Carmen inaugura l'estate areniana

CARMEN

di Georges Bizet

Arena di Verona

22 (Serata inaugurale), 29 giugno 2018 - ore 21.00

6, 11, 17, 21 luglio 2018 - ore 21.00

3, 9, 12, 22, 25, 28, 31 agosto 2018 - ore 20.45

Venerdì 22 giugno alle ore 21.00 un attesissimo nuovo allestimento della celeberrima Carmen di Bizet inaugurerà il 96° Opera Festival 2018 dell’Arena di Verona. La nuova produzione porta la prestigiosa firma di Hugo de Ana, regista, scenografo e costumista argentino di fama internazionale.

Dopo l’ultima storica edizione di Carmen, firmata da Franco Zeffirelli e proposta in Arena dal 1995, Hugo de Ana propone per il 2018 una lettura inedita dell’opera, consapevole della sfida che pone un titolo tanto caro alla storia e al pubblico del Festival. Il regista argentino vuole affrancare la Siviglia di Carmen dal cliché variopinto e folkloristico immaginato da molti artisti di fine Ottocento e dalla tradizione. Per andare al cuore delle passioni e del mondo gitano in cui la protagonista si muove, de Ana traspone la vicenda un secolo dopo rispetto al libretto, negli anni Trenta del Novecento, periodo storico significativo per sottolineare la ricerca incessante della protagonista verso la sua indipendenza e libertà, che la porterà come un torero nella Plaza de Toros, un’arena nell’Arena, ad affrontare fino alla morte la prepotenza maschile e una società ostile al suo essere zingara quindi diversa.

«La vicenda di Carmen rappresenta quindi – dichiara il Sovrintendente Cecilia Gasdia – il più famoso femminicidio della storia. L’Arena e l’opera sono parte della società moderna e per questo, in punta di piedi e con rispetto, abbiamo pensato di ricordare e denunciare questo grave fenomeno in occasione della prima rappresentazione. Sono già tragicamente arrivate al numero di 31 le donne uccise dai propri compagni nel solo 2018. Per questo motivo venerdì 22 lasceremo vuoto un posto in platea e su di esso poseremo un mazzo di 31 rose rosse».

La messa in scena è arricchita dalle nuove coreografie di Leda Lojodice, dal lighting design dell’areniano Paolo Mazzon e dal projection design dell’artista Sergio Metalli.Anche il trucco è ideato nei minimi dettagli: le face chart per i personaggi principali sono state create dal make-up designer Michele Magnani, global senior artist di M.A.C. Cosmetics, in collaborazione con Hugo de Ana. I costumi, ideati dal Maestro argentino e frutto di una raffinata ricerca su tagli e tessuti vintage, sono completati da una selezione di capi Intimissimi, noto brand del Gruppo Calzedonia.

Debutta sia nel titolo di Bizet sia sull’ambito podio dell’anfiteatro veronese Francesco Ivan Ciampa, giovane direttore già apprezzato alla guida dei complessi areniani nella stagione lirica al Teatro Filarmonico, chiamato per l’occasione a guidare musicalmente grandissimi cantanti della ribalta internazionale, molti presenti per la prima volta in Arena, insieme ad attesiritorni di nomi prestigiosi e giovani voci al loro esordionella magica cornice del teatro sotto le stelle.

Nel ruolo della protagonista debuttano a Verona Anna Goryachova (22, 29/6 – 11, 17, 21/7 – 3, 9/8) e Ksenia Dudnikova (12/8) che si alternano alla già apprezzata Carmen Topciu (6/7 – 22, 25, 28, 31/8). Vi sono grandi debutti anche come Don José: Brian Jagde (22, 29/6 – 25, 28, 31/8), Marcelo Puente (6, 11, 17/7) e Luciano Ganci (22/8) accanto all’acclamato ritorno di Francesco Meli (21/7 – 3, 9, 12/8). Micaela è interpretata da altre giovani artiste al debutto in Arena: Mariangela Sicilia (22, 29/6 – 6, 11/7), Ruth Iniesta (17/7) ed Eleonora Buratto (22, 25, 28, 31/8), mentre è atteso nello stesso ruolo il ritorno di Serena Gamberoni (21/7 – 3, 9, 12/8). Nella plaza de toros scendono Escamillo di spessore quali Alexander Vinogradov (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3/8), Erwin Schrott (9, 12, 22, 25/8) e Alberto Gazale (28, 31/8). Nei panni di Frasquita si alternano Ruth Iniesta (22, 29/6 – 6, 11, 21/7 – 3, 9/8) e Barbara Massaro (17/7 – 12, 22, 25, 28, 31/8); in quelli di Mercédès Arina Alexeeva (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9/8) e Clarissa Leonardi (12, 22, 25, 28, 31/8). Come Dancairo si avvicendano Davide Fersini (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9, 12, 22/8) e Biagio Pizzuti (25, 28, 31/8) e come Remendado Roberto Covatta (22, 29/6 – 6, 11, 21/7 – 3, 9/8) ed Enrico Casari (17/7 – 12, 22, 25, 28, 31/8). Completano il cast Zuniga interpretato da Luca Dall’Amico (22, 29/6 – 9, 12, 22, 25, 28, 31/8) e Gianluca Breda (6, 11, 17, 21/7 – 3/8), e Moralès in cui si alternano Biagio Pizzuti (22/6 – 21/7 – 3, 9, 12, 22/8) e Gocha Abuladze (29/6 – 6, 11, 17/7 – 25, 28, 31/8).

