Tosca apre la stagione cremonese

Stagione d’Opera 2018

La Stagione d’Opera 2018 del Teatro Ponchielli si inaugura, venerdì 5 ottobre ore 20.30 (replica sabato 6 ore 20.30 e domenica 7 ottobre ore 15.30), con un nuovo allestimento di Tosca di Giacomo Puccini. La regia è a cura di Andrea Cigni, che con successo ha firmato numerosi titoli per OperaLombardia grazie alle sue messinscene sempre eleganti, innovative seppur nell’alveo della tradizione. Sul podio Valerio Galli, giovane direttore d’orchestra, profondo conoscitore del repertorio pucciniano, che vanta una importante carriera in Italia e all’estero.

Biglietteria del Teatro: aperta dal lunedi al sabato dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 16.30 alle 19.30, tel. 0372.022001 e 0372.022002.

Prezzi dei biglietti:

platea/palchi € 58 – galleria € 37 - loggione € 22.

Biglietti online: www.vivaticket.it

venerdì 6 ottobre, ore 20.30 (turno A)

sabato 7 ottobre, ore 20.30 (turno B)

domenica 8 ottobre, ore 15.30 (fuori abbonamento)

Tosca

Melodramma in tre atti. Libretto di Giuseppe Giacosa e luigi Illica.

(Ed. Kalmus)

Prima rappresentazione: Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900

Musica di Giacomo Puccini

Personaggi ed Interpreti

Floria Tosca

Virginia Tola (5/7)

Charlotte-Anne Shipley (6)

Mario Cavaradossi

Luciano Ganci (5/7)

Mikheil Sheshaberidze (6)

Il barone Scarpia

Angelo Veccia (5/7)

Devid Cecconi (6)

Cesare Angelotti

Luca Gallo

Il Sagrestano

Nicolò Ceriani

Spoletta

Nicola Pamio

Sciarrone

Stefano Cianci

 

 

 

 

 

 

maestro concertatore e direttore

Valerio Galli

regia

Andrea Cigni

scene Dario Gessati

costumiLorenzo Cutùli

luci Fiammetta Baldiserri

ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI

CORO OPERALOMBARDIA

maestro del coro Diego Maccagnola

CORO VOCI BIANCHE “I PICCOLI MUSICI”

Nuovo allestimento

Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia

Le altre recite:

Como, Teatro Sociale, 12 e 14 ottobre

Bergamo, Teatro Donizetti, 19 e 21 ottobre

Pavia, Teatro Fraschini, 26 e 28 ottobre

Reggio Emilia, Teatro Valli, 22 e 24 novembre

La Stagione d’ Opera 2018 del Teatro A. Ponchielli si apre venerdì5 ottobre alle ore 20.30, con replica sabato 6 ore 20.30 e domenica 7 ottobre alle 15.30, con il celebre capolavoro pucciniano Tosca, che torna sul palco del nostro Teatro dopo sei anni di assenza.

Considerata l'opera più drammatica di Puccini, Tosca è ricca di colpi di scena e di trovate che tengono lo spettatore in costante tensione. Il discorso musicale si evolve in modo altrettanto rapido, caratterizzato da incisi tematici brevi e taglienti, spesso costruiti su armonie dissonanti, come quella prodotta dalla successione degli accordi del tema di Scarpia che apre l'opera.

La vena melodica di Puccini ha modo di emergere nei duetti tra Tosca e Mario, nonché nelle tre celebri romanze, una per atto (Recondita armonia, Vissi d'arte, E lucevan le stelle), che rallentano in direzione lirica la concitazione della vicenda.

L'acme drammatica è invece costituita dal secondo atto, che vede come protagonista il sadico barone Scarpia, nel quale l'orchestra pucciniana assume sonorità che anticipano l'estetica dell'espressionismo musicale tedesco. Il Teatro Grande di Brescia sarà capofila di questo titolo pucciniano, nuova produzione a cura di Andrea Cigni, regista toscano che negli ultimi anni si è imposto come uno dei più interessanti registi italiani anche nel panorama internazionale.

