L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Qui la voce sua soave

di Luigi Raso

Al debutto nella parte di Elvira e nella città di Napoli, s'impone la prova di Lisette Oropesa, protagonista dei Puritani in edizione critica al San Carlo con validissimi partner come Xabier Anduaga e Davide Luciano. 

NAPOLI, 7 settembre 2022 - È un successo convinto e caloroso quello che viene decretato alla ripresa dei Puritani di Vincenzo Bellini al Teatro San Carlo, proprio nella serata in cui la concorrenza spietata dell’attrazione del richiamo dell’esordio in Champions League del Napoli contro il Liverpool (partita terminata con 4 reti a 1 a favore dei partenopei, per la cronaca) ha probabilmente spinto parte del pubblico ad accantonare l’evento musicale. Evento, sì: perché la serata ha segnato il doppio debutto, a Napoli e nella parte di Elvira, di Lisette Oropesa, soprano richiestissimo dai più blasonati palcoscenici internazionali e stasera finalmente al San Carlo, teatro storicamente consacrato al repertorio belcantistico.

Questi Puritani, pur originariamente programmati in forma scenica, vengono presentati in forma di concerto. Si faccia di necessità virtù: l’assenza dell’aspetto scenografico e registico amplifica la nostra attenzione sull’aspetto musicale del capolavoro estremo di Vincenzo Bellini, stasera eseguito sulla scorta dell’edizione critica della partitura curata dal Prof. Fabrizio Della Seta. E dunque si ascoltano taluni brani eseguiti raramente dal vivo e presenti soltanto in alcune delle edizioni discografiche (ad esempio, terzetto di Arturo - Riccardo ed Enrichetta "Se il destino a me t’invola" che precede il finale all’atto I, il cantabile "Da quel dì ch’io ti mirai" all’interno del duetto tra Arturo ed Elvira dell’atto III, il rondò, qui cantato dalla sola Elvira, "Ah! Sento, o mio bell’angelo" in chiusura dell’opera).

La responsabilità musicale dell’esecuzione è affidata a Giacomo Sagripanti: una prestazione in chiaroscura. Tempi spediti, lettura improntata ad eccessiva enfasi drammatica, che frequentemente sfocia in affondi sonori che minano, in più di un’occasione, quel delicato e magico equilibrio alchemico, proprio del repertorio belcantistico, tra voci, coro e orchestra. E così a farne le spese è quella squisita grazia belliniana, che ammanta le linee melodiche, vocali e orchestrali, e la struttura armonica.

L’orchestra del San Carlo, nel seguire perfettamente le indicazioni del direttore, emana sonorità corpose e robuste,decise, dal bellissimo colore . Sulla stessa intensità esecutiva e interpretativa è il Coro, diretto da José Luis Basso: poderoso e perentorio, prodigo di colori e vibrante di forza drammatica. Se il Coro, per estensione e importanza della parte che Bellini gli affida, può essere considerato il quinto protagonista dei Puritani, il ruolo è assolto eccellentemente.

Il cosiddetto “Quartetto dei Puritani” sin dall’esordio (1835) è fonte di delizia e interrogativi (chissà come dovevano risuonare gli acuti del Rubini, i sovracuti della Grisi?) per melomani incalliti e vociologi: a riprendere le parti create a Parigi da Giovan Battista Rubini, Giulia Grisi, Antonio Tamburini e Luigi Lablache stasera vi sono Xabier Anduaga, la citata Lisette Oropesa, Davide Luciano e Gianluca Buratto.

L’Arturo Talbo di Xabier Anduaga sfoggia acuti sonori, timbrati e sicuri sin dalla cavatina d’esordio "A te, o cara". Ma è l’intera prestazione di Anduaga che si impone per l’evidenza e la sicurezza di un registro acuto - la dove insiste gran parte della scrittura vocale della parte - sempre luminoso, sicuro e squillante. Gli si può rimproverare, ma per il bene del giovane tenore basco, la tendenza a forzare l’emissione alla ricerca di sonorità ancor più piene: si nota qualche apertura di troppo dell’emissione che apre crepe nel  timbro molto suggestivo e, sul piano interpretativo, una non ancor approfondita caratterizzazione psicologica del personaggio. L’esperienza e la maturazione artistica di Anduaga, giovanissimo tenore che sfoggia mezzi vocali ragguardevoli, non potrà che rendere ancor più convincente la resa di uno tra le parti più terribile e temibile dell’intero repertorio tenorile. Le premesse ci sono tutte.

Lisette Oropesa al suo debutto assoluto nell’Elvira belliniana ripaga pienamente l’attesa di ascoltarla - aggiungiamo, finalmente! - al Teatro San Carlo. Sin dal duetto fra Elvira e Giorgio "Sai come arde in petto mio" la Oropesa si impone per precisione, perizia tecnica, bel colore, perfetta proiezione vocale e intensità drammatica.

Il bagaglio tecnico, il dominio perfetto delle colorature, dei trilli dei re e mi bemolle di tradizione, il perfetto appoggio della voce sul fiato, il legato nobile forgiano un’Elvira elegante e composta pur nella tormentata psicologia. Lisette Oropesa ci fa ascoltare l’evoluzione degli stati d’animo della protagonista, quel percorso lungo percorso costellato di gioia, delusione, disperazione, follia e, infine, felicità riconquistata. La grande scena della follia "Qui la voce sua soave" è ammantata di aristocratica compostezza: siamo davanti ad un’Elvira lunare piuttosto che stralunata.È affidato quindi al gioco forsennato delle colorature della successiva cabaletta - tutte calibratissime, di precisione strabiliante - a rendere poi ancor più plastico lo stato di alterazione mentale della protagonista.

Già, le colorature: nel canto di Lisette Oropesa appaiono perfettamente integrate con le melodie di Bellini, mai orpelli sovrapposti al disegno melodico; del melos, invece, diventano parte inscindibile, tanta è la perfetta commistione, la spontaneità dell’esecuzione e l’aderenza drammatica. Una interpretazione dell’Elvira di Bellini, quella dell’Oropesa, che al suo primo incontro è un compendio di tecnica vocale, un saggio di estetica belcantistica e un’interpretazione accurata ed elegante della complesso personaggio belliniano.

Il Sir Riccardo Forth di Davide Luciano si impone immediatamente per la sontuosità dei mezzi vocali, per lo smalto del timbro, proiezione vocale e spontaneità ed efficacia interpretativa. Il suo è un Riccardo tormentato, un amante frustrato dilaniato dal suo dolore, che pur non perde la nobiltà del tratto. La cavatina "Ah per sempre io ti perdei" è affrontata con fraseggio scolpito, con attenzione alla parola scenica che, nella lettura di Davide Luciano, rende Bellini un precursore degli accenti e tensioni drammatiche verdiane.

Gianluca Buratto disegna un Sir Giorgio zio-padre premuroso, ma l’emissione non sempre appare ordinata e ortodossa: talune sforzature alterano colore vocale e stile.

Malgrado buone intenzioni interpretative, non convince del tutto, per esiguità del peso specifico vocale, la prova di Chiara Tirotta nei panni di Enrichetta di Francia. Fanno bene, nelle piccole ma significative parti di Lord Gualtiero Valton e Sir Bruno Roberton, Nicolò Donini e Saverio Fiore.

Al termine, successo e applausi prolungati accolgono tutti gli artefici dello spettacoli, con accenno di ovazione per l’attesa Lisette Oropesa. La concomitante partita di Champions League ha sì ridotto il pubblico presente, ma nulla ha potuto contro l’entusiasmo e l’approvazione per questa ripresa de I puritani.


 

 

 
 
 

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