ascolto, ma l'opera non è breve, la trama intricata. Talvolta vien da guardarsi in torno e chiedersi se tutti godranno della catena di travestimenti e inganni come noi che sappiamo il libretto a memoria. Sì, la risposta è affermativa: il pubblico ride quando c'è da ridere, sempre attento dall'inizio alla fine. A dimostrazione che l'opera è una meraviglia sempre viva, a dimostrazione che, evidentemente, i Senzaspine hanno saputo coniugare spirito, comunicazione e qualità. Lo spettacolo convince e ci fa uscire, nel bell'autunno bolognese, con il sorriso sulle labbra.

Il primo punto di forza dello spettacolo è stato, senz'altro, alla radice il coinvolgimento di Cinzia Forte come guida del cast. Ha preparato alcuni interpreti in un master tenutosi in luglio, li ha accompagnati tutti sulle scene vestendo, alla prima, i panni della Contessa e invitando la sua giovane allieva già in carriera Daniela Cappiello a vestire i panni di Susanna. L'imprinting di una pura mozartiana, di un'artista sofisticata e intelligente si riscontra anche nella terza recita, piacevolissima anche senza ospiti d'onore. Forse non grideremo al miracolo per qualche scoperta abbagliante, ma non siamo qui per gridare al miracolo, qualche acerbità e imperfezione è da tenere in conto in una produzione di giovani realizzata con pochi mezzi: siamo qui per goderci la commedia di Mozart e Da Ponte, e ce la godiamo con una compagnia che dimostra lo spirito giusto, e se qualcuno magari ha un momento d'impaccio fa sorridere di tenerezza e conquista la nostra complicità.

E allora, non si può non ricordare un altro punto di forza di queste Nozze: la regia di Giovanni Dispenza, che imbastisce uno spettacolo ispirato alla tradizione ma mani banale, fresco e chiarissimo anche grazie all'uso di proiezioni di frasi del libretto o di immagini integrate alle scene di Dario Marcolini Gallerani. Ecco un perfetto esempio di come si possa ben servire un titolo complesso senza che il coraggio si trasformi in temerarietà, che l'ambizione si faccia sconsideratezza. E, si badi bene, l'opera, senza un momento di stanca, si dà in forma quasi integrale, tagliando in pratica solo pochi recitativi, "Amanti costanti" nel finale terzo (evidentemente per contingenze di cast), "Il capro e la capretta" nel quarto atto. Chapeau.

Certo, affidare un'opera del genere a un'orchestra giovanile non è mai impresa da poco, ma Matteo Parmeggiani dimostra di aver bene il controllo della situazione, è spigliato quanto preciso e attento allo sviluppo dinamico; qualche prima parte un po' più esperta garantisce un buon risultato complessivo. E non si può non apprezzare la prova dell'Accademia Corale Vittore Veneziani (sempre gradita l'occasione di ricordare il nome del compositore e maestro di coro del Comunale e della Scala colpito dalle leggi razziali e richiamato dopo la Liberazione da Toscanini) unita a Komos - Coro Gay di Bologna (per chi non lo conoscesse: qualità, versatilità, simpatia e impegno in un colpo solo).

I nomi in locandina di chi ha collaborato allo spettacolo sono davvero molti, e andrebbero tutti ricordati almeno con un nuovo, virtuale applauso collettivo, come collettiva è la natura stessa dell'opera, meraviglioso gioco di squadra di arti e persone. Il cast vocale, per questa recita di domenica 6 ottobre, ha annoverato quattro allieve del master di Cinzia Forte: Francesca Cucuzza, morbida Contessa, Irene Bonvicini, vivace Susanna, Serena Dominici, Cherubino disinvolto e seducente. Anastasia Skenderaj, adolescenziale Barbarina. Con loro il Conte di Thiago Stopa, il Figaro di Alberto Bianchi, la Marcellina di Adelaide Minnone, il don Bartolo di Enrico Marchesini, Angelo Goffredi come don Basilio e don Curzio, Alessandro Branchi come Antonio.

Tanti applausi, tanti sorrisi. L'opera è questo, collaborazione ed entusiasmo, l'opera vive dove ci sono le idee, senza confini.

 

 

 
 
 

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