L'espressione nel tempo

di Roberta Pedrotti

Il Teatro Coccia di Novara risponde al blocco dell'attività imposto dall'emergenza sanitaria con un'opera nata appositamente per le piattaforme online. Abbiamo chiesto agli interpreti e agli artefici di raccontarcela. Ecco le parole di Marco Taralli, compositore e coordinatore del gruppo di musicisti incaricati di scrivere la musica di Alienati.

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Nella conferenza stampa hai raccontato come, dalla prima idea di quest'opera “interattiva” sia emersa subito anche l'esigenza pratica di collaborare con altri colleghi. Come vi coordinate?

Cercherete una sorta di omogeneità stilistica o, viceversa, lascerete libero sfogo a linguaggi diversi?

In realtà la cosa è stata abbastanza semplice, l’incontro che ha richiesto il tempo più lungo è stato il primo, nel quale abbiamo analizzato insieme la struttura dell’opera, ci siamo ripartiti le scene e ci siamo dati delle direttive di massima sulla caratterizzazione di personaggi e situazioni, poi la cosa è filata via liscia e senza intoppi, fra di noi siamo stati subito molto affiatati. Ogni compositore è stato poi assolutamente libero di esprimersi con il proprio linguaggio, questo è stato il nostro “must” di partenza assolutamente condiviso fra tutti.

Che sfide pone per il compositore questa drammaturgia aperta, per blocchi mobili e riassemblabili in storie diverse?

Credo che la sfida sia quella di sempre, ogni volta che mi metto a lavorare ad una nuova partitura cerco sempre di pormi nella felice condizione di colui che è chiamato ad esplorare nuovi percorsi e ad aprire nuove vie. Stavolta l’esplorazione era ancora più ricca! Musicale, formale, linguistica, tecnica… c’è stato di che divertirsi!!!

Nella conferenza stampa si è parlato anche di un artigianato compositivo antico. Viene in mente il vero significato dell'abusata citazione di Verdi “torniamo all'antico e sarà un progresso”: la storia, la memoria, le competenze del passato servono per costruire il futuro. E' anche questa la filosofia del vostro lavoro?

Credo che l’artigianato compositivo non sia nè antico, né moderno, semplicemente è la padronanza e il controllo di quelle nozioni tecniche indispensabili a potersi poi esprimere con libertà. Conosco la citazione di Verdi, ho avuto anche modo di leggere il tuo articolo di tempo fa a riguardo, e sono d’accordo nel dire come spesso dietro certe affermazioni, soprattutto se estrapolate da un discorso più ampio, creino inevitabilmente malintesi. Come ben sai oggi l’aggettivo “Contemporaneo” soprattutto quando accostato al sostantivo “Musica” è diventato indicativo di una determinata categoria estetica, ma per me contemporaneo è sempre stato un aggettivo.

Nessun direttore, se ho ben capito: il compositore lavora direttamente sulle basi e con i cantanti. Anche questo sembra un retaggio antico del compositore al cembalo alla prima! Come realizzate la parte strumentale e come lavorate con la voce?

Probabilmente l’esperimento, nonostante l’ausilio dei mezzi tecnologici del nostro tempo, senza i quali il prodotto era assolutamente irrealizzabile in queste condizioni, è molto più vicino al modo di lavorare “antico” di quanto si possa immaginare: l’autore parla con il cantante, poi scrive una prima bozza, la manda al cantante – o ai cantanti, visto che molte volte le scene sono dei duetti – i cantanti la studiano, poi ci si risente, si parla, l’autore “aggiusta” la partitura addosso agli interpreti proprio come un sarto farebbe con un vestito e contemporaneamente gli interpreti studiano la resa del personaggio secondo quanto si è insieme stabilito – ovviamente con la partecipazione indispensabile dei librettisti e del regista – e fino qui nulla di nuovo, tutto secondo la nostra bellissima tradizione, ma a questo punto inizia l’avventura verso l’ignoto: gli interpreti registrano la propria voce su una base “fittizia” realizzata in emulazione elettronica, ovviamente sotto il controllo del tecnico del suono che verifica che la “presa del suono” si fatta adeguatamente. Registrate le voci il prodotto viene reinviato agli autori, a questo punto possono esserci ulteriori confronti, modifiche, nuove registrazioni, e alla fine quando tutti sono soddisfatti della resa musicale si passa alla resa scenica. Non è stato affatto facile, anche perché questo è un esperimento davvero mai tentato, pensa solo al fatto che i cantanti si sono registrati DA SOLI! Con l’aiuto di un familiare magari, ma regolandosi il microfono da soli, stando attenti che il suono non “distorcesse” , ed effettuando la registrazione magari nel salotto di casa, mica in una cabina insonorizzata di uno studio! Con il rischio che se arriva l’operaio del comune a tagliare l’erba per la strada – è successo - o se arriva una grandinata – è successo anche questo - devi interrompere il lavoro e ricominciare da capo! E nessuno di noi ha competenze professionali di fonica o di informatica, ci siamo attrezzati tutti più o meno allo stesso modo, ci siamo scambiati idee, software e microfoni e l’avventura ha avuto inizio. Difficile, faticosa, con telefonate alla ricerca di consigli, computer che vanno in crash e software che non si sa far funzionare bene, ma assolutamente unica e meravigliosa. Posso dire che si è creata una vera “Compagnia”, probabilmente con il valore che nel passato questa parola aveva rispetto a quello che ha oggi, una compagnia unita, affiatata e coesa, ma restando ognuno a casa propria!. Va da se che un cast di interpreti di lusso come quelli con i quali abbiamo lavorato noi ha reso il tutto assolutamente meraviglioso, oltre che molto divertente!!!

Centocinquant'anni fa, in Francia, debuttava il Theatrophone (che non piaceva a Verdi, ma aveva Proust fra i suoi abbonati), nel secolo scorso si sono scritte opere espressamente per la radio o la televisione. L'opera è spesso vista come qualcosa che appartiene a un mondo passato, eppure ha sempre avuto un rapporto strettissimo con la tecnologia. Da compositore come vedi oggi questo rapporto fra artigianato e innovazione, fra reale e virtuale?

Con grande interesse e con grande curiosità, ti ribadisco quello che io penso in merito all’artigianato, in merito all’innovazione penso che questa non vada assolutamente “ricercata”, ciò che un artista deve cercare è la sincerità nell’esprimere la propria anima attraverso il tempo nel quale essa vive e respira, non ha importanza se vivi in un’epoca in cui comunichi con un click con tutto il mondo o se vivi in epoca in cui per comunicare devi scrivere con penna d’oca e calamaio e affidare la tua missiva al servizio postale a cavallo. Ma posso anche affermare con certezza che il “reale” non potrà mai essere sostituito. Si potranno certamente creare nuovi linguaggi, nuove piattaforme che avranno modalità di fruizione diverse, dal ormai mitico Teatrophone all’Opera Smart Working passando per le opere televisive, radiofoniche a puntate (anche io molti anni fa ho fatto un’esperienza di opera radiofonica, esperienza assolutamente interessante che ripeterei volentieri) o per il web, ma saranno appunto prodotti DIVERSI. Essere in una platea, avvolto dal suono di un’orchestra in una buca di un Teatro italiano con l’energia trasmessa da artisti che stanno eseguendo dal vivo un’opera lirica o un lavoro sinfonico è una cosa che non potrà davvero mai essere sostituita.