La concertazione musicale è affidata a Valerio Galli, cresciuto nella terra in cui Puccini ha scritto la maggior parte dei suoi capolavori e non a caso Tosca è il suo titolo d’esordio avvenuto nel 2007.

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NOTE DEL DIRETTORE

Valerio Galli

Un direttore d’orchestra che si appresti a studiare una partitura deve affrontarla da vari punti di vista: quello drammaturgico e quindi teatrale, quello del linguaggio musicale e quello della collocazione del titolo all’interno della produzione dell’autore e nel contesto culturale ad esso contemporaneo. Tutto questo concorre a un'interpretazione quanto più fedele al testo. Ma quando come me si nasce, si cresce e si respirano gli ambienti medesimi che furono vissuti da Giacomo Puccini è quasi inevitabile posare la bacchetta e lasciarsi trasportare da quel flusso musicale che richiama alla mente sensazioni, profumi e visioni che diventano pura emozione una volta che ci si immerge nel linguaggio pucciniano, provando così a risalire alla sorgente ispiratrice dell'autore.

Molto si è scritto a proposito dell'influenza sulla poetica pucciniana ad opera dell'ambiente di Torre del Lago e dintorni, fonte inesauribile di aneddoti autobiografici e luoghi in cui si fonde inevitabilmente il confine sottilissimo tra leggenda e realtà.

Alcuni tratti naturalistici in Tosca si possono senz'altro ricondurre alle suggestioni di Monsagrati e Chiatri, paesi nei quali Puccini dimora sul finire degli anni '90 e dove compone grandi squarci dell'opera, grazie alle quali prendono forma la sospirata casetta, il pozzo del giardino, i boschi e i roveti, i franti sepolcreti odorosi di timo. Così come il familiare rintocco delle campane di Bargecchia (risparmiate durante la seconda guerra mondiale dalla fusione per mano tedesca, in ossequio alla memoria del Maestro) che Puccini inserisce nella seconda parte del primo atto ad introduzione del duetto fra Tosca e il barone Scarpia, da considerarsi una citazione fedele a dispetto della convinzione musicologica. L'opera contiene, tra l’altro, un ampio e suggestivo affresco orchestrale, il Mattutino che apre solennemente il III atto. Ascoltando questa grande scena, o meglio ancora eseguendola, non sarà difficile andare col pensiero al Belvedere antistante la Villa Puccini di Torre del Lago, dove il Maestro la compose interamente; immersi in queste atmosfere musicali pare quasi vedere Puccini di ritorno all’alba dalla caccia alle folaghe, sotto i colori del cielo che si rischiara. Certo che la pratica degli intermezzi o dei grandi preludi era d’uso all’epoca, si pensi al successivo intermezzo di Madama Butterfly, al Catalani di Wally o al Mascagni di Cavalleria Rusticana, Iris e della futura Amica (1905 – il cui preludio iniziale richiama vagamente quello di Tosca, con le campane delle greggi), ma in questo caso Puccini riesce a creare un momento di assoluta sospensione dalla realtà, su una Roma che dorme ancora, prima di un nuovo drammatico giorno, immersa nella luce che illumina gli spalti di Castel Sant’Angelo tra lo scampanio delle sue innumerevoli chiese, con la sola voce lontana di un pastorello che ci riporta al reale. Sono questi gli ultimi momenti di quiete, per Tosca – personaggio passionale e travagliato che è figura in certo senso meta-teatrale essendo un’artista, una cantante per l’esattezza (“Come la Tosca in teatro…” dice Cavaradossi alludendo al modo in cui cadere al momento della falsa fucilazione) in cui pare di ritrovare rispecchiata autobiograficamente la folle gelosia di Elvira Puccini – che crede di poter salvare ancora il suo Mario, e per Cavaradossi stesso, ormai rassegnato a una morte che considera gloriosa per non aver tradito il proprio ideale. Dopo un singolare duetto, con l’ebbrezza di pensieri che guardano alla fuga imminente, al futuro e alla libertà, uno sparo, non a salve come Scarpia aveva promesso – Scarpia che anche da morto riesce a essere presente con la propria ombra – e tutto finisce. Un ultimo sguardo su Mario e l’anima di Tosca si rende a Dio: la vita finisce in un istante e dilegua “siccome alte sul mare, al sol cadente nuvole leggere…”


NOTE DI REGIA

Andrea Cigni

Nell’opera sono presenti elementi drammaturgici chiari, che devono essere interpretati e raccontati per come sono stati pensati dal compositore e dal librettista.

