Chi conosce l'opera, la ama

 di Roberta Pedrotti

A pochi giorni dal suo debutto alla Scala come Emilia nell'Otello di Rossini abbiamo intervistato Annalisa Stroppa, mezzosoprano emergente che può già vantare un curriculum di tutto rispetto e illustri collaborazioni, da Muti a Thielemann.

Ripercorriamo alcuni dei tuoi più importanti impegni di questi ultimi mesi: a fine marzo hai interpretato Lola in Cavalleria rusticana a Salisburgo, cosa ci puoi raccontare del lavoro con il Christian Thielemann e il tuo primo incontro con il repertorio verista?

Mi sono trovata benissimo con il maestro Thielemann. Il suo approccio al verismo è molto scrupoloso ma nonostante questo ha concesso agli interpreti, pur nel rigore, la possibilità di esprimersi e di personalizzare il loro canto.
Lola come tessitura è un vero mezzosoprano e credo che sia un ruolo perfetto per un primo approccio al linguaggio verista che, bisogna pur dire, comunque fa parte del DNA di un cantante italiano.
Non è stata la tua prima esperienza a Salisburgo. Come ti trovi in quell'ambiente e quali differenze puoi riscontrare rispetto al lavoro nelle istituzioni italiane?
Lavorare a Salisburgo è meraviglioso, si respira musica nell’aria, c’è un’atmosfera davvero bellissima sia dentro al teatro che fuori.
Riguardo alle differenze tra teatri italiani e stranieri c’è da dire che naturalmente la crisi in Italia ha colpito soprattutto il teatro e quindi raramente si vedono grandi allestimenti maestosi, mentre si cerca di ottimizzare i costi. Nonostante questo, però, la tradizione italiana supplisce alla crisi e alla carenze dei mezzi tecnici ed economici di oggi. Il teatro è fatto da persone e quando si incontrano persone che amano questo lavoro, che lo fanno con passione e rispetto le differenze non si avvertono.

Il tuo debutto a Salisburgo è avvenuto con il Cherubino dei Due Figaro di Mercadante sotto la direzione di Riccardo Muti. Oggi canti abitualmente il Cherubino mozartiano: quali sono le differenze che riscontri, ed eventualmente gli stimoli di approfondimento musicale e psicologico, fra queste due versioni dello stesso personaggio?

Serbo un bellissimo ricordo di quella esperienza, è stato il mio vero debutto in un ruolo importante, in un teatro importante e con un maestro Importante. In questo contesto ho imparato davvero moltissimo! Certo, interpretare il Cherubino di Mercadante ha influenzato il mio Cherubino mozartiano e viceversa. Quello di Mozart è un Cherubino più giovane, un adolescente inesperto che si innamora di tutte le donne, ma che parla d’amore un po’ con la testa tra le nuvole; quello di Mercadante è un Cherubino adulto, più maturo che diventa colonnello, non è più un “farfallone amoroso” ma, anche in amore, sa chi scegliere: Ines, la figlia del conte e della contessa, e lotta con tutte le sue forze per averla in sposa. Anche dal punto di vista vocale c’è differenza tra i due personaggi: Mozart segue il suo consueto stile che delinea un Cherubino indimenticabile, mentre in Mercadante il ruolo riflette stili diversi: è rossiniano nella prima aria “ Un gentile colonnello” e belliniano nella romantica scena dell’aria della luna. Proprio queste differenze mi aiutano a delineare e caratterizzare meglio i due Cherubini!

E come ti trovi quando, come in questo caso, interpreti un titolo raro o addirittura una prima assoluta in tempi moderni, con la possibilità (e la responsabilità)di ricreare un'opera dopo anni di oblio ma anche il rischio di non poterla riprendere in futuro?

