Il vagabondo delle stelle

e il suo disperato grido contro al pena di morte

La nuova opera di Fabrizio Festa ispirata all’ultimo romanzo di Jack London va in scena al Teatro Rossini domani sabato 10 maggio con la regia di Rosetta Cucchi. È il dramma di un ergastolano che attraverso l’immaginazione si libera dal carcere. In realtà muore lentamente, e nel farlo lancia un’invettiva disperata contro la tortura e la pena di morte.

LUGO (RA) – Una nuova opera ispirata all’ultimo capolavoro di Jack London (l’autore di Zanna Bianca) va in scena al Teatro Rossini di Lugo domani sabato 10 maggio alle 20,30, settimo evento del «Lugo Opera Festival 2014»: si tratta de Il vagabondo delle stelle, opera in un atto del compositore aretino Fabrizio Festa (1971), autore delle musiche dell’opera Vite su testi di Eugenio Baroncelli andata in scena con successo due anni fa. Il libretto è di Vincenzo De Vivo ed è liberamente tratto dal romanzo “The Star Rover” di Jack London (1915). È una novità assoluta realizzata in coproduzione con l’Altro Suono Festival del Teatro Comunale "Luciano Pavarotti" di Modena, dove ha debuttato con successo giovedì scorso. Lo spettacolo, curato dalla regista Rosetta Cucchi, vede in scena l’attore Alessio Genchi nel ruolo principale del professor Darrell Standing e le due cantanti liriche Francesca Sorteni (soprano) e Aurora Faggioli (mezzosoprano). Le scene sono di Andrea De Micheli, i costumi di Claudia Pernigotti, le luci di Andrea Ricci. La musica, che unisce parti vocali e strumentali a elaborazioni elettroniche, sarà eseguita dal MaterElettrica Ensemble formato da Andrea Salvato, flauto/EWI, Bruno Friolo, clarinetto, Antonio Colangelo e Fabrizio Festa a sintetizzatori, DAW e regia del suono in stretta correlazione con i video curati da Roberto Recchia. La vicenda di Darrell Standing, professore universitario condannato per omicidio e rinchiuso nel carcere di San Quintino, viene riletta poeticamente nel libretto di Vincenzo De Vivo, esaltandone da un lato la dimensione immaginifica e fantastica, ma senza perderne dall'altro il forte contenuto etico-politico. Come nel romanzo, anche nell'opera, infatti, il tema della reclusione porta alla condanna nei confronti della tortura e della pena di morte. «Da molti anni seguo con interesse la possibilità di intrecciare la parola recitata con quella cantata – racconta il compositore Fabrizio Festa – ed ecco che, quando per caso ho incontrato un romanzo così suggestivo come l’ultimo capolavoro di Jack London, l’idea di dargli una veste performativa ha preso corpo insieme alla lettura stessa di quelle pagine. Vincenzo De Vivo ha riletto poeticamente la vicenda di Darrell Standing, professore universitario condannato per omicidio. La prigionia del protagonista, il suo viaggiare con la mente attraverso lo spazio e il tempo, si concretizzano in scena in un vero e proprio intersecarsi di architetture audio-visive, nelle quali si inserisce il canto delle due voci dando corpo alle suggestioni che vengono dalle diverse dimensioni attraversate da Standing. La componente elettroacustica serve a creare uno spazio sonoro totale, giocato su un mix in surround, che immerge lo spettatore nelle stesse condizioni in cui si trova Standing nella sua cella». «La bellezza del Vagabondo, oltre al racconto del viaggio nelle reminiscenze e nelle reincarnazioni delle vite precedenti – aggiunge la regista Rosetta Cucchi – si trova nella dichiarazione che il protagonista fa alla fine del romanzo contro la pena di morte. Teniamo presente che siamo solo all’inizio del ’900, in America, paese dove la pena capitale è, in molti Stati, in vigore ancora oggi. Dunque, il protagonista del romanzo, scientemente, con calma, questa volta non più condizionato dalla “furia rossa” che lo possiede durante il racconto, ci dice come la pena di morte sia un inganno sia per chi la porta in essere che per chi la subisce. Il più colpito è paradossalmente chi la infligge, che finisce lui stesso, barbaramente, per essere privato di una speranza, di un domani. Chi la subisce si rifugia nella propria mente e resta con la curiosità di sapere cosa ci sarà dopo, e ad aspettarsi qualcosa di più, o qualcosa di meglio».

L’attore Alessio Genchi proviene dalla Scuola di Teatro Alessandra Galante Garrone di Bologna e ha iniziato la sua carriera con la compagnia Chi è di Scena. Nel 2011, al Teatro Belli di Roma, ha interpretato Hymns, con la regia di Martino D’Amico e al Globe Theater (Roma) era nel Giulio Cesare insieme a Giorgio Albertazzi. È stato quindi co-protagonista nella fortunata tournée de La Rosa Bianca prodotta dal Teatro Stabile di Bolzano. Nel 2012 era nel Re Lear, sempre al Globe Theater, e al Teatro Greco di Siracusa nell’Edipo Re di Sofocle. Recentemente è stato in tournée con Il Cappotto, da Gogol, scritto da Vittorio Franceschi con la regia di Alessandro D’Alatri e prodotto dall’Arena del Sole di Bologna.

