L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'arte e la realtà

di Roberta Pedrotti

Il Teatro Coccia di Novara risponde al blocco dell'attività imposto dall'emergenza sanitaria con un'opera nata appositamente per le piattaforme online. Abbiamo chiesto agli interpreti e agli artefici di raccontarcela. Ecco come Jessica Pratt ci parla del suo personaggio in Alienati, ma anche di come sta vivendo questo periodo, come sta reagendo, quali sono le sue speranze, le sue riflessioni e i suoi progetti.

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Jessica Pratt, ci parli un po' del tuo personaggio? Hai contribuito a crearlo? Hai qualcosa in comune con qualcuna delle grandi eroine del tuo repertorio? 

Il mio personaggio è una donna single patita di cocktail, aperitivi, selfies, incontri online e relativi appuntamenti al buio. Una con una vita “social” molto intensa. Il suo nome informale per noi addetti ai lavori è un acronimo inglese che non posso ripetere qui, nato dal mondo a luci rosse, ma ormai adottato dal gergo colloquiale. Quando me lo hanno comunicato, sembravano tutti molto preoccupati che mi potessi scandalizzare. Invece è uno dei motivi divertenti per cui ho accettato l’incarico.
Si tratta di un personaggio molto divertente, stimolante e pieno di vita.

Sono entrata tardi nel progetto e quindi non ho contribuito direttamente a disegnare il suo carattere, ma ho potuto invece confrontarmi con Federico Biscione, il compositore della sua scena principale, in relazione ad alcune scelte musicali. 
Questa scena è incredibilmente divertente, molto descrittiva e con un crescendo di frasi che ne dipingono l’eccitazione nell’incontrare un uomo pericoloso.

Decisamente, si tratta di una figura diversa dalle eroine che normalmente impersono. Forse la più simile è Cunegonde con la sua determinazione nel godersi la vita a tutti i costi, anche se ovviamente questa è molto più moderna. Credo che più o meno tutti abbiamo un’amica che passa fin troppo tempo sui social e con un numero imbarazzante di selfies su Instagram. Ecco, oggi quell’amica sono io ;-)

Qual è il tuo rapporto con la musica contemporanea? Come ti trovi a collaborare direttamente con i compositori?

In Australia la musica contemporanea è molto popolare e tutti i teatri includono spesso opere del genere nella loro programmazione. Prima di venire in Italia, nei miei concerti c’erano spesso pezzi contemporanei. Con l’avvio della carriera mi sono dovuta concentrare di più sul Belcanto e le sue particolarità tecniche e stilistiche, ma non ho mai smesso di apprezzare anche le composizioni moderne. Per esempio, uno dei miei prossimi debutti sarà nel ruolo del Controllore di Volo dell’opera contemporanea Flight di Jonathan Dove che dovrebbe essere messa in scena negli Stati Uniti fra un paio d’anni.

Un'opera in “smart working”: come hai accolto la proposta? Come sta andando questo esperimento?

All’inizio ero preoccupata per la cosa. Non cantavo da un pochino e i tempi serrati necessari per la produzione potevano essere un problema. Studiamo, cantiamo e registriamo le scene mano mano che vengono scritte ed è molto gratificante essere al centro del processo creativo. Ho accettato perché mi piacciono molto i miei colleghi e avevo bisogno di sentirmi di nuovo parte di un gruppo impegnato nel creare qualcosa.

Inoltre sento un bisogno impellente di lavorare con materiale comico, perché credo ci sia davvero bisogno di far ridere e sorridere di nuovo. Un impegno drammatico sarebbe stato deprimente.

Mio marito mi sta dando una mano con la sfida di problematiche di ripresa audio e video di cui normalmente noi cantanti non siamo investiti. A dire il vero, vivendo in campagna ai margini della città, il problema più grande sembra sempre essere il collegamento internet, che in questo periodo è più che mai sotto stress e rende le “prove” e i “meeting” un pizzico più difficili per me. L’altro giorno la connessione era talmente cattiva che mi sono dovuta spostare in giardino e Roberto, mio marito, mi ha chiamato con il telefono tradizionale ed ha avvicinato il suo al computer per far partecipare gli altri. Ci si ingegna!

