Entusiasmo, con i piedi per terra

di Andrea R. G. Pedrotti

 Stagione 2014/15 al Filarmonico di Verona

Nelle stanze della Fondazione Lirica Arena di Verona, incontriamo il direttore artistico Paolo Gavazzeni. Classe 1969; in carica dal 2012, nel corso d'una lunga chiacchierata, ci racconta le idee e i progetti sia per il festival estivo, sia per la stagione invernale d'opera e balletto del Filarmonico e del da poco riaperto Teatro Ristori.

Maestro Gavazzeni, lei ha una formazione musicale, ma anche una laurea in legge, terminata con una tesi sulla gestione delle masse artistiche, esattamente ciò di cui si occupava al Teatro alla Scala di Milano.
Inizialmente, sì. La mia tesi si occupava di quello che, all'epoca, era il rapporto fra gli enti lirici e le masse artistiche. Nel 1996 gli enti si sono trasformati in Fondazioni di diritto privato, ma poco è cambiato, infatti i rapporti si basano sul contratto di lavoro collettivo nazionale.
Alla Scala sono stato prima responsabile dell'orchestra e affiancavo l'ufficio del personale dalla direzione artistica in tutte le vertenze sindacali e per tutte le problematiche che scaturivano dall'attività quotidiana del teatro, a proposito di rivendicazioni particolari non specificatamente previste dal contratto. Successivamente sono diventato responsabile dell'attività quotidiana del teatro, ruolo che mi ha dato l'opportunità di lavorare accanto a tutti i dirigenti, dal direttore di produzione, fino al sovrintendente per quel che riguarda la stesura delle stagioni; davo il mio contributo alle riunioni artistiche, per quanto riguarda la scelta dei titoli e l'individuazione dei direttori d'orchestra.

Un'esperienza molto utile per lei.
Non ero mai stato direttore artistico, ma avevo visto da vicino il lavoro del direttore artistico nei 7 anni in cui ho lavorato con Stéphan Lissner. Grazie a questo bagaglio di esperienze ho potuto accettare questo incarico di così grande responsabilità all'Arena di Verona.

Alla Scala di Milano ha avuto modo di lavorare con grandi direttori.
In dodici anni di Scala sono stato a contatto con Riccardo Muti prima e Daniel Baremboim dopo. Ho avuto il privilegio, il piacere e l'onore di incontrare il panorama internazionale di tutti i direttori, giovani, meno giovani, affermati e talenti emergenti. Ho lavorato con Gustavo Dudamel al suo debutto alla Scala, con Daniel Harding, oltre a Daniele Gatti, Riccardo Chailly, Nicola Luisotti. Li ho incontrati quasi tutti.

Con questa esperienza è giunto, quindi, alla Fondazione lirica Arena di Verona, che ha una componente, non meno importante, nel teatro Filarmonico.
Assolutamente: c'è stato un grande impegno da parte della Fondazione, del Sovrintendente e del sottoscritto nel cercare di avvicinare pubblico al teatro Filarmonico, nonostante un periodo sicuramente non facile per nessuno dal punto di vista economico, ma credo che in questi momenti sia importante avere delle idee, cercare di portare a termine dei progetti e coinvolgere in essi altre fondazioni. Le nuove produzioni della stagione di quest'anno, saranno tutte coproduzioni; per esempio Il barbiere di Siviglia con Firenze e con Maribor, anche per Cavalleria rusticana, che cominciava come un progetto nostro, stiamo coinvolgendo altre istituzioni, non solo italiane. Così sarà anche per Die Zauberflöte. Vogliamo essere capofila di un progetto, consapevoli che da soli non si può fare molta strada.

Anche Lucia di Lammermoor sarà la produzione di Catania.
Bisogna sostenersi, dandosi una mano. Si deve dimostrare ai veronesi che in città hanno un bellissimo teatro che funziona e che sa esportare il proprio prodotto. Purtroppo l'Arena, per struttura, non si presta a questo.

Sia nella stagione del Filarmonico, sia in quella dell'Arena abbiamo assistito all'unione di cantanti affermati e di giovani artisti emergenti, comunque già pronti. Vi è del coraggio in questo.
E' necessario far quadrare il bilancio, l'arte e la qualità. Per quel che riguarda l'Arena, su alcuni ruoli, è possibile investire e rischiare il giovane. L'importante è arrivare non tanto con una maturità artistica, quanto con una maturità vocale e di gestione dei propri mezzi, perché il rischio è quello di danneggiare il proprio strumento. Una persona, arrivando in Arena, potrebbe essere portata a spingere troppo la voce, davanti a uno spazio così ampio, mentre non si deve assolutamente cantare in maniera diversa da come si canta in un teatro al chiuso. Questo lo capisce chi ha già esperienza alle proprie spalle, conosce la sua voce e la sa dosare. Il rischio è di arrivare stravolti al termine della recita: l'umidità, la temperatura, tutti i fattori atmosferici influiscono sulla tenuta. Anche fra i camerini e la scena vi è un grande sbalzo di temperatura.

