Hindemith inaugura il Maggio Musicale

Cardillac

di Paul Hindemith

Maestro concertatore e direttore Fabio Luisi

Regia Valerio Binasco

Festival del Maggio Fiorentino - LXXXI Maggio Musicale

Teatro del Maggio

Sabato 5 maggio 2018, ore 19 / Inaugurazione del Festival

Mercoledì 9 maggio, ore 20

Sabato 12 maggio, ore 15.30

Martedì 15 maggio, ore 20

È Cardillac, l'opera di Paul Hindemith datata 1926, ad inaugurare il 5 maggio l'81ª edizione del Festival del Maggio Musicale. Un'occasione speciale, che segna il debutto come direttore musicale di Fabio Luisi sul podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio e che vede alla sua prima prova come regista di opera lirica Valerio Binasco.

L'opera, che verrà replicata mercoledì 9 (alle 20), sabato 12 (alle 15:30) e martedì 15 maggio (alle 20) fu composta da Hindemith in circa otto mesi tra l’ottobre 1925 e il maggio 1926. Cardillac, dopo tre atti unici, è la prima opera del compositore di dimensioni maggiori. Oltre un secolo separa quest’opera, che ebbe subito successo e ampia diffusione in Germania fino al 1933, dal racconto di Hoffmann cui liberamente si ispira il libretto di Ferdinand Lion, Das Fräulein von Scuderi (La signorina di Scudéry), pubblicato per la prima volta nel 1819. La scelta del soggetto, nato dalla fantasia di un protagonista del Romanticismo, poteva apparire “inattuale” nella Germania degli anni Venti, ma si legava ad un tema per Hindemith essenziale, la figura dell’artista nel suo rapporto con la società. Al centro della vicenda è René Cardillac, un orefice di prodigiosa bravura, interamente dedito alla sua arte a prezzo di una completa solitudine e dell’esclusione da ogni altro affetto.

“La libertà creativa dell’artista nel rapporto con la sua opera e con l’epoca in cui vive, e dunque con il senso di responsabilità nei riguardi della sua società, la necessità di essere liberi e la riflessione sulle circostanze che le si oppongono e sulle dialettiche che ne conseguono, sono tra i motivi ispiratori del LXXXI Festival del Maggio Musicale Fiorentino – spiega il sovrintendente Cristiano Chiarot -. In una situazione creata da un regime di globalizzazione della comunicazione e della espressione in generale, ci è parso importante soffermarci su questo rapporto di libertà che riguarda l’artista come le scelte di chi è il fruitore di questa espressione, e dunque individuare e proporre temi e opere che sembrano affermarne l’aspirazione o anche metterla in discussione. Da quest’ottica è l’individuazione del titolo del Festival “Dialoghi ai confini della libertà” e la scelta di inaugurare con Cardillac, dove queste tematiche si intrecciano sia nella vicenda stessa che nella storia del suo compositore Hindemith”.


L'opera in breve

Dopo l’esperienza del trittico espressionista - gli atti unici Mörder, Hoffnung der Frauen, Das Nusch-Nuschi e Sancta Susanna - Hindemith si cimenta con un’opera teatrale di dimensioni maggiori, Cardillac,che debutta al Sächsisches Staatstheater di Dresda il 9 novembre del 1926.La fonte letteraria è Das Fräulein von Scuderi, un racconto in stile gotico della raccolta I fratelli di Serapione di E.T.A Hoffmann. Paul Hindemith e il letterato Ferdinand Lion operano una riduzione librettistica che riassume all’essenziale la vicenda noir di Hoffmann facendo di Henri Cardillac, orafo dall’animo nero e tormentato, l’assoluto protagonista dell’opera. All’epoca di Luigi XIV Parigi è sconvolta da una serie di misteriosi omicidi, ne è autore l’artigiano eponimo, ossessionato da un legame morboso e letale con i suoi manufatti tanto da arrivare a uccidere i clienti ai quali ha venduto i suoi gioielli per poterne rientrare in possesso. Per lui i propri monili non sono semplici oggetti da ostentare in pubblico, ma opere d’arte assoluta. Incapace di accettare la funzione sociale della creazione artistica, Cardillac diventa l’emblema dell’artista in eterno conflitto con la realtà che si autocondanna all’emarginazione e alla follia. Al carattere irrazionale dell’intera vicenda e all’ossessione malata del protagonista corrisponde tuttavia una scrittura musicale rigorosa, razionale, priva di coinvolgimento emotivo, che si allontana da un’esplicita rappresentazione affettiva attraverso un processo di astrazione e stilizzazione. In Cardillac Hindemith si avvale di tutte le forme della tradizione strumentale e operistica per organizzare strutture musicali autosufficienti rispetto allo sviluppo dell’azione. Sceglie quindi di articolare l’opera in diciotto numeri (arie, duetti, quartetti, concertati, cori) distribuiti in tre atti senza soluzione di continuità, dove adotta numerosi stilemi neobarocchi: scrittura contrappuntistica (fugati, canoni e la complessa passacaglia finale), forme chiuse, e un colore orchestrale cameristico che vede l’impiego di singoli strumenti con funzione concertante, come ad esempio il sax tenore, alter ego timbrico ossessivo della figura di Cardillac.

