I due Foscari

di Verdi a Toulouse

La nuova produzione diretta da Gianluigi Gelmetti, con la regia di Stefano Vizioli e le scene di Cristian Taraborrelli debutta al Théâtre du Capitole de Toulouse, dal 16 al 25 maggio.

 

I due Foscari

Giuseppe Verdi (1813-1901)
 
Théâtre du Capitole| Durée : 2h45

vendredi 16 mai 2014 à 20h00 dimanche 18 mai 2014 à 15h00 mardi 20 mai 2014 à 20h00 vendredi 23 mai 2014 à 20h00 dimanche 25 mai 2014 à 15h00

Opéra tragique en trois actes sur un livret de Francesco Maria Piave
d’après une pièce de Byron
créé le 3 novembre 1844 au Teatro Argentina, Rome

Gianluigi Gelmetti Direction musicale
Stefano Vizioli Mise en scène
Cristian Taraborrelli Décors
Annamaria Heinreich Costumes
Guido Petzold Lumières

Sebastian Catana Francesco Foscari
Aquiles Machado Jacopo Foscari
Tamara Wilson Lucrezia Contarini
Leonardo Neiva Jacopo Loredano
Francisco Corujo Barbarigo
Anaïs Constans Pisana


Orchestre national du Capitole

Chœur du Capitole
Alfonso Caiani Direction

Ne I Due Foscari di Giuseppe Verdi la dimensione politica, delle istituzioni, e la dimensione familiare si scontrano sul piano della ragion di stato: la tematica che sottende l’opera, infatti, è la degenerazione degli ingranaggi politici, che disgregano i legami naturali degli affetti in nome di un’ipocrita giustizia.

L’allestimento scenico di Cristian Taraborrelli fa uso di alcuni elementi fondamentali, che si intersecano tra loro su piani differenti, con molteplici significati.

Caratteristica di questi elementi è il proprio dualismo, nel quale si riflette il dualismo del potere: gloria e corruzione insieme, una sorta di nota che risuona in tutta l’opera.

Così il vecchio Foscari, il Doge, che ricopre la massima carica del potere politico, ma viene esautorato dallo stesso potere costituito, che lo mìna e lo corrode dall’interno, colpendolo nei suoi affetti più cari, il figlio.

Taraborrelli propone una scenografia che si trasforma, raccontando, ed è pervasa dalla tinta tenebrosa che caratterizza l’intera partitura, dando corpo a tutta la vicenda.

La trasformazione si coniuga al gigantismo, del quale lo scenografo si serve per raffigurare delle immagini.

La grande scultura che campeggia sulla scena, il mezzo busto del vecchio Doge, è il simbolo del potere che schiaccia la parte umana, fragile, dello stesso Francesco Foscari: sarà percorso dal Consiglio dei Dieci, a significare la penetrazione nella sua vita più intima, degli affetti, fino a distruggerlo; la sua bocca verrà amputata, segno della parola-legge; il suo stesso corpo diventerà la prigione del figlio Jacopo, causa della sua morte.

Anche in questo caso il gigantismo diventa un modo per raccontare, quasi dilatare,un sentimento; come già in “Luisa Miller”, andata in scena alla MalmöOpera, in Svezia, nel 2012, e nel “Macbeth” al Teatro alla Scala di Milano, nel 2013.

E poi c’è l’acqua, tratto distintivo di Venezia, che rappresenta la magnificenza della splendida città lagunare.

L’acqua simboleggia, allo stesso tempo, anche la ragion di stato che lambisce persone e oggetti e davanti alla quale i protagonisti soccombono: acqua che, nella visione di Taraborrelli, arriva a corrodere tutto, trasmettendoci il senso di soffocamento dato dal dolore claustrofobico di questa tragedia di potere.

L’acqua rimanda ai riflessi, altro elemento peculiare della scenografia: “luogo” simbolico dove confrontarsi con la propria coscienza; lo specchio nel quale il vecchio Foscari si riflette; i riflessi che ci restituisce l’acqua, che tutto invade…

Toulouse, Aprile 2014

___________________

I due Foscari di Giuseppe Verdi.

Tragedia lirica in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave,dal dramma di Lord Byron, andata in scena per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 3 novembre 1844.

La vicenda, realmente accaduta nella Venezia di metà Quattrocento, ha per protagonista la famiglia Foscari, nobile e potente casata veneziana, sullo sfondo della città lagunare rappresentata quale luogo di intrighi e lotte per il potere. In primo piano, il dramma del vecchio Francesco Foscari, doge di Venezia, che non può salvare il figlio Jacopo, accusato di omicidio e di aver tradito le leggi della Repubblica di S. Marco, ed è condannato all’esilio dal Consiglio dei Dieci, che proibisce anche alla moglie e ai figli di seguirlo. Loredano, patrizio rivale del doge, ha ordito un colpo di stato e riuscirà ad esautorare il vecchio Foscari, ma prima di tutto colpisce la famiglia negli affetti. Jacopo, che si rivelerà innocente, chiede clemenza al padre, ma il vecchio Foscari non può opporsi alla decisione del tribunale: la ragion di Stato deve prevalere. Il doge è dilaniato: come capo di stato deve accettare la sentenza dei Dieci, come padre ne soffre fino a morire di crepacuore.