La musica, prima di tutto

di Antonino Bova

Compositore, direttore d’orchestra, Francesco Ivan Ciampa è tornato nella città dello stretto come docente della masterclass di direzione d’orchestra organizzata dal teatro Francesco Cilea nell'ultimo fine settimana di gennaio. Alla guida di grandi produzioni italiane e internazionali, negli ultimi anni ha diretto i festival italiani dedicati a Puccini a Torre del Lago con Turandot e Madama Butterfly, e a Verdi a Parma con Il corsaro, I masnadieri e Nabucco. Durante la sua carriera è stato anche assistente di Antonio Pappano e di Daniel Oren.

Maestro Ciampa, Reggio ha rappresentato per lei un trampolino di lancio verso palcoscenici prestigiosi in Italia e all’estero. Che ricordi ha dell’esperienza reggina e dei professionisti con i quali ha lavorato?

Il mio primo vero concerto da direttore, la mia prima volta in buca sono stati a Reggio Calabria. Ricordo bene la bellissima tournée di qualche anno fa con l’orchestra del Teatro ‘F.Cilea’ che mi portò a dirigere anche al teatro Gesualdo, massimo teatro di Avellino, la mia città. In quella occasione diressi un meraviglioso programma tutto mozartiano. Nutro un grande sentimento affettivo per Reggio. Pasquale Faucitano, primo violino dell’orchestra e musicista di fama nazionale, è il vero motore, coadiuvato dalla moglie Paola Russo, anche lei artista superlativa. Proprio a Paola mi lega un immenso affetto, abbiamo vissuto insieme grandi gioie e grandi dolori, custodisco ricordi indelebili legati alla nostra infanzia. Tornando a Pasquale, ho inserito di proposito nella scaletta della masterclass il lieder Morgen op.27 n.4 di Strauss, famoso per l’emozionante solo di violino. Musicisti di questo calibro possono darti quello che desideri, quella magia che ti aspetti dal primo minuto.

Lei è nato e cresciuto musicalmente al sud e conosce le difficoltà di questi territori ricchi di potenziale. Che effetto le fa dirigere l’orchestra di un teatro che non è gestito da una Fondazione lirico sinfonica? Cosa si augura?

Apprezzo tanto questa domanda. Non ho avuto e non ho nessun timore della burocrazia e delle difficoltà che essa impone ogni giorno. È chiaro che, dove c’è una struttura forte, molti aspetti burocratici sono superati a priori. Non bisogna però dimenticare che l’obiettivo principale è la musica, cercare di donarla, specie nei posti dove le difficoltà persistono. È risaputo che al sud non abbiamo vita facile. Qualche anno fa ho fondato un’orchestra giovanile a Benevento che ho diretto per sei anni in un territorio culturalmente poco stimolante. All’inizio gli stessi ragazzi non trovano ispirazione, ma con il tempo, con la perseveranza, la curiosità, l’amore per l’arte qualcosa si è smosso, come un turbine. Il punto non è dove crei ma quello in cui credi. È complicato accedere a fondi per creare una fondazione, ma lo si può fare, facendo sacrifici. L’OFB (Orchestra Filarmonica di Benevento) è un esempio. Non bisogna essere costretti ad andare a Palermo o a Napoli per vedere un’opera. Li c’è una storia e la qualità è sicuramente differente ma io devo scegliere di godere culturalmente nella mia città. Questo è ancora più importante della carriera personale. Se decido di essere artista devo capire che servono sacrifici e sostenere un’idea dove è possibile farlo. L’obiettivo è sempre quello di lavorare con spirito critico e con il massimo della professionalità.

Negli ultimi mesi Reggio Calabria si è distinta per iniziative musicali di alto spessore culturale, come il successo del concerto di Capodanno. Nota delle differenze positive rispetto al periodo della sua ultima apparizione in città?

Noto un grande fermento e una notevole qualità nelle intenzioni. Bisogna agire pensando a quello che potrebbe essere il punto di vista del publico ed è per questo che mi sento di dire che la città di Reggio Calabria ha una necessità fisica di ricerca della bellezza. A mio avviso questa ricerca nasce dal mix di due aspetti fondamentali: la necessità degli artisti di esibirsi, che rappresenta la sete di questo mestiere, e la fame di chi vuole recepirlo. Reggio Calabria gode di un pubblico culturalmente attento e il Teatro Francesco Cilea è sempre stato un luogo vivo. È proprio in questi momenti di fermento quindi che bisogna spingere. Credo che la soluzione sia partire proponendo al pubblico della città pochi momenti musicali ma di qualità, essere più profondi in questo particolare momento storico. Trovare il tempo per fermarsi e respirare la cultura, l’arte, la musica, tutto ciò che può arricchire l’animo umano. Oggi giorno è tutto molto frenetico e questo fa perdere la profondità delle cose.

Per questa occasione è tornato in riva allo stretto come docente della masterclass di direzione d’orchestra rivolta a studenti provenienti da tutto il meridione. Per la città di Reggio si tratta di un evento unico per il suo genere. Come ha trovato il livello dei partecipanti? Quali pensa siano gli aspetti più importanti da curare per la formazione di un direttore e che debbano e possano essere approfonditi in conservatorio o in occasioni come queste?