Ti abbiamo vista nel Gran Galà sul sofà di Donzetti Opera nella tua casa in campagna, con il tuo cane e l'asinello...Come stai vivendo questo periodo, da artista ma non solo? Che timori e che speranze hai per il futuro?

Cercavo di essere spiritosa, simpatica e un pizzico ridicola così da far ridere e tirare su il morale alla gente. È un periodo drammatico e lo vivo come tutti quanti, deprimendomi. All’inizio cucinavo sempre (io che non sapevo fare un uovo sodo). Ora ho scoperto una passione per il giardinaggio. Un’attività che a noi cantanti è normalmente pressoché impossibile, ma che trovo incredibilmente rilassante. A marzo ho quindi preso possesso della sala da pranzo, trasformandola nella mia incubatrice/serra personale. Faccio impazzire mio marito con questa mia ossessione. Sto facendo spuntare ogni seme che mi capita a tiro. L’altro giorno, mentre eravamo a tavola, mi sono messa a separare con i denti i semini dei pomodori che si trovavano nel piatto. Sono spuntati tutti!!!

La casa è in una riserva naturale sulla collina di Fiesole e intorno a noi c’è molta terra. Mio marito sta facendo delle ristrutturazioni per cui ogni tanto mi improvviso aiuto falegname, aiuto idraulico, aiuto elettricista, aiuto muratore e così via. Ho potato qualche albero d’olivo, abbiamo costruito delle aiuole, un muretto di pietra. Per fare il video per il Gran Galà di Bergamo ho raccolto un sacco di canne di bamboo ma ora non so davvero cosa farci. Diciamo che da due mesi sto pressoché ignorando il mio lato artistico (o quantomeno quello musicale) in favore di quelle attività che mi sono normalmente precluse, come stare con i miei cani e gatti, osservare la fauna selvatica, ascoltare gli uccellini e passare le serate a guardare le lucciole che si accendono e spengono. Fra i miei progetti zootecnici, cercare di avvicinare un gattino randagio con una zampa ferita che non vuole farsi curare, e stringere amicizia con gli asinelli della riserva. Dopo il video di Bergamo in molti hanno pensato che fossero miei. Magari!!! Mio marito mi ha già denunciato alla riserva, informandoli che se ne dovesse mancare qualcuno, devono venire a cercarli qui :-P

Quanto al cantare, con la prima ondata di morti mi ero molto depressa e non mi andava francamente, né online né offline. Ora invece, da qualche settimana, sento di nuovo il desiderio di tornare a fare musica. Sto organizzando le prossime registrazioni, preparando programmi per futuri recital e cercando di capire come costruire una mia piccola etichetta discografica. Concentrarsi sulle piccole cose su cui abbiamo controllo, invece che dannarsi per quelle su cui non possiamo nulla, aiuta molto. E quindi giù con tanti esercizi di tecnica e invece poche riflessioni sul quando torneremo a cantare in teatro. Mi auguro che quest’estate possano essere messe in piedi almeno alcune attività all’aperto, così da aiutarci a traghettare dal punto di vista artistico, emotivo ed economico fuori da questa palude in cui versiamo.

Cos'è per te il teatro dal vivo, il rapporto con il pubblico?

Il teatro è sempre stato e sempre sarà “dal vivo”. Cos’è senza spettatori? Una prova forse, e nemmeno. Il pubblico è tutto. L’Opera è una forma d’arte il cui fulcro è proprio lo scambio di emozioni fra palcoscenico e platea. Un’energia impalpabile che non ha nulla a che vedere con le note e la musica. Anzi, e lo racconto spesso, personalmente trovo che i momenti più emozionanti di un’opera siano piuttosto i silenzi. Le pause fra una nota e l’altra. Quelle sospensioni temporali in cui tutti noi sulla scena tratteniamo il respiro insieme a migliaia di persone nella sala. Mi sembra sempre di sentire il battito del cuore di tutti che si sincronizza. Noi umani siamo animali sociali. Abbiamo bisogno di sviluppare l’empatia e noi artisti più degli altri, soffriamo questa perdita.