Il capolavoro del compositore francese è in scena per 13 serate fino al 31 agosto e vede impegnati l’Orchestra areniana, il Coro preparato da Vito Lombardi, il Ballo coordinato da Gaetano Petrosino, numerosi figuranti e i Tecnici dell’Arena di Verona, con il gradito ritorno dei giovanissimi componenti del Coro di Voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.

La serata inaugurale sarà, inoltre, dedicata alla memoria di Tullio Serafin per il cinquantenario della scomparsa, storico direttore d’orchestra che tenne a battesimo il Festival areniano nel 1913 e, tornandovi per molti anni a seguire, proprio in questa magica cornice scoprì grandi talenti come la divina Maria Callas.

Repliche: 29 giugno, ore 21.00 - 6, 11, 17, 21 luglio, ore 21.00 - 3, 9, 12, 22, 25, 28, 31 agosto, ore 20.45.


La vicenda di Carmen, opéra-comique in quattro atti su musica di Georges Bizet e libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, proviene dall’omonima novella di Prosper Mérimée ed è universalmente nota per il carisma dirompente della sua protagonista: appena arrivato a Siviglia, il giovane soldato Don José si innamora perdutamente di Carmen, sigaraia dal sangue gitano, al punto da abbandonare tutto per seguirla – compresa la fidanzata Micaela – compromettendo la propria carriera e ritrovandosi disertore tra i contrabbandieri. Ma Carmen nasce e vuole restare libera e l’arrivo del torero Escamillo la allontana da Don José, il quale però è follemente deciso a non lasciarla andare, anche a costo di doverla uccidere per tenerla con sé.

Rappresentata per la prima volta il 3 marzo 1875 all’Opéra-Comique di Parigi, ebbe un esordio travagliato e l’autore non poté godere del successo che sarebbe arrivato subito dopo: morì infatti in giugno a soli 36 anni. Ma la fortuna travolgente di quest’opera continua oggi ininterrotta in tutto il mondo, così come all’Arena di Verona: dal lontano 1914, anno del secondo storico Festival lirico in cui l’opera viene rappresentata per la prima volta, Carmen rimane il titolo più amato e frequentato dopo Aida con le sue 250 recite per 25 edizioni del Festival in 13 diversi allestimenti.

Nella messa in scena che inaugura il Festival areniano 2018 e di cui Hugo de Ana cura regia, scene e costumi, inquietudine ed emancipazione convivono in una Siviglia popolare, tutt’altro che da cartolina: sono gli stessi anni in cui la Repubblica spagnola riconosce alle donne i primi diritti, mentre venti di guerra soffiano dentro e fuori i suoi confini. Carmen tuttavia non è una donna conforme alla società dell’epoca: usi, tradizioni e superstizioni del suo retaggio zingaro ne limitano la libertà personale, ma lei rivendica la sua indipendenza, da donna senza legami e senza figli, scegliendo i propri uomini e la propria sorte, senza subire mai nulla, fino alla fine. Per raccontare questa storia, de Ana crea una Plaza de Toros affollata di uomini, donne, carri, camion e jeep che aprono e chiudono a vista le diverse scene in un unico spazio mutevole. Il pubblico viene quindi proiettato nella realtà di un popolo picaresco, sempre in movimento, povero, anche violento, mai domo. Non mancano tra i ricercati costumi anche gli abiti dei toreri fedelmente ricreati: nello scenografico rito finale si assiste alla vestizione degli impavidi eroi della corrida, tra presagi di morte e concitazione della folla.

Per informazioni e biglietti: www.arena.it e sui canali social Facebook, Twitter, Instagram e YouTube.