Trovo che sia una bellissima occasione perché non si è influenzati da tradizioni, da letture precedenti, non si è condizionati da altre visioni e interpretazione, ma sei tu stesso che dipingi il personaggio che interpreti su una tela completamente bianca e puoi disegnarlo sbizzarrendo la tua creatività. E’ un lavoro meraviglioso, incondizionato ed esclusivamente tuo. Nel caso dei Due Figaro siamo stati molto fortunati perché abbiamo avuto l’occasione di riprenderlo in ben quattro teatri, a Salisburgo, Ravenna Madrid, Buenos Aires. Certo, a volte si studia una ruolo per poterlo interpretare magari una volta sola, ma credo che ne valga comunque sempre la pena. Se dovesse ricapitare l’occasione di cantare un titolo raro lo accetterei molto volentieri.

Dopo Salisburgo, sei stata Rosina a Verona.

Rosina è un personaggio che amo moltissimo. Dal punto di vista vocale è molto comodo per me e inoltre mi piace per il suo carattere. Rosina può tranquillamente essere una ragazza di oggi, è un personaggio molto attuale: una giovane alla ricerca delle propria identità, della propria libertà e soprattutto dell’amore. Mi diverto a interpretare le varie sfaccettature della sua personalità: dolce e sognatrice con Lindoro, complice e determinata con Figaro, ribelle e furba con Bartolo!

Cherubino e Rosina, ruoli en travesti e assolutamente femminili. A Verona, prima del Barbiere al Filarmonico [leggi la recensione] sei stata Stéphano in Roméo et Juliette all'Arena [leggi la recensione]. Ci parli un po' di queste esperienze sia in panni sia in spazi decisamente diversi?

Mi piacciono molto sia i ruoli en travesti sia i ruoli femminili: cerco sempre di scavare a fondo nel personaggio che devo interpretare per farlo diventare il più possibile mio. Trovo che questa sia la chiave che rende speciale ogni interprete. Ecco perché mi trovo a mio agio in ogni ruolo che affronto. Penso sia una gran fortuna di volta in volta poter vestire panni diversi e anche poter cantare in luoghi diversi, lo considero molto stimolante. Cantare all’Arena di Verona è stata un’emozione indescrivibile, un’atmosfera molto affascinante, unica, così come cantare al teatro Filarmonico; ovviamente, poi, a livello vocale in uno spazio chiuso e più piccolo puoi ricercare maggiori raffinatezze espressive, giocare maggiormente con i colori e con i piani.

E per quanto riguarda il repertorio? Quale senti a te più congeniale, anche per il futuro?

Affronto con grande responsabilità e attenzione il repertorio del belcanto che fa parte della mia formazione ma adoro e ho una certa predisposizione anche per il fraseggio francese.

I ruoli che ami di più, sia fra quelli che hai già cantato sia eventuali nuovi obiettivi?

E’ difficile scegliere perché cerco di fare mio il più possibile ogni personaggio che interpreto, comunque se dovessi citarne alcuni in questo momento direi tre personaggi molto diversi tra loro ma nei quelli posso esprimere parti di me sia dal punto di vista vocale che interpretativo: Adalgisa, Rosina e Carmen. L’obiettivo che mi pongo per il futuro è semplicemente quello di poter andare avanti così perché finora sono stata molto fortunata e ho potuto fare un bel percorso nel rispetto della mia vocalità, spero di poter andare avanti così e sempre meglio.
Desidero un giorno poter interpretare  Charlotte nel Werther, Romeo nei Capuleti e i Montecchi e una bella Margherite nella Damnation de Faust. Vedremo cosa mi riserva il futuro.

Intanto, dopo Il barbiere a Verona hai interpretato ancora una volta un ragazzo adolescente o poco meno, ma questa volta in un titolo tedesco: Hansel und Gretel al Teatro Regio di Torino. Ora sta per arrivare il debutto alla Scala. Altri impegni imminenti?

Dopo Emilia nell'Otello di Rossini al Teatro alla Scala di Milano, sarò Suzuky in Madama Butterfly all'Opéra National di Parigi, e Ascanio in Benvenuto Cellini al Liceu di Barcellona.

Come giovane cantante, quali sono i consigli che potresti dare ai tuoi colleghi che si affacciano a questa carriera splendida e difficile?