Privilegiato e vero interlocutore del protagonista è il coro, voce della collettività a cui le opere d’arte dell’orefice sarebbero destinate. Le due importanti scene corali in apertura e chiusura dell’opera evidenziano infatti il rapporto di ambigua sudditanza psicologica del popolo nei confronti di Cardillac, che, nonostante tutto e anche dopo la sua uccisione, rimane nell’immaginario collettivo l’artista supremo, artefice di opere immortali.


CARDILLAC

Opera in tre atti (quattro quadri) di Ferdinand Lion Musica di Paul Hindemith

Editore proprietario Schott, Mainz Rappresentante per l’Italia Edizioni Suvini Zerboni / Sugarmusic SPA, Milano

Nuovo allestimento

Versione 1926

Maestro concertatore e direttore Fabio Luisi

Regia Valerio Binasco

Scene Guido Fiorato

Costumi Gianluca Falaschi

Luci Pasquale Mari

Cardillac Martin Gantner

Die Tochter Gun-Brit Barkmin

Der Offizier Ferdinand von Bothmer

Der Goldhändler Pavel Kudinov

Der Kavalier Johannes Chum

Die Dame Jennifer Larmore

Der Führer der “Prévôté” Adriano Gramigni

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro del Coro Lorenzo Fratini


Fabio Luisi

Nato a Genova, attualmente Direttore stabile (General Music Director) al Teatro dell’Opera di Zurigo e Direttore Principale della Danish National Symphony Orchestra di Copenaghen, è il Direttore Musicale del Maggio Musicale Fiorentino dall’aprile 2018. Dal 2011 al 2017 è stato Direttore Principale del Metropolitan Opera House di New York, nonché Direttore Principale dei Wiener Symphoniker (2005-2013), della Staatskapelle di Dresda (2007- 2010), dell’Orchestre de la Suisse Romande a Ginevra (1997-2002), dell’Orchestra del Mitteldeutscher Rundfunk di Lipsia (1999-2007) e dei Tonkünstler di Vienna (1995-2000). Dal 2015 è Direttore Musicale del Festival della Valle d’Itria a Martina Franca, un Festival al quale è stato legato fin dagli inizi della sua carriera. Dirige stabilmente nei maggiori Teatri d’opera del mondo (Teatro alla Scala di Milano, Covent Garden di Londra, Opéra di Parigi, Liceu di Barcellona, Bayerische Staatsoper di Monaco, Lyric Opera di Chicago) ed è ospite delle migliori orchestre (fra cui, Cleveland Orchestra, Philadelphia Orchestra, San Francisco Symphony, Concertgebouw Orkest, London Symphony Orchestra, Wiener Philharmoniker, Filarmonica della Scala, NHK Orchestra Tokyo). Ha al suo attivo numerose registrazioni, fra cui l’integrale delle Sinfonie di Robert Schumann, di Arthur Honegger e di Franz Schmidt, poemi sinfonici di Richard Strauss, opere di Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Strauss, Wagner e Berg. Per il DVD di Siegfried e Götterdämmerung con i complessi del Metropolitan di New York ha vinto un Grammy Award e ha ricevuto numerose onoreficenze, fra le quali il premio Abbiati, l’Anello d’oro dedicato ad Anton Bruckner dei Wiener Symphoniker, il Grifo d’Oro della città di Genova, la Laurea honoris causa dell’Università di San Bonaventure (Stati Uniti), l’Ordine della Repubblica Austriaca per Scienze ed Arti. È Cavaliere della Repubblica Italiana e Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia.