L'Arena è uno spazio molto particolare, uno dei pochissimi all'aperto dove si possa rappresentare un'opera.
L'Arena ha una suggestione particolare che non si può cogliere senza averla provata: è un luogo magico, non si può descrivere a parole ciò che si prova, assistendo a una rappresentazione lirica nell'anfiteatro veronese. L'acustica per le voci è più che buona, ne risente un po' l'orchestra. Interventi di anni e anni or sono hanno danneggiato l'acustica del golfo mistico. Mio nonno [il maestro Gianandrea Gavazzeni, ndr] mi raccontava che sul fondo della buca c'erano delle anfore a far da cassa armonica, ma poi è stato tutto quanto cementificato. Non sono soddisfatto dall'acustica della buca, il direttore deve fare un lavoro diverso concertando un'opera in Arena: alcune sfumature non verranno mai colte dall'orecchio di uno spettatore. Bisogna suonare “di pancia”, affondare il suono, senza cercare troppe raffinatezze, perché non è possibile cogliere la differenza fra un piano e un pianissimo. Ci sono dei disagi oggettivi e sono possibili piccoli incidenti di percorso.

Tornando alle maestranze, vorrei ricordare la continua crescita del coro areniano, capace di rendere magico ogni momento che lo veda impegnato, guidato da un grande musicista come Armando Tasso. Basti pensare alla splendida interpretazione del finale III del Roméo et Juliette.
Nel repertorio italiano il coro dell'Arena è uno dei migliori della nostra terra: il suono è talmente proprio, talmente italiano da aver pochi rivali. Lei citava il finale atto III del Roméo et Juliette, a me piace citare la scena del tempio di Aida, per il pianissimo perfettamente udibile che riescono a fare all'aperto e per l'amalgama delle voci, un suono compatto, scuro e penetrante. È veramente il raggiungimento di un livello molto alto, dato dalla pratica e dalla ricerca continua di un certo tipo di suono. Io chiedo sempre ai maestri del coro che si abbia un colore che venga “dalla tomba”: è un rito massonico, qualcosa di quasi sinistro. Tutto il pubblico è coinvolto.

L'Arena, infatti, ha dimostrato di essere un teatro serio, che punta sulla qualità, a differenza di quanto molti possano pensare.
Si fa un repertorio popolare, a cui non sono assolutamente contrario, anzi. Ogni teatro ha una proprio funzione e un proprio destino. L'Arena non può proporre qualcosa di nuovo, non si può sperimentare in un ambiente che si rivolge ogni sera a dodicimila spettatori, ma deve proporre l'opera popolare nel miglior modo possibile e al miglior livello artistico possibile, a partire dal direttorea, dal coro, dall'orchestra, fino, ovviamente, ai cantanti. Spesso mi dicono che nove spettatori su dieci non sanno chi stia cantando in quel momento, ma, dico io, sicuramente capiscono se colui che sta cantando è bravo o non è bravo. Quando c'è qualcuno che canta bene, lo riconoscono e gli tributano un successo degno delle sue capacità. L'artista può essere sconosciuto, ma è riconosciuto. Il pubblico dell'Arena è molto severo. Bisogna ricordare, inoltre, che molte persone vedono un'opera a Verona per la prima volta e la giusta qualità serve anche ad avvicinare il pubblico al repertorio lirico.

Un modo per fidelizzare il pubblico all'opera. Anche al Filarmonico è previsto un repertorio popolare per la stagione 2014\2015.
Per Lucia abbiamo abbiamo previsto due cast eccellenti, con il debutto di Irina Lungu e la presenza di Maria Grazia Schiavo, che ha già cantato il ruolo.

Abbiamo trovato estremamente positiva anche la collaborazione con Verona Lirica per avvicinare il pubblico veronese all'opera,  con titoli estremamente conosciuti.
Sono assolutamente d'accordo con lei: è giusto fare un percorso, per far sì che il pubblico conosca anche altri grandissimi capolavori, che sicuramente apprezzerebbe. Come ho ripetuto più volte, un teatro ha una funzione sociale e aggregativa per il territorio su cui agisce; ogni teatro rappresenta il livello della società. Dicevano che la Maria Stuarda, comunque già rappresentata al Filarmonico, fosse un titolo sconosciuto, ma la risposta di pubblico è stata importante. Alcuni possono aver comprato il biglietto, giustamente, per ammirare Mariella Devia e Sonia Ganassi, ma ora si sono innamorati di questa musica sublime: il secondo atto è splendido dalla prima all'ultima nota. La forza drammaturgica di Maria Stuarda commuove, grazie a una tale verità che non può non arrivare al cuore delle persone, cosa che ha fatto.
È vero, faremo Lucia di Lammermoor, La traviata, ll barbiere di Siviglia, Cavalleria rusticana e Die Zauberflöte, cinque titoli molto popolari nella letteratura operistica. Lucia di Lammermoor deve essere rappresentata, a mio modesto parere, in maniera tradizionale e va resa al pubblico nella sua integrità. Da un punto di vista economico non potevamo avere due nuove produzioni vicine, vista La bohème di questi giorni; l'allestimento di Catania è molto fedele alla drammaturgia donizettiana, consentendo al pubblico di volare con la fantasia, partendo dal testo. La traviata sarà lo storico e bell'allestimento di Brockhaus. Cavalleria rusticana prevede un progetto che la verrà abbinata a El amor brujo di Manuel de Falla. El amor brujo si svolge di notte, mentre Cavalleria rusticana comincia all'alba, quindi noi vorremmo fare dello spettacolo un tutt'uno.