Confesso che questa masterclass rappresenta la mia prima volta nelle vesti di docente di direzione d’orchestra. Con tanta umiltà ammetto di non sentirmi ancora adatto a questo ruolo, forse per via della mia giovane età. Proprio per questo motivo ho incentrato le mie energie su un unico scopo, ovvero quello di trasmettere ai ragazzi ogni esperienza vissuta sulla mia pelle: dai miei errori ho imparato alcuni aspetti fondamentali per la professione, non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista psicologico. È stato molto interessante perché ho capito che se sei capace di esprimere agli altri un concetto che dentro di te è chiaro, vuol dire che la tua idea è forte, se non sei capace evidentemente non ne hai la consapevolezza. Durante il concerto finale degli allievi ho sofferto più io di loro. Ogni ragazzo aveva il proprio modo di approcciarsi davanti all’orchestra. Io li ho osservati bene e ho deciso di affidare loro composizioni meno congeniali alla propria personalità, in modo tale da lanciare una ‘sfida’, ed è stato proprio questo che li ha aiutati a crescere durante questa masterclass: riuscire a rompere il muro del limite che si crea nella propria mente. Mi sento di precisare che dal punto di vista tecnico la direzione non è impossibile, anzi. Il punto vero è che il direttore deve fare un lavoro più profondo sull’aspetto intimo della partitura. È lo studio continuo della vita, l’incontro con essa: riuscire ad affascinassi ammirando un panorama, leggendo una poesia ecc. L’artista è l’unico componente della società che può permettersi di stravolgere il mondo mentre tutti gli altri non lo sanno ancora. Quando Beethoven è stato il precursore di duecento anni, gli altri non lo immaginavano ma lui ha portato avanti l’umanità. Essere curiosi è la chiave di tutto, è quello che farà stimolare visioni nuove.

Crede che questa masterclass sia una iniziativa didattico culturale isolata nel panorama musicale reggino o che si tratti della prima di una lunga serie?

Non si può imparare tanto in cosi poco tempo. L’ideale sarebbe avere continuità con questi eventi culturali non solo per gli studenti e per il loro percorso ma anche e soprattutto per la città. Sarebbe auspicabile un appuntamento fisso per il pubblico che dovrebbe carpire come l’anima dell’orchestra cambia in base al direttore che ha davanti. Per quanto mi riguarda ho già comunicato all’organizzazione che farò tutto il mio possibile per tornare in città e proporre altre iniziative di questo genere.

Quali sono i compositori che hanno segnato maggiormente la sua carriera?

Tutti i compositori che ho studiato hanno inciso sulla mia carriera. A una domanda del genere non posso rispondere da professionista, per questo risponderò da essere umano, da persona che fin dalla tenera età ha avuto la fortuna di gioire con la musica, con la produzione dei primi suoni, con lo studio di opere pittoriche. Quando ero bambino i miei super eroi non erano Superman o Batman, bensì Beethoven e Van Gogh. Ho iniziato a scoprire la vita di Beethoven, carpire cosa stava scrivendo in ogni preciso momento della sua vita e questo per me ha rappresentato l’insegnamento più grande: la passione che metteva in ogni composizione, la ricerca continua. La Nona Sinfonia rappresenta per me il capolavoro della sua esistenza: in quel periodo della sua vita non sentiva le note ma riusciva a tirarle fuori direttamente dalla sua anima e riportarle sulla partitura, lo dimostra il suo manoscritto pieno di cancellature. E ancora, Van Gogh che ha dipinto più di ottocento quadri e ne ha venduto solo uno, acquistato dal fratello a sua insaputa. Durante la sua vita nessuna ha mai scommesso su di lui, eppure ha continuato a dipingere. Perché? Non esiste un insegnamento più grande di questo: la perseveranza, l’amore per l’arte e per quello in cui si crede. Beethoven e Van Gogh a mio avviso sono artisti che si sono posti al di sopra delle miserie umane. Io devo tutto a mia madre, mio padre e mia sorella i quali mi hanno insegnato ad apprezzare ogni giorno di più la bellezza e l’amore per la cultura. Le origini, la famiglia sono la cosa più preziosa che esiste. La vita è una ruota che gira, un mare in tempesta, un mistero. Ho da poco perso mia madre e mia sorella e ho creduto di sprofondare. Una luce, una meravigliosa speranza però ha ridato un senso ai miei giorni: la nascita di mio figlio Gabriele che insieme a mia moglie, Beatrice, rappresentano la cosa più preziosa che possiedo.

Come vede il futuro della grande musica dopo l’emergenza sanitaria che l’ha fermata?

Personalmente posso ammettere di essere stato fortunato durante il covid perché, seppur in condizioni assurde e alienanti (senza pubblico, in streaming ecc.) ho prodotto. Il senso della musica però non è stato mai modificato o taciuto, è impossibile. La musica ha aiutato più di tutto il resto le persone isolate dalla pandemia che nutrivano l’esigenza di uscire di casa. Per tutti noi, l’unica possibilità di ‘uscire’ era con la mente, con il cuore, grazie a qualsiasi genere musicale. Confesso che un giorno ho ascoltato tutta la tetralogia wagneriana senza interruzioni, diciotto ore di musica. Questo momento terribile mi ha dato la possibilità di dedicarmi totalmente all’ascolto.

Quali saranno i suoi prossimi impegni artistici?

Attualmente mi trovo a Las Palmas al teatro Pérez Galdós per la produzione di Fedora. A marzo volerò ad Amburgo per il Don Pasquale e successivamente tornerò in Italia, precisamente al teatro Regio di Parma per la direzione di Adriana Lecouvreur, la meravigliosa opera del genio di Francesco Cilea. In questa occasione avrò il piacere di lavorare insieme al soprano Maria Teresa Leva, reggina doc. Poi a Monaco per La traviata alla Bayerische Staatsoper, uno dei teatri che più mi ha sconvolto per la macchina organizzativa e soprattutto per il livello dell’orchestra. Infine, in estate dirigerò Tosca all’Arena di Verona per il centenario del festival, La traviata e La boheme in Giappone in tournée con l’orchestra del teatro Massimo di Palermo.