Giovani e qualità

di Roberta Pedrotti

Dopo l'apertura con Donato Renzetti e l'Orchestra Regionale della Toscana in dicembre, i recital di Arcadi Volodos in gennaio e Anna Netrebko in febbraio, il 4 marzo al Teatro Petrarca di Arezzo sono in arrivo il corpo di ballo e l'orchestra dell'Accademia della Scala con la direzione musicale di Alessandro Bonato, che lanciano la volata verso la parte conclusiva della stagione concertistica che vedrà, ripsettivamente il 7 e il 28 aprile, l'English Chamber Orchestra con Pinchas Zukerman, direttore e viola, e Giovanni Andrea Zanon, violino nonché direttore artistico per le attività musicali, quindi ancora l'ORT con Roberto Abbado e la voce recitante di Massimo Popolizio.

Per raccontarci il nuovo corso musicale della città del padre ideale dalla moderna notazione abbiamo posto qualche domanda a Lorenzo Cinatti, dal 2021 direttore della Fondazione Guido d'Arezzo e in precedenza sovrintendente della Scuola di Musica di Fiesole.

Dottor Cinatti, come sta andando la stagione?

Siamo molto soddisfatti, perché sia nella musica sia nel teatro di prosa abbiamo un ottimo riscontro del pubblico e non era per niente scontato. Sostanzialmente, grazie anche a una forte presenza di abbonati, abbiamo sempre l'esaurito e direi che il dato più positivo riguarda la concertistica, sulla quale stiamo lavorando da due anni per ricreare un pubblico attento e numeroso. È faticoso, molte piazze faticano, ma credo che sia stata premiata la nostra scelta strategica di diminuire il numero dei concerti puntando sulla qualità. Anche al di là di grandi nomi, come è stata la presenza della Netrebko, vediamo che si sta consolidando un pubblico fedele di base, che non c'è più quella fatica che riscontravamo all'inizio. In effetti abbiamo dei riscontri sul lavoro fatto e iniziamo a formare un pubblico: solo questo ci dà grande soddisfazione, insomma.

Tanto più che Arezzo si strova forse un po' stretta fra Maggio Fiorentino, Chigiana, Montepulciano e tante altre storiche istituzioni musicali toscane.

Sì, io ho preso questo incarico da due anni, praticamente dal marzo del 2021. Quindici, vent'anni fa ad Arezzo l'Associazione Amici della Musica aveva fatto un ottimo lavoro e formato un pubblico che poi si è disperso nel tempo. A quel punto Arezzo era nemmeno una Cenerentola, era un buco nero in ambito classico, stretto fra tante realtà importanti. Ripartire non è stato né facile né banale, ma devo dire che la città può contare su molte risorse, come diverse scuole di musica e un liceo musicale molto importante, il Petrarca. Però a livello di cartellone concertistico si rimaneva nell'ombra. Mancava un respiro un po' più ampio, che alzasse l'asticella al di là del provincialismo.

Lei è stato per anni sovrintendente della Scuola di Musica di Fiesole. Cosa porta ad Arezzo di questa esperienza?

Il 4 marzo verrà l'Accademia della Scala, un nome di prestigio ma a tutti gli effetti una “scuola”. Su questo aspetto abbiamo lavorato già con una rassegna che sta fuori dalla stagione concertistica che è lo Youth Festival e dando già lì un'indicazione ben precisa: partire dai giovani sia come pubblico, lì dove è possibile, ma anche come artisti. La volontà da parte del nostro direttore artistico Zanon di invitare una un'accademia importante come quella della Scala sta in quell'ottica, che condivido anche sulla base della mia esperienza a Fiesole. Secondo me sono scelte con aspetti un po' coraggiosi e rischiosi, però quando ci sono nomi così importanti val sempre la pena, anche perché i giovani, per quanto possano ancora avere qualche limite tecnico, portano una freschezza, un entusiasmo e danno il massimo. La direzione è questa.

E la soddisfazione, magari, di poter poi dire di aver ospitato o visto debuttare un grande artista.

È una delle soddisfazioni più grandi perché noi non siamo una fondazione lirico sinfonica, non è questo il nostro ruolo, non ne abbiamo né i mezzi né la vocazione, però dare la possibilità di debuttare a qualche giovane importante, secondo me, è nelle nostre corde.

Quali sono le direttive per il futuro per la musica ad Arezzo?