Lo spettacolo sarà ambientato nella valle dei templi, come ha anticipato in conferenza stampa.
Sì la regia sarà del nostro direttore del corpo di ballo e coreografo, Renato Zanella, che è anche regista di teatro e ha al suo attivo molti allestimenti d'opera lirica. Tutto lo spettacolo verrà coreografato e i personaggi di Cavalleria rusticana saranno presenti anche in El amor brujo, con la medesima scenografia, tanto che vorrei che non vi fosse intervallo, in modo che il balletto confluisca nell'opera. È un progetto a cui credo molto. Un modo per avvicinare gli appassionati di lirica alla danza e viceversa.

Considerando anche che Verona ha la fortuna di avere a disposizione un corpo di ballo di ottima qualità. Restando sul balletto, è bene ricordare che ora è partita una tournée della Medea, vista questa estate al Teatro Romano.
Bellissima produzione di Zanella, andata in scena a Trento, con una forza drammatica e musica sublime di Teodorakis, aumentata dal coreografo fino a giungere all'autentica tragedia greca. Un'ora e mezza che passa in un attimo.

C'è un'idea di ampliamento per il corpo di ballo?
Amo molto la danza, sono una persona entusiasta, ottimista, ma con i piedi per terra. Mi sono sempre interessato a questo mondo per la crudeltà che lo caratterizza. Oltre al sacrificio fisico, bisogna pensare che ogni ballerino entra in un corpo di ballo come ballerino di fila. Ogni danzatore si forma e forma il suo fisico facendo ruoli da solista. Se si ha talento si avrà la possibilità di interpretare ruoli da étoile soltanto se qualcuno si fa male, dopo che il direttore del corpo di ballo, che aveva intuito le sue capacità, fa studiare il ruolo al ballerino di fila, come copertura. Sembra una sciocchezza, ma nella testa di un ballerino è fin da bambino presente il pensiero che lui danzerà solamente se si farà male qualcun altro e che quando si farà male lui, un altro sarà pronto a prendere il suo posto. È una situazione molto difficile da gestire psicologicamente, in Italia come all'estero, perché hanno molto meno mercato, rispetto ai cantanti d'opera; è, altresì, molto interessante vedere come riescano a reggere tutto questo. Senza scordare la dedizione per la formazione del proprio fisico nei primi anni di vita, che non consente di avere attività parallele, dovendo trascorrere in sala prove dalle cinque alle sei ore e a trentatré anni si sarà vecchi. Forse io non sarò più qui, ma spero che negli anni si possa ampliare il corpo si ballo, per affrontare il grande repertorio classico. Ora noi abbiamo principalmente primi ballerini, ballerini solisti e pochissimi ballerini di fila: dovremmo avere almeno cinquanta, sessanta ballerini di fila, ma ci vorrà molto tempo.

In cartellone al Filarmonico c'è anche Il barbiere di Siviglia, che vedremo anche questa estate, ma in una produzione completamente diversa.
Sarà mirato a un pubblico di bambini, un cartone animato con cui interagiranno gli interpreti. Il tutto godibile anche per un pubblico adulto, ma che può essere pretesto per avvicinare i bambini all'opera, con cantanti di alto livello.

Infine si chiuderà con Die Zauberflöte.
Sì con un cast molto interessante, con un'unica compagnia, ad eccezione della Regina della notte - Sofia Mchedlishvili in cui ripongo molta fiducia-, perché, nel malaugurato caso accada qualcosa, preferisco dormire sonni tranquilli.

Titoli di repertorio anche all'Arena di Verona...
Esatto, ma attendiamo le comunicazioni ufficiali.

Progetti eventuali per la Fondazione?
Come ho già detto il momento è difficile per tutti e i teatri sono alla ricerca di un pubblico nuovo; quest'anno riusciremo a fare delle promozioni sui biglietti, offrendo posti in platea a 15 euro. Ci tengo molto, ma non voglio venga percepita come una svendita, bensì come un'opportunità. Le famiglie, di questi tempi, hanno grandi difficoltà economiche e ci sembra giusto consentire di venire all'opera a prezzi scontati. Non ha senso tenere una poltrona vuota. Ci sono le punte di diamante, ma siamo tutti dipendenti del teatro e ognuno ne è una componente: anche un cantante come Domingo ha bisogno di coro orchestra e di tutte le altre maestranze.

Grazie per la disponibilità, la seguiremo con altrettanta passione.

foto Ennevi