Informazioni

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Biglietteria – Via Dietro Anfiteatro 6/B, 37121 Verona

tel. (+39) 045 59.65.17 – fax (+39) 045 801.3287 - email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Call center (+39) 045 800.51.51 - www.arena.it - Punti di prevendita Geticket

Prezzi da € 22,00 a € 226,00

SI RINGRAZIANO TUTTI I SOSTENITORI

DELL’ARENA DI VERONA OPERA FESTIVAL 2018

Un ringraziamento va a tutti gli sponsor dell’Arena di Verona Opera Festival che con il loro prezioso e immancabile contributo supportano l’organizzazione dell’edizione 2018 e in particolare a UniCredit, gruppo bancario leader in Europa e Major Partner del Festival lirico da oltre vent’anni, allo Special PartnerAGSM, agli Official SponsorFalconeri e Veronafiere, all’Automotive Partner Volkswagen Group Italia, al Mobility Partner DB Bahn Italia e al Media PartnerRTL 102.5, che torna a sostenere la mission di Fondazione Arena e il suo prestigioso Festival.


CARMEN

NOTE DI REGIA

di Hugo de Ana

La vicenda di Carmen, raccontata in musica da Georges Bizet, ha ben pochi punti in comune con l’ambiente, l’atmosfera e le emozioni che sono descritte nella novella che Mérimée scrisse nel 1845 e alla quale i librettisti Henri Meilhac e Ludovic Halévy si sono ispirati.

All’epoca, infatti, non erano gradite al pubblico dei teatri parigini opere i cui protagonisti fossero zingari, ladri, sigaraie, contrabbandieri. La Spagna viscerale, carnale, descritta da Mérimée viene molto addolcita dal “colore” della musica, da danze e cori brillanti.

Per rendere la vicenda ancora più adatta al teatro d’opera, viene addirittura introdotto il personaggio di Micaela che, con il suo aspetto positivo, fa da contraltare alla decisione e alla violenza di Carmen.

Carmen possiede una musica ricca di contrasti. Lo stesso Čajkovskij affermò: «non conosco nient’altro che rappresenti meglio l’elemento grazioso, le joli», ma egli stesso riconobbe subito anche l’altro versante del capolavoro di Bizet, la sua drammaticità autentica: il ritratto del complessato Don José, le sue ultime implorazioni a Carmen, il lugubre terzetto della cartomanzia, il finale convulso… anche nei momenti festosi appare il presagio.

Mérimée, nella sua novella, ci descrive Carmen come un’indemoniata e miserabile zingara e, ascoltando attentamente Bizet, riusciamo forse a intravedere questa protagonista. Da questo punto desidero partire con questa produzione dell’opera.

La donna “Carmen”, la donna che lotta per affermare una libertà, un’uguaglianza, un diritto. Quale altro periodo storico migliore per raccontare la vicenda della zingara se non quello della guerra civile spagnola, durante gli anni Trenta, una guerra che ha visto, nella lotta delle donne, un vero e proprio evento sociale.

L’immagine della donna ha acquistato, da quel momento, una dimensione nuova, le ha permesso di essere “orgogliosa”, le ha permesso di essere dalla parte vincente anche a costo di morire per ciò in cui crede.

Nel decennio del 1920 tutto si fonde nell’arte e le nuove avanguardie artistiche fanno sì che il personaggio sia una donna rivoluzionaria, che armonicamente può convivere anche con un’altra tradizionale. Questa Carmen diventa quasi un personaggio laico, per così dire, fino al punto di arrivare a trasformarsi e rappresentare il simbolo della lotta repubblicana durante la guerra civile dal 1936 al 1939.

Questo personaggio illumina tutte le arti visive, fino a diventarne l’immagine in un francobollo spagnolo ed essere “incastrato” pure nel franchismo, fino al 1950.

In questa maniera questa Carmen spagnola continua a vivere in un posto privilegiato fino a salire sul piedistallo della mitologia non solo nazionale ma anche europea. Il mito è sopravvissuto a tutte le arti rappresentative al di là dei secoli XIX e XX, nonostante la tentazione di smitizzare il personaggio in rapporto alla verità che questo rappresenta. Rappresenta la qualità che, alla fine, l’immaginario collettivo dà alla donna spagnola.

In verità Carmen sarà sempre una donna che produce paura perché, nel suo profondo, continua ad essere “strega”. È una donna “terra” che, più che sedurre, produce paura nell’uomo che non vuole confrontarsi con la vera realtà della donna: essere umano libero e intraprendente. Questa donna libera, fedele solo a se stessa, diventa il segno dell’identità spagnola rivoluzionaria e diventa anche la Spagna stessa.

Nella Spagna romantica si mischiano in maniera caotica religione e laicità: nella rappresentazione, solitamente, un soldato può adorare in maniera “mariana” la sua donna e, nello stesso tempo, questa può essere angelo o demone, una vergine o una seduttrice. In questo senso Carmen rappresenta la donna-strega che, con la sua seduzione irresistibile, può provocare la perdizione negli uomini, con la sua forza demoniaca, anche soltanto attraverso lo sguardo.

