Ricordando Carla Fracci

di Michele Olivieri


Étoile ospite di importanti teatri e compagnie quali Opera di Zurigo, Arena di Verona, Ballet National de Cuba,Toni Candeloro ha lavorato al fianco di artisti come Rudolf Nureyev e Carla Fracci. Un sodalizio, quest'ultimo, lungo e intenso che Candeloro ripercorre in questa intervista.

Quando è avvenuto il tuo primo incontro con Carla Fracci?

Ho molti ricordi che mi legano a lei... ricordo, avevo circa diciotto anni, che insieme ad amici in comune, fummo invitati nella sua bellissima casa nel cuore di Milano, quello fu il mio primo incontro con Carla e Beppe [Menegatti] in maniera informale. Il primo incontro sul palcoscenico fu invece, nel ballo Excelsior all’Arena di Verona, la ricordo nel ruolo della Civiltà.

Per lei è sempre stato importante salvaguardare “lo stile della danza classica”, era una Sua priorità?

Carla aveva il genio superiore tale da ricreare un suo stile romantico per poi rappresentarlo con una libertà contemporanea che confermava anche, al pubblico meno dotto, la verità del “balletto classico” e non solo. Per Carla era una scelta di responsabilità.

Cosa ha apportato nel mondo della danza italiana la Sua figura?

Personalmente, avendo danzato in quasi tutto il mondo, mi sono reso conto che molte danzatrici sono state ispirate dalla sua Arte che ha influenzato lo stile e la ricerca sia per l’interpretazione di un ruolo, titoli per eccellenza Giselle o La Silphide, per i costumi, per i suoi ineccepibili “bandò”, la musicalità e per la sua tragedia interiore che dava merito ad ogni gesto di teatrale sensibilità.

Senza ombra di dubbio è da annoverare tra le più grandi ballerine del Novecento a livello mondiale. In cosa consisteva la sua essenza artistica?

La sua essenza artistica era la responsabilità di proteggere il suo talento artistico e tecnico come una missione professionale mirata a dare all’arte della danza un significato ineccepibile. In lei il limite ha fatto la qualità, e le sue qualità l’hanno resa credibile tanto da divenire un mito.

Quali sono state le collaborazioni che vi hanno legati artisticamente?

Con lei ho danzato, collaborato e creato! Ho avuto l’onore di essere al suo fianco in creazioni come Il paradiso e la peri, I vespri siciliani, da giovanissimo in Giselle per il Teatro Massimo di Palermo nel ruolo del passo a due dei Contadini… l’ultimo nostro incontro in scena è stato in Artemisia le ultime tele dove ho creato per lei la coreografia e i costumi. Il grande talento di questa artista è di aver avuto il dono e l’intelligenza di danzare il “senso”!

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Con Beppe Menegatti ha saputo tenere viva l’arte della danza non solo nei luoghi deputati ma anche nelle piazze, sotto i tendoni, raggiungendo così un più vasto pubblico. Quanto sono stati precursori e rivoluzionari in tale direzione?

Carla Fracci già da giovane, e grazie anche all’arte trasfigurante di Beppe Menegatti, era la luce che arrivava in qualsiasi luogo e si posava su tutti, per cui il suo talento teatrale sapeva adattare la proiezione della sua danza ed emozionare comunque. Questo è un dono che pochi hanno avuto l’opportunità di saper approfondire.

Carla Fracci si è sempre posta in prima persona come paladina della promozione dell’arte e del balletto, per lei era fondamentale tenere vivo l’interesse storico per affermare al meglio il presente, e naturalmente il futuro?

È stata Carla Fracci a riportare Giselle e La Sylphide al Teatro alla Scala non solo come interprete ma anche come promotrice di questo repertorio. Non si è mai arresa alla popolarità del suo stesso nome come rivale di sé stessa, ha mostrato sia il suo talento romantico che quello accademico ma non dimentichiamo quello civile e politico. Naturalmente con degli scontri interiori tra la diva e l’artista del popolo.

Sicuramente la Sua scomparsa ha lasciato a tutti noi un profondo vuoto ma anche un’eredità. A te cosa ha lasciato in particolare?

Carla la porto nel cuore come artista e come grande amica… la sua disciplina ha rinforzato il mio rigore e ha dato più forza alla mia umiltà!

Avendo lavorato al suo fianco in un rapporto di stima e di amicizia, regalaci Tony qualche sfumatura particolare sulla Fracci artista, qualcosa di diverso che lei sola è riuscita a dare?

Carla Fracci in scena non era solo la danzatrice ma un’orchestrazione di tante discipline fatte opera d’arte concentrate su un’unica persona... il tocco del tutù con il suo piccolo mignolo riusciva a dare il senso del volo, le sue braccia non appartenevano ad una gratuita bellezza fisica ma alla trascendente espressione dettata dal suo sentire il suo dramma interiore.

Parlami di una tra le sue ultime esibizioni create appositamente su di lei, e cioè Artemisia Gentileschi - Le ultime tele?

La danza si distilla, si afferma nel suo più alto valore espressivo, la tecnica è un tutt’uno di gesti, passi, sguardi insomma opera d’arte vivente. Ho visto così Carla Fracci in Artemisia le ultime tele – Reminiscenze e fantasmi, una memoria di esecuzione talmente forte da poter lasciare libertà all’invenzione intuitiva. Anche i capelli che frustavano il suo sguardo diventavano danza. All’intera Compagnia ha voluto dedicare lunghi momenti per dare senso alla coreografia, e ha donato un grande messaggio di quella danza che a volte dimentichiamo che è Teatro.

Per concludere Tony, che posto ricoprirà nella Storia della danza e del balletto mondiale, Carla Fracci? O meglio come andrebbe giustamente ricordata a futura memoria senza tralasciare nulla e senza cadere nell’ovvio?

…potrà dare la certezza che la danza tanto effimera non è! Grazie Carla… presenza eterna!