Valerio Binasco

Regista e attore piemontese, Direttore artistico del Teatro Stabile di Torino dal 1° gennaio 2018, è uno dei più affermati e premiati artisti della scena teatrale italiana. Nel corso della sua carriera ha realizzato un progetto artistico ben connotato e articolato in tre ambiti, nei quali ha coniugato la ricerca e il rigore con uno stile registico sempre capace di entrare in relazione con il pubblico: si è distinto infatti sia per la rilettura innovativa e originale dei grandi titoli del repertorio, sia per l’attenzione alla drammaturgia e ai temi della contemporaneità, sia infine per la formazione e la valorizzazione dei giovani talenti, come testimonia la sua vocazione didattica esercitata alla Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova, all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico di Roma, alla Scuola Civica Paolo Grassi di Milano e alla Scuola per attori dello Stabile di Torino. In qualità di regista, da molte stagioni viene regolarmente invitato a produrre o viene ospitato dai maggiori teatri stabili pubblici e privati italiani e dai più importanti festival. Valerio Binasco si è formato alla Scuola di recitazione dello Stabile di Genova dove si è diplomato nel 1988 e dove ha debuttato come attore. Ha firmato regie per i maggiori teatri di prosa italiani, fra cui lo Stabile di Roma, lo Stabile di Parma, lo Stabile di Firenze, il Festival D’Automne di Parigi e il Festival di Gibellina, lo Stabile di Genova, il Teatro Eliseo di Roma, il Teatro della Tosse di Genova, la Fondazione Teatro Due di Parma e il Metastasio di Prato. Come attore è stato Calin Negro contro cani di Kòltes, regia di Giampiero Solari e Polinice in Edipo a Colono di Sofocle, diretto da Mario Martone per lo Stabile di Roma. Nel 2012 ha fondato la Popular Shakespeare Kompany, compagnia indipendente impegnata, al Teatro Romano di Verona e in collaborazione con lo Stabile di Prato, nella Tempesta di Shakespeare. Significativa è anche l’attività cinematografica, che ha visto Binasco recitare in vari film diretto da Gianluca Maria Tavarelli (Qui non è il paradiso, 2000 e Non prendere impegni stasera, 2006), Guido Chiesa (Lavorare con lentezza, 2004), Cristina Comencini (La bestia nel cuore, 2005), Fausto Paravidino (Texas, 2005), Ferzan Ozpetek (Un giorno perfetto, 2007), Mario Martone (Noi credevamo, 2009 e Il giovane favoloso, 2014), Alina Marazzi (Tutto parla di te, 2011) e Claudio Cupellini (Alaska, 2015), nonché firmare come regista Keawe (2005). Nel 2005 Binasco ha ricevuto la nomination ai Nastri d’Argento quale miglior attore protagonista nel film Lavorare con lentezza e nel 2016 ai David di Donatello quale migliore attore non protagonista nel film Alaska.


