Torna la piccola Aida di Zeffirelli

Stagione d’Opera 2019-20

Aida un titolo e un allestimento importante e suntuoso per il Teatro Ponchielli, capofila per OperaLombardia, che debutterà venerdì 15 novembre (ore 20.30 e in replica domenica 17 novembre ore 15.30) .

Il monumentale capolavoro di Giuseppe Verdi si presenterà nell’elegante allestimento firmato per regia e scene dal grande Maestro Franco Zeffirelli, realizzato nel 2001 in occasione del centenario dalla morte di Verdi al Teatro di Busseto, e ripreso da Stefano Trespidi.

La direzione d’orchestra sarà affidata alla bacchetta di Francesco Cilluffo, direttore giovane ma di chiara fama.

Biglietteria del Teatro: aperta dal lunedi al sabato dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 16.30 alle 19.30, tel. 0372.022001 e 0372.022002.

Prezzi dei biglietti:

platea/palchi € 60 – galleria € 38 - loggione € 22.

biglietti on-line su: www.vivaticket.it

venerdì 15 novembre, ore 20.30 (turno A)

domenica 17 novembre, ore 15.30 (turno B)

Aida

Opera drammatica in quattro atti. Libretto di Antonio Ghislanzoni

Musica di Giuseppe Verdi

Ed. Ricordi

Personaggi ed Interpreti

Aida

Maria Teresa Leva

Radamès

Samuele Simoncini

Amneris

Cristina Melis

Amonasro

Leon Kim

Ramfis

Fabrizio Beggi

Il Re d’Egitto

Francesco Milanese

Un messaggero

Alessandro Mundula

Una sacerdotessa

Teresa Di Bari

direttore

Francesco Cilluffo

regia

Franco Zeffirelli

regia e riallestimento delle scene riprese da

Stefano Trespidi

costumiAnna Anni

costumi ripresi da Lorena Marin

luci Fiammetta Baldiserri

coreografia Luc Bouy

ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI

CORO OPERALOMBARDIA

maestro del coro Diego Maccagnola

Allestimento realizzato per il Teatro di Busseto in occasione del primo centenario

della morte di Giuseppe Verdi, ripreso dal Teatro Regio di Parma

in coproduzione con i Teatri di OperaLombardia

Le altre recite:

Pavia, Teatro Fraschini, 15 e 17 novembre

Brescia, Teatro Grande, 6 e 8 dicembre

Bergamo, Teatro Donizetti, 13 e 15 dicembre

Como, Teatro Sociale, 29 novembre e 1 dicembre

Celeste e dolce Aida, da 147 anni, avanza trionfalmente nel mondo della musica attraversando i teatri più prestigiosi di tutto il mondo, dalle arene immense ai piccoli teatri “bomboniera”

e Aida approda al Ponchielli nell’allestimento datato 2001 di Franco Zeffirelli.

Aida è una delle opere più famose di Verdi e con una grande forza profetica segna, nel percorso verdiano, un’importante svolta rispetto alle opere precedenti. Occupa il terzultimo posto nella cronologia teatrale del Cigno di Busseto e per molto tempo ad alcuni sembrò addirittura che fosse l’ultima, sennonchè Otello (1887) e Falstaff (1893) irruppero stupefacenti sulla scena dopo un lungo silenzio.

La gestazione dell’opera fu piuttosto complessa, anzi all’inizio si registrò un rifiuto quando Isma “il Pascia”, Chedivè d’Egitto, grande ammiratore di Verdi, gli commissionò, offrendo un

lauto compenso, un inno per celebrare l’apertura del Canale di Suez (1868).

Per questo “storico” allestimento sul podio salirà Francesco Cilluffo, già conosciuto in A Midsummer Night’s Dream nellastagione del 2016 e nel dittico La Voix Humaine e Cavalleria

Rusticana della scorsa stagione.


Un’Aidina, piccola piccola

 

di FRANCO ZEFFIRELLI

 

Il Teatro Verdi di Busseto, con soli duecentocinquanta posti e un proscenio largo appena sette metri, è uno dei più piccoli teatri d’opera al mondo. Quando la Fondazione Arturo Toscanini mi invitò ad allestirci un’opera, come evento speciale per il centenario verdiano, si aspettavano probabilmente che scegliessi un lavoro adatto a quel palcoscenico, una Traviata o forse un Falstaff, due opere che Toscanini aveva diretto in quel teatro nel 1913 e nel 1926.

 

Cascarono tutti dalle nuvole quando proposi Aida, una delle opere più spettacolari

 

di tutto il repertorio. Aida a Busseto con la regia di Zeffirelli? Invecchiando ammattisