Orchestrare Atahualpa

 di Roberta Pedrotti

In occasione dell'uscita in CD dell'opera Atahualpa di Carlo Enrico Pasta [leggi la recensione], abbiamo rivolto alcune domande al compositore Matteo Angeloni, che ne ha curato l'orchestrazione.

Come è nato il progetto Atahualpa e il suo coinvolgimento per l'orchestrazione?

Ernesto Palacio, Direttore Artistico del Festival Internacional de Opera Alejandro Granda di Lima, anni fa è venuto in possesso dello spartito. L’autore, Carlo Enrico Pasta, nato a Milano nel 1817, visse in Perù dal 1855, e l’opera è ispirata a un episodio storico della conquista da parte degli spagnoli; Atahualpa è stato l’ultimo imperatore Inca, sconfitto e ucciso nel 1533. L’argomento di fondo è l’incontro/scontro tra due popoli, tra civiltà molto diverse tra loro; la vicenda ruota intorno all’amore, destinato a finire tragicamente, tra due giovani di parti avverse, il condottiero Soto e Cora, sacerdotessa del Sole. Quest’opera  è stata rappresentata nel 1875 a Genova, e nel 1877 a Milano e a Lima.

Il m° Palacio ha quindi iniziato a concepire il progetto di recuperarla e rappresentarla in prima moderna al Gran Teatro Nacional di Lima per il suo Festival. Io sono stato coinvolto per l’orchestrazione su suggerimento del direttore d’orchestra Michele Mariotti e del compositore Paolo Marzocchi; devo ringraziare loro per aver fatto il mio nome.

Qual è lo stato delle fonti? Avete utilizzato altro materiale oltre alla riduzione canto e piano dedicata a Dionisio Derteano? Si è reso necessario anche un lavoro filologico di revisione?

La partitura orchestrale originale è andata completamente perduta; il mio lavoro si è basato esclusivamente sulla versione per canto e pianoforte, che è l’unica arrivata fino a noi. La revisione si è resa necessaria riguardo ad alcuni evidenti errori di stampa, come note che determinavano armonie sbagliate, o articolazioni musicali mancanti ma presenti in passaggi simili.

Come definirebbe lo stile di Pasta, quali gli aspetti più interessanti del suo lavoro?

Direi che Pasta sia stato molto influenzato da Verdi: alcune scene richiamano il Verdi maturo, anche se la resa generale è forse ancora legata al primo Verdi. Ciò è favorito anche dal libretto, che presenta situazioni e figure abbastanza tipiche nel melodramma ottocentesco.

Alcune scene sembrano riecheggiare l'Aida (il librettista era lo stesso, in fondo): il duetto Soto-Cora del secondo atto ricorda quello di Aida e Radames, la maledizione di Atahualpa a Cora ricorda l'analogo anatema di Amonasro alla figlia.

Analoghe somiglianze e influenze possono trovarsi nel concertato dell'atto primo (coro dei sacerdoti) e nella prima scena dell'atto secondo, con Cora che aspetta l'amato (Amneris che attende il ritorno di Radames). Un legame con il Don Carlos può essere rinvenuto nella figura di Valverde, basso che potrebbe richiamare i toni sinistri del Grande Inquisitore.

Lo stile di Pasta ha comunque dei tratti personali, come certe peculiarità armoniche, e momenti molto suggestivi e di grande potenza drammatica, uniti a slanci lirici toccanti. Complessivamente l’opera è di fattura molto buona, al di là della curiosità che può sorgere per la novità della sua riscoperta.

Quali difficoltà ha posto il lavoro di orchestrazione? Quali principi ha seguito, quali sono stati i modelli a cui rifarsi e le eventuali trappole da evitare?

La scarsità di notizie riguardo a Pasta, e il non conoscere assolutamente gli altri suoi lavori, sono stati paradossalmente uno stimolo a una maggiore libertà e creatività. Dato che non ci è arrivata nessuna indicazione orchestrale, il mio lavoro non era ricostruire, ma reinventare i timbri, cioè il modo in cui la musica sarebbe giunta alle nostre orecchie. Non ho voluto scrivere come si presume l’avesse fatto Pasta (cosa impossibile da verificare, peraltro); ho trattato lo spartito come un campo aperto di possibilità e di colori.

Il punto di partenza è stato ovviamente la data della rappresentazione, il 1875, e il fatto che il librettista fosse Antonio Ghislanzoni.

Quindi ho analizzato moltissime opere del repertorio lirico ottocentesco italiano, soprattutto di Verdi ma non solo, con l’intento di assimilare un ventaglio quanto più ampio possibile di soluzioni di scrittura orchestrale più usate e tipiche del periodo. Inoltre ho confrontato le partiture con le relative riduzioni per canto e piano, per capire quanta discrepanza ci fosse tra loro.