NOTE DI REGIA

di Valerio Binasco e João Carvalho Aboim


Paura e desiderio, amore e possesso, violenza e repressione, ossessione e crimine. Sono queste le passioni che dominano questo spettacolo, che le rappresenta “a sangue freddo” sia nelle situazioni intime che nelle loro conseguenze sociali. È una storia di misteriosi omicidi; un thriller, un’indagine su un crimine e un intreccio pieno di suspense. E soprattutto, uno strano triangolo fra Cardillac, sua Figlia e un Ufficiale.
Cardillac è un artista che vive completamente immerso nel suo lavoro, ma anche un uomo ossessivo e compulsivo, con un irrefrenabile e radicato bisogno di possesso. La sua creatività artistica, che travalica la sua percezione della realtà, è al servizio di un profondo desiderio di bellezza e perfezione nella creazione delle sue opere, ma egli è allo stesso tempo convinto di essere l’unico degno di apprezzarle come meritano. Il suo impulso ad essere il solo padrone delle sue creazioni è l’aspetto dominante della sua personalità, che lo condurrà presto ad uccidere i suoi clienti, al fine di riprendere possesso delle sue opere. Riesce a nascondere agli altri questo suo istinto per moltissimo tempo: chi progetta e compie questi assassinii seriali rimane spesso a lungo sconosciuto. Le sue opere d’arte sono ammirate da tutti, è considerato l’orefice più dotato di Parigi e pertanto è ritenuto da chiunque (come sovente accade agli artisti) innocente a priori. Le atroci conseguenze dei suoi crimini gettano la città in uno stato di isterica aggressività nata nella paura. Servirà un atto di amore per ribaltare questa situazione. Attraverso questo amore si avrà la risoluzione del mistero, ma non senza dolore e violenza.
Cardillac è morbosamente legato ai suoi gioielli più che alla sua stessa figlia, che vive sola con lui e lo aiuta nel lavoro, ignara dei suoi crimini. Sono molte le vittime in questa storia, ma nessuna con la continua sofferenza interiore della figlia di Cardillac, il cui amore per il padre è più grande della sua capacità di vedere e giudicare i comportamenti di quest’ultimo. Essa deve lasciarlo per vivere la sua vita con il suo innamorato, ma al contempo non sembra riuscire a vivere senza suo padre.
L’amante della figlia, l’Ufficiale, è capace di intuire il rapporto morboso della sua amata col padre, ma da uomo da azione qual è, cerca di risolvere il nodo diventando l’antagonista ‘sentimentale’ di Cardillac, sostituendosi a lui nel cuore della figlia. Il suo amore per lei spezza le catene della prigione in cui ella si sente intrappolata, ma la rivalità tra questi due maschi dominanti porterà alla tragedia finale.
Un disgraziato Commerciante d’oro diventa un testimone dell’istinto omicida di Cardillac, ma alla fine è vittima della folla. Anche la folla in quest’opera è animata da un irresistibile desiderio di giustizia sommaria.
Il nostro spettacolo non è ambientato in una Parigi riconoscibile, ma in una città moderna qualsiasi.
L’opera inizia con uno dei crimini commessi dal protagonista, e subito vediamo la propensione comune alla violenza dopo che il terrore si è radicato nella folla e siamo testimoni di cosa la paura possa causare nei cittadini.
La relazione tra la paura della massa e le conseguenze che essa ha sulle strutture sociali della città è evidente quando la popolazione prova a cercare un capro espiatorio, per farsi giustizia da sola, con una inevitabile escalation di violenza.
Violenza possibilmente vissuta in maniera similare da Hindemith quando compose quest’opera nel 1926, immerso nell’aria di una Germania socialmente instabile, alle prese con le catastrofiche conseguenze della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e l’ascesa del nazismo.
Il rapporto fra il Comandante della prévôté, la polizia e la folla dipingono perfettamente questo scenario, mostrando la struttura sociale di un mondo industrializzato, che vive nel terrore e nella disperazione di una minaccia imminente.
La Dama e il Cavaliere ci offrono una “storia nella storia” nel primo atto e una solida motivazione per uno degli omicidi di Cardillac, dando un esempio di come essi avvengano e dei motivi che si celano dietro di essi.
Il punto cruciale di questa storia è riposto nelle domande che sorgono spontanee. Alcune sono le stesse che si pongono la Figlia e l’Ufficiale nel terzo atto.
Perché il desiderio di possesso di quest’uomo lo induce ad uccidere? Come possono essere connesse paura e desiderio? Come può la morte essere la molla che sta dietro le nostre fantasie e il desiderio di pericolo la forza che attira verso questi sentimenti?
Cardillac ci consegna un enorme materiale per riflettere su queste domande e ci lascia sospesi nell’oscurità dei misteriosi motivi psicologici che portano alla brutalità di questi crimini.

La bellezza dell’arte di Cardillac, in parallelo con la sua deviazione psicologica, lo rendono un killer unico, non quello che comunemente troviamo nella maggior parte dei thriller. Quest’uomo è un artista ed è riconosciuto e ammirato come tale, più di ogni altro suo collega. La sua dedizione alle sue opere d’arte fa nascere un’assoluta immersione nelle sue personali ossessioni. La ricerca della perfezione artistica lo distingue dal resto del mondo.
È possibile osservare Cardillac attraverso vari aspetti, non solo attraverso la lente d’ingrandimento di un investigatore o, nel tentativo di avvicinarsi biograficamente a Hindemith, attraverso la dicotomia tra l’artista incompreso e il suo inevitabile anacronismo sociale. Ma l’essenza di questa storia è quella di un thriller puro, dove amore, desiderio, ossessione, venerazione, paura e morte formano un cerchio che porta a conseguenze terribili.