Informazioni e prenotazioni: Fondazione Teatro Rossini, Piazzale Cavour 17 – 48022 Lugo. Tel. 0545.38542 – www.teatrorossini.it – info@teatrorossini.it


TRAMA DELL’OPERA

Darrell Standing, professore universitario, è detenuto nel carcere di San Quentin. Condannato all’ergastolo per l'omicidio del suo collega Haskel, deve invece la condanna a morte alla presunta aggressione a un secondino. Standing è sempre stato un detenuto "incorreggibile", un essere temuto da tutti, pericoloso e fortemente odiato dal direttore del carcere, Atherton. Dopo che un detenuto, Cecil Winwood, aveva inventato un piano di fuga ed ha accusato Standing di aver nascosto una cassa di dinamite all'interno del carcere, il professore è stato rinchiuso in una cella di isolamento. Qui ha subito anni di torture e di camicia di forza come punizione per non voler rivelare dove si trova la dinamite, che in realtà non è mai entrata all'interno del carcere. In cella di isolamento fa amicizia con altri due detenuti, Ed Morrell e Jake Openheimer, con i quali comunica battendo le nocche delle dita sulle pareti delle celle di isolamento attraverso un codice segreto.

Ed Morrell gli ha insegnato la tecnica della privazione sensoriale del proprio corpo: Standing riesce così a far morire il corpo e a uscire da esso, sopportando così giorni e giorni di camicia di forza, travalicando le mura del carcere. Attraverso l’induzione della piccola morte, egli si ritrova in epoche e luoghi a lui sconosciuti che fanno parte di una catena di vite passate dal suo spirito attraverso altri corpi.

Standing rivive le sue reincarnazioni. È Jesse Fancher, un bambino di 8 o 9 anni il cui padre era a capo di una carovana di pionieri che attraversa il deserto americano e viene attaccata da un gruppo di milizie formate da mormoni e indiani. È Adam Strang, un inglese vissuto tra il 1550 e il 1650, che giunge in Oriente con una nave olandese e, nel regno di Corea, fa innamorare di sé la bellissima signora Om, scatenando la gelosia di Chong Monju; caduto in disgrazia è costretto a vivere con l’amata quaranta lunghi anni di miserabili vagabondaggi, fino all’incontro con l’oppressore Monju, che uccide a mani nude, con le sue ultime forze. È il gigante Ragnar Lodbrog, schiavo nordico che in seguito diventa libero, soldato e amico di Pilato, ed è accanto al Prefetto del pretorio a Gerusalemme, quando viene giudicato Gesù; anche la donna che ama, Miriam, è affascinata dal Pescatore, ma Ragnar non accetta di cambiare la sorte del condannato, poiché Gesù stesso, con la sua straordinaria dolcezza, glielo impedisce.

Ora, rinchiuso nella cella della morte, Standing vive la sua ultima giornata. Si sente l’uomo più tranquillo del carcere: non basterà una corda per annientarlo. Sa che questa morte è preludio di altre vite. La curiosità per la prossima incarnazione prevale su tutti gli altri sentimenti.


Fabrizio Festa

Compositore, direttore d’orchestra, Music Designer

Laureato in filosofia, con una tesi in Storia della Fisica dedicata alla meccanica quantistica, ha studiato con Ettore Ballotta presso il Conservatorio di Bologna, con Enrico Pieranunzi e Giancarlo Gazzani presso la Fondazione Siena Jazz e con Mal Waldron. Compositore e direttore d’orchestra le sue opere sono eseguite regolarmente in tutto il mondo e si è esibito nei maggiori teatri e festival. Attualmente dedica una parte rilevante della propria attività al Music e al Sound Design, dedicandosi anche alla ricerca nell’ambito della progettazione e della programmazione in ambiente DAW e crossmediale. Molto impegnato anche nell’attività divulgativa e di ricerca musicologica, ha pubblicato, tra l’altro, i saggi “Musica: usi e costumi” (Pendragon, Bologna, 2008) e “Musica. Suoni, segnali, emozioni” (Editrice Compositori, Bologna, 2009). E’ membro dell’Associazione Nazionale dei Critici Musicali. E’ direttore artistico del concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”. Docente di Conservatorio, insegna Composizione musicale elettroacustica al “Duni” di Matera, Composizione musicale applicata alle immagini al “Frescobaldi” di Ferrara e Ambienti esecutivi e di controllo per il live electronics presso il “Venezze” di Rovigo.

Vincenzo De Vivo

Vincenzo De Vivo è nato a Salerno nel 1957.

E’ autore dei libretti per opere di Michele Dall’Ongaro (Bach Haus, Roma, Teatro dell’Opera, 2000), Lorenzo Ferrero (Lontano dagli occhi, Festival di Asolo,1999; Mozart a Recanati, Jesi, Pergolesi Spontini Festival, 2006), Marco Taralli (Nûr, Festival della Valle d’Itria, Martina Franca, 2012), Lucio Gregoretti (Gli errori di Amadè, Terni, OperaInCanto, 2013), e della Cantata Passio et Resurrectio di Sergio Rendine (Chieti, Cattedrale, 2000).

Ha curato le versioni ritmiche di opere dal francese e dal tedesco: Pepito (Montepulciano, 1987; Firenze, Orchestra della Toscana, 1997), Croquefer e Monsieur Choufleury (Roma, Teatro dell’Opera, 1994) di Offenbach; Der Zigeunerbaron di J. Strauss jr. (in collaborazione con Patrizia Gracis; Trieste, Teatro Verdi, 1989); Histoire de Babar di Poulenc (Napoli, 1994); Bastien und Bastienne di Mozart (Lugo Opera Festival, 2005). Ha inoltre curato la versione da concerto de L’Arlesienne di Bizet (Bologna, Teatro Comunale, 2005), la ricostruzione della partitura de L’Ape Musicale di Lorenzo da Ponte (Jesi, Teatro Comunale, 2005) e di Die Theatralische Abenteuer di Goethe (Rennes, Opèra, 2005; Jesi, Pergolesi Spontini Festival, 2006).

É Direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli e dell’Accademia di Arte Lirica di Osimo.