Ho esaminato opere le più diverse per tipo di scrittura e clima espressivo, per utilizzare nel mio lavoro tecniche il più possibile varie, ma che trovassero comunque giustificazione storica. Ho scelto un organico orchestrale abbastanza tipico, tra quelli usati nel periodo.

L’impostazione che ho dato al lavoro è stata di realizzare una partitura che suonasse “del periodo”, adottando soluzioni mai anacronistiche, ma comunque creative, per disposizioni orchestrali e impasti timbrici, cercando di trovare il colore migliore per ogni momento musicale. Ne è scaturita una scrittura orchestrale probabilmente più mutevole e ricercata rispetto alla prassi del tempo, con un’attenzione particolare alle percussioni, e a strumenti come corno inglese e clarinetto basso, presenti in momenti molto importanti e suggestivi.

Attraverso l’uso dei timbri ho sottolineato dei rimandi interni all’opera: ad esempio l’uso dell’ottavino e del triangolo al n.4 della partitura, dove è indicata l’Aurora. Il triangolo compare di nuovo nel n.16 - finale III, in contrappunto al coro che intona “Sulla patria oppressa e mesta gemi, o core”. E ritorna nel finale ultimo, stabilendo così un parallelismo tra la sua prima comparsa, quando il coro saluta l’aurora nascente, e il finale dell’opera in cui Cora, prima di uccidersi, profetizza la nascita della nazione peruviana (momento che tra l’altro incorpora l’incipit dell’inno nazionale peruviano, già composto quando Pasta scrisse l’opera).

Oppure l’uso del tam-tam, che si ascolta solo due volte, al finale dell’Atto II, la cattura di Atahualpa, e al n. 15, quando Atahualpa maledice Cora per essersi convertita: due culmini grandiosi e drammatici.

Ci sono inoltre dei temi ricorrenti, militari, di guerra, d’amore, che ho orchestrato in maniera ogni volta diversa, secondo le esigenze espressive. Il solo tema che si mantiene sempre identico è l’unico di sapore popolare peruviano, presente già nel Preludio, che segnala ad ogni sua comparsa la presenza in scena degli Inca. Per questo tema ho adottato una soluzione che suonasse “etnica”, ma con gli strumenti normali di un’orchestra sinfonica.

Complessivamente, l’orchestrazione ha richiesto un anno di lavoro molto duro, quasi 500 pagine di partitura per due ore di musica; ma sicuramente ne è valsa la pena.

Oltre ad aver approntato l'orchestrazione, ha seguito anche le prove e la realizzazione lavorando con gli interpreti?

Sì, sono stato a Lima per seguire le prove, ed eventualmente apportare correzioni. Era la prima volta che realizzavo un lavoro per grande orchestra e voci, e avevo un po’ di timore soprattutto riguardo ai pesi sonori, e che l’orchestra potesse sovrastare i cantanti. Ma ero stato molto attento a questo aspetto, scrivendo, e per fortuna non c’è stato bisogno di cambiare niente, il lavoro funzionava.

Pensa che l'opera potrebbe avere una circolazione? Si parla di qualche ripresa magari in forma scenica?

Ora che questa musica riscoperta è disponibile in cd, è finalmente possibile farla conoscere. La circolazione in un primo momento dovrebbe avvenire soprattutto nei grandi teatri del Sudamerica, poi chissà…il m° Palacio sta lavorando per questo.

Come potremmo raccontare in due parole chi è Matteo Angeloni e qual è la sua formazione e la sua attività di musicista? Quali sono ora i suoi progetti?

Sono diplomato al Conservatorio “G. Rossini” in pianoforte e in composizione; ho conseguito il Master in musica da camera all’Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” di Imola, con P.N. Masi, e mi sono inoltre perfezionato con l’Altenberg Trio Wien.

Come pianista, compositore e orchestratore ho collaborato con istituzioni come la Fondazione Toscanini di Parma, Filarmonica Marchigiana, Macerata Opera Festival, Festival Internazionale “Da Bach a Bartòk”, Ente Concerti di Pesaro, Gioventù Musicale, Associazione Angelo Mariani di Ravenna, Theatre Na Strastnom di Mosca.

Tra i miei lavori eseguiti, le Variazioni su un tema di Bartòk per orchestra (2009), Run (2012) per ensemble di 100 violoncelli (con Giovanni Sollima), Sinfonia degli arrivi – Azione rituale per orchestra (2014), rielaborazioni dell'ouverture della Battaglia di Legnano di Verdi e della Carmen di Bizet, e la versione integrale per trio dell’Histoire du Soldat di I. Stravinsky.

In questo momento sto scrivendo un monodramma per soprano e quartetto d’archi, commissionato dall’Associazione Harmonia Novissima, ed è in corso un progetto di carattere nazionale in collaborazione con il CIDIM e le Edizioni Curci, per un’opera cameristica.

Grazie e buon lavoro