Il mondo dell'arte si è mobilitato in vari modi, esprimendo grandi preoccupazioni, cercando di sfruttare in ogni modo i mezzi tecnologici e i social, a volte cercando di trasferire la fruizione on line con streaming in diretta o di registrazioni, a volte, come in questo caso, sperimentando strade nuove. Cosa ne pensi? Cosa resterà insostituibile e irrinunciabile e quali potranno essere nuove esperienze utili?

Questa nostra opera contemporanea è semplicemente questo… una riflessione sul contemporaneo. Il prodotto dell’esperienza che stiamo vivendo. Non un nuovo modo di fare opera. Quando potremo finalmente ritornare nei nostri luoghi, anche ad Alienati verrà data la possibilità di debuttare sul palcoscenico. L’Opera in streaming, o più in generale, in video, a voler cercare dei pregi, può rendere più visibili le espressioni dei volti degli artisti ed in un certo qual modo, disvelare una dimensione più intima dal punto di vista estetico. Ma a che prezzo? Io personalmente non guardo mai la lirica in televisione così come trovo noiosa una partita di calcio da casa. Molto meglio andare allo stadio. Lì, come al teatro, la gente si raduna per condividere le emozioni. Solo così si mette a fuoco il vero potenziale di questa forma d’arte. Un’arte che, non dimentichiamolo, non è emulazione della realtà, ma piuttosto interpretazione. Del resto nella vita reale non andiamo certo in giro dialogando col canto ed esprimendoci per versi. Ecco… Alienati è un’interpretazione di questo particolare momento storico. 

Stiamo vivendo un momento abbastanza confuso, con teatri che preparano progetti per la ripartenza ma nessuna certezza sui tempi  e i modi in cui saranno realizzabili. Come pensi che cambierà, se cambierà, il nostro modo di vivere  il teatro e le professioni a esso legate?

Cerchiamo di trovare una ricaduta positiva. Se non altro sia il pubblico sia gli addetti ai lavori torneranno con maggior consapevolezza del proprio stato di salute. Mi auguro che durante gli spettacoli ci saranno meno persone che tossiscono. Che durante le prove, ci siano meno colleghi con l’influenza, e così via. Noi cantanti siamo da sempre, estremamente vulnerabili, e quindi sensibili, ai malanni di stagione. Viaggiamo con l’antibiotico in borsa perché anche solo due piani in ascensore con qualcuno che starnutisce possono rovinare un impegno di mesi. Invece in questi giorni ho potuto constatare una radicale presa di coscienza da parte della società. Le accortezze igieniche che ci vengono oggi imposte, possono essere davvero lo spunto per una convivenza più salubre sul luogo di lavoro.

Un altro aspetto interessante, dal punto di vista professionale, è la maggiore consapevolezza da parte degli artisti e dei teatri dell’importanza di una adeguata tutela economica per il periodo delle prove. All’estero, da sempre, il cachet pattuito per un’artista, viene distribuito fra la retribuzione dello spettacolo, quella delle prove e una diaria giornaliera. Questa semplice accortezza, senza modificare in nessun modo l’impegno finanziario del teatro, garantisce all’artista un’ancora di salvezza in caso di malattia durante le prove. Mi sembra lodevole e degna di nota, l’adozione di questa formula da parte del Teatro Coccia di Novara.

Fra i tuoi programmi futuri vedo Lucrezia Borgia nella tua Australia. Come stai preparando questo debutto in un grande cavallo di battaglia di Joan Sutherland nel “vostro” teatro? Quali sono i tuoi progetti futuri?

In origine mi ero riservata due mesi di tempo per preparare questo debutto con calma. Viste le vicende, il periodo a disposizione si è decisamente dilatato per cui diciamo che me la sto prendendo comoda. Oltre a Lucrezia, spero anche di poter vestire i panni di Bianca in Bianca e Fernando di Bellini a fine anno. Fra i debutti nei prossimi anni, invece, ci sono anche Maria Stuarda, Beatrice di Tenda e il già citato Flight Controller nell’opera di Jonathan Dove.


 

 

 
 
 

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