Tosca è una storia dai contorni definiti, che si svolge in un contesto preciso, con netti riferimenti drammaturgici, storici, testuali e narrativi. Mantenendo come linee guida questi elementi, è possibile lavorare sulle ambientazioni, sul messaggio, sui contrasti drammatici che ritroviamo all’interno della vicenda, sulle dinamiche tra i personaggi affinché siano reali e vicini a chi guarda.

Tosca è un’artista, donna sensibile e profondamente appassionata, amante. L’arte caratterizza non solo la vita della protagonista, ma anche la vita del pittore Cavaradossi, anch’esso appassionato, sanguigno (anche politicamente). Due personaggi che vivono la loro storia d’amore in un momento storico ben delineato, che affrontano un percorso imposto da una serie di avvenimenti esterni negativi che li porterà a uno scioglimento finale tragico. Insieme cercheranno una via d’uscita, la loro libertà, in nome di un amore che li lega e di passioni che desiderano difendere.

Scarpia è l’antagonista, l’elemento negativo, che si appoggia a un potere religioso che viene usato per contrastare la loro storia d’amore, le loro vite, e che condiziona la vita di tutti i personaggi (Sagrestano, Spoletta, Sciarrone, ecc). La religione è “usata” da Scarpia per imporre un potere personale e piegare gli altri al proprio volere perverso e per certi aspetti blasfemo.

La morte in questa vicenda, ancorché tragica e probabilmente non voluta fino a che non rappresenta l’estrema ratio, è l’unica via di uscita possibile per la protagonista, vittima di un inganno crudele.

La morte è vista come liberazione. In modo molto forte la morte di Scarpia per mano di Tosca è una liberazione, la morte di Tosca attraverso il suicidio è la libertà da una vita di dolore. Per assurdo Tosca contribuisce alla morte di tutti direttamente o indirettamente.

Nel Primo atto la forza della religione, il suo essere assolutamente incombente, si manifesta con la processione del Te Deum. In uno spazio che è claustrofobico, opprimente, sacro, rigoroso. Che segue un “punto di vista” non regolare, non simmetrico, una fuga. Nel Secondo atto è la sala di Palazzo Farnese (con i simboli della religione costantemente suggeriti) e mantiene la stessa linea prospettica, assolutamente opprimente. Il Terzo atto è rappresentato dal disfacimento di questa oppressione in favore di un semplice cielo, presagio di morte.

La scena si compone così di tre luoghi con valori diversi. È uno spazio di grande forza (chiesa, palazzo, cielo) dentro al quale i personaggi si trovano ad agire, uno spazio della memoria, un agone drammatico.

Nella prospettiva, nella fuga delle linee dei primi due atti, lo spazio è volutamente carico di elementi simbolici e opprimente, nel terzo atto tutto scompare per lasciare spazio non più a simboli ed elementi didascalici e decorativi, ma ad un semplice cielo, riflesso dagli elementi che racchiudono la scena.

Ci sono i simboli dentro questo spazio, utili ed essenziali alla drammaturgia, ci sono gli ingressi, le aperture, la luce, il buio. C’è la “riflessione” di persone, spazi, simboli, oggetti (a significare il dualismo tra realtà e rappresentazione della stessa): in Tosca il dualismo tra realtà e finzione, tra religione e teatro, tra persone e personaggi è costantemente presente.

Desideriamo guidare lo spettatore, come farebbe una macchina da presa, in questo percorso verso la fine.

Più che il descrittivismo realistico delle situazioni è il senso drammatico evocato dalle situazioni, senza che manchi nulla di ciò che serve alla narrazione.

I personaggi sono reali, tangibili, in una chiave di lettura cinematografica, come se ci fosse sempre un punto di vista che guida lo spettatore dall’inizio alla fine, con un ritmo di azione incalzante e carico di tensione.