Noi vorremmo da una parte mantenere, dove possibile, concerti anche importanti, dall'altra continuare con i giovani, magari con delle residenze artistiche, la produzione di un piccolo progetto sinfonico con un'orchestra giovani e, perché no, poi se ci fossero le condizioni sognare anche più alto: una produzione di una piccola opera, per esempio un titolo mozartiano o comunque adatto ai nostri mezzi e spazi. Tra l'altro è notizia di venerdì scorso [24 febbraio ndr] l'ingresso del baritono Mario Cassi nel consiglio d'amministrazione, che sicuramente stimolerà un interesse ancor maggiore in questo senso.

Meliciani, Mei, Cassi: Arezzo è anche una città di cantanti.

C'è una tradizione lirica senz'altro da non sottovalutare, così come sul piano della coralità c'è una storia importante con gli oltre settant'anni del Coro polifonico internazionale: c'è un'attenzione molto radicata che fa parte del pedigree cittadino.

Basta citare il nome di Guido D'Arezzo!

Appunto! Questo si deve riempire di orgoglio e ci dà anche una responsabilità superiore rispetto ad altre città.

Tradizione, responsabilità, molto da costruire... Come avete reagito alla pandemia? Sono state più le difficoltà o ha prevalso la voglia di rinascita?

Io credo che noi abbiamo scontato tutte le difficoltà che un po' tutte le istituzioni musicali e produttive hanno subito con il Covid. Forse però la provincia, come ambiente più raccolto, ci ha dato l'abbrivio per ripartire meglio. Là dove alcuni colleghi, in città più grandi, mi parlano della difficoltà di riportare la gente a teatro, ad Arezzo forse la cassa di risonanza è stata maggiore e ci ha consentito di ripartire più velocemente. Anch'io ero molto preoccupato perché già è una città, come dicevo prima, in cui c'era da ricostruire una tradizione, un'abitudine anche ad andare a teatro ad ascoltare musica: invece, ecco che questi due anni sono serviti e a questo punto bisogna andare a cercare un consolidamento. Posso dirle tranquillamente che noi come numeri siamo oggi superiori al precovid. Non parliamo di dati eclatanti, ovviamente, ma sono comunque molto positivi, molto confortanti. Siamo soddisfatti anche perché, come istituzione pubblica, spendiamo soldi dei contribuenti ed è importante vedere che una certa progettualità inizia a dare dei riscontri.

I vostri finanziamenti sono prevalentemente pubblici?

Il contributo maggiore viene dal Comune di Arezzo, che è socio a tutti gli effetti della Fondazione. Poi abbiamo alcuni sponsor privati e il fatto che sia cresciuta l'attenzione anche da questo punto di vista vuol dire che in città si è percepito un aumento di qualità e il ruolo della Fondazione.

È importante, credo, che si riconosca anche in una città che ha già le sue attrattive turistiche storiche, artistiche e letterarie l'importanza del teatro e della ricchezza che può portare. 

Purtroppo nel nostro paese ancora il mecenatismo privato è veramente una cenerentola; probabilmente ci vorrebbero strumenti fiscali anche migliori di quelli che consente l'Artbonus, va bene, però è anche vero che è incredibile come perfino persone estremamente facoltose ritengano che la cultura sia una cosa su cui deve mettere i soldi solo lo Stato. Tuttavia, qui, nel nostro piccolo, ci sono segnali importanti: probabilmente saremo stati bravi a fare capire che c'è una progettualità, che non navighiamo a vista. Noi ce la stiamo mettendo tutta e speriamo che siano sempre di più quelli che vorranno contribuire.

Siamo praticamente a metà della stagione. Quando saranno annunciati i prossimi programmi?

Allora noi stiamo lavorando sulla nostra rassegna estiva, che abbiamo fatto in Fortezza e che raccoglieva diversi generi, anche teatro, musica pop, e all'interno anche un concerto con la Filarmonica Rossini, il maestro Renzetti e, per l'appunto, Mario Cassi. Non sappiamo ancora se avremo un concerto lirico sinfonico nell'estate, ma stiamo anche preparando lo Youth Festival di ottobre e pensiamo di presentarlo fra giugno e luglio. Per la prossima stagione, il direttore artistico ha già idee e progetti che renderemo noti a tempo debito, ma certamente la nostra linea resterà questa: qualità e apertura ai giovani.

Buon lavoro, allora, e in bocca al lupo!