Lo sguardo può racchiudere in sé un gioco di riti oscuri che fanno parte della seduzione, in tutta la rappresentazione del senso di “ispanicità”.

Mérimée descrive così Carmen: «Lei ha tre cose nere: gli occhi, le sopracciglia e le ciglia; e tre bianche: il riflesso della pelle, i denti e il palmo della mano; e tre sono anche le sfumature di rosa: le labbra, le guance e le sue unghie». Possiamo considerare questa di Mérimée la rappresentazione della donna-oggetto.

In Carmen, sia nella novella che nell’opera, si presentano i miti fondamentali dell’essere umano che vengono associati allo svolgersi della vicenda: libertà, come destino che produce la tragedia e la morte. La libertà si può associare alla figura di Carmen: questa donna forse la rappresenta al meglio e soprattutto desidera e anela alla libertà per vivere, per amare e per essere se stessa. A differenza dell’archetipo femminile dell’epoca, Carmen è una donna indipendente, autonoma e difenderà questa libertà fino al momento della sua morte.

Dal punto di vista etnico Carmen è una zingara, un’etnia che non può pensare di vivere se non è in libertà e in perpetuo motus vivendi.

Questa è una libertà concepita nel senso più assoluto della terminologia, che si oppone alla società patriarcale e a tutte le convenzioni sociali, è un prodotto della società del secolo XIX e inizio XX. Carmen pagherà con la propria vita questo concetto, questa forma di essere sempre, fino alla fine, se stessa. Ciò è evidente nell’ultima frase che si legge in Mérimée, che è anche il clou dell’opera di Bizet: «Carmen è nata libera e libera morrà».

Con la guerra civile spagnola, la vita delle donne ha subito una trasformazione, ha dato loro una maggiore autonomia di movimento e di decisioni. Nonostante le dure condizioni di vita, molte donne vissero la guerra civile come un’esperienza emozionante che permise loro di sviluppare il potenziale all’interno della società, non solo dietro le linee militari ma anche attivamente, impugnando le armi e combattendo loro stesse come affermazione del loro ideale. Anche nel vestire la donna poteva scegliere e, così, la tuta da operaio diventava un simbolo della rivoluzione e uno strumento di emancipazione femminile, poiché rendeva uguali uomini e donne.

L’altro personaggio importante, che non appare mai, è il personaggio che condiziona il senso vero e proprio della tragedia. La musica lo descrive in maniera onnipresente, facendolo diventare un personaggio in più, inesistente e che tutti possiamo riconoscere nel leitmotiv “del destino”.

Il destino porterà Carmen a comprendere che l’unica maniera di poter vivere come desidera è piegandosi al fatum, perciò lei accetta la sua morte senza lamentarsi di nulla, perché sa che è segnata da questo destino. Lei sa fin dall’inizio chi sarà, chi la libererà da se stessa, uccidendola.

Carmen rappresenta anche la passione indomabile, selvaggia, forte e dirompente. Questo carattere è assolutamente rivoluzionario, considerato soprattutto il momento storico in cui è stato creato da Mérimée e rappresentato dalla musica di Bizet, dove alla donna, per la società del periodo, era solo permesso di vivere: come sposa, madre o suora oppure come prostituta, scelta che rappresentava il rifiuto della società in generale.

In contrapposizione alla passione c’è la forza che schiavizza Don José e lo costringe alla mercé di Carmen che lo domina completamente. Don José si sente dominato e distrutto come uomo. Crede che offrirle una vita in un altro luogo significhi darle la libertà, però questo non è il vero senso della libertà che Carmen desidera.

Carmen rappresenta il caos e Don José l’ordine prestabilito dalla società. Quando in un primo momento lei seduce Don José facendolo innamorare, possiamo credere che sia il caos a vincere sopra l’ordine.

Per tranquillizzare la società, possiamo dire che nel finale, perché tutto ritorni nel suo ambito primigenio, nella morte di Carmen, l’ordine prevalga sul caos.

Il caos appartiene al mondo dell’oscurantismo, delle arti nere della negromanzia che Carmen sa utilizzare, e che porta con sé l’ignoto, il mondo oscuro che la avvicina al demone e al diavolo, frasi che si ripetono più volte quando Don José si riferisce a Carmen.

Il trionfo del mito è quello che manifesta il trionfo della superiorità della femmina sopra la debolezza del maschio, che si riduce ad essere sottomesso per i suoi istinti primordiali, senza che la ragione possa vincere sulla passione. Questo produce l’accettazione che, in questa realtà/finzione dell’opera, la donna sconfigge l’uomo con la morte. Carmen in verità sopravvive, attraverso la sua libertà diventa un mito. Carmen ha strumentalizzato la debolezza dell’uomo per sottometterlo e ottenere, con la propria morte, il trionfo.