Non c’è una ricetta perché l’andamento di una carriera varia da persona a persona, varia a seconda di tante componenti anche indipendenti dalla nostra volontà. Però se dovessi dire quali sono gli ingredienti essenziali li riassumerei così: passione, studio, costanza, determinazione.
Come ultimo ingrediente anche un pizzico di fortuna!!!

E il rapporto con il passato per un cantante della tua generazione qual è?

Si può guardare al passato solo con grande ammirazione, se l’opera oggi esiste è anche grazie ai grandi interpreti che ci hanno preceduti. Ci è stata consegnata una grandissima e preziosa eredità che abbiamo l’onore e l’onere di portare avanti nel miglior modo possibile per a nostra volta poterla trasmettere a coloro che verranno dopo di noi. Ci hanno insegnato il profondo rispetto per questa forma d’arte che è l’opera. Penso che si debba avere questa mentalità, cercare di cogliere dai grandi artisti di ieri e di oggi tutto ciò che di positivo possono offrirci, farlo nostro per poi trovare qualcosa che ci contraddistingue. Far tesoro delle nostre peculiarità, delle qualità che ci contraddistinguono.
Una carriera al giorno d’oggi è indubbiamente diversa rispetto al passato, perché il contesto storico ed economico  non è più lo stesso. Il mondo dell’opera è cambiato perché la società stessa è cambiata. Anche la crisi economica ha influenzato le produzioni in diversi teatri che non si possono più permettere costosi e maestosi allestimenti scenici…Purtroppo ancora oggi si pensa che l’opera sia destinata a un pubblico d’élite, e non si è ancora riusciti ad avvicinare il grande pubblico, soprattutto fatto di giovani, perché? Semplicemente perché non la si conosce! La scuola dovrebbe aiutare in questo, ma purtroppo non è così e la musica rimane la cenerentola delle materie scolastiche e non le viene attribuito l’immenso valore che invece possiede.  
L’opera ha molto da dire perché i messaggi che ci vengono trasmessi sono universali, anche ciò che è stato scritto nel Settecento resta attualissimo! Credo e spero che l’evoluzione che avrà nei prossimi anni saprà avvicinare i giovani al teatro, magari con allestimenti più accattivanti, contemporanei. La chiave di tutto è la conoscenza, perché chi la conosce la ama

“Chi dice che l'opera è noiosa non ne ha mai vista una!” è anche la felice battuta che pronuncia Pippo in una bella storia di Francesco Artibani pubblicata da Topolino qualche mese fa! Una grande verità. Tornando a noi, il tuo personale bagaglio di conoscenze ed esperienze nel mondo dell'opera come si è evoluto? Indicheresti delle tappe fondamentali?

Ogni tappa è stata importante perché ogni produzione mi ha dato qualcosa, mi ha arricchita e mi ha fatta maturare, mi ha permesso di mettere di volta in volta qualcosa in più nel mio bagaglio e portarlo con me, c’ è ancora tanto spazio da riempire e sono consapevole che non si riempirà mai completamente perché non si finisce mai di imparare e di scoprire cose nuove. E’ un percorso, un cammino in cui ogni passo per me è fondamentale. Se comunque dovessi sottolineare le tappe fondamentali di questa mia esperienza, penserei ai debutti nei vari ruoli.

Fra pochi giorni debutterai alla Scala: chiudiamo con un pensiero prima della prima. Come ti stai preparando?

La Scala ha una grande storia alle spalle che la rende così speciale non solo in Italia ma in tutto il mondo! Indubbiamente arrivare a cantare in questo teatro è una meta molto ambita perché questo palcoscenico è stato calcato dai più gradi artisti che hanno segnato la storia dell’Opera. Questo debutto sarà sicuramente emozionante e indimenticabile. Mi sto preparando come sempre, cercando di studiare il meglio possibile la parte: da un punto di vista sia vocale che interpretativo. Cercherò come sempre di esprimermi al massimo: in un teatro o nell’altro l’impegno è sempre lo stesso. Quando lavoro, indipendentemente dal teatro in cui mi trovo, cerco sempre di dimostrare il massimo rispetto per l’arte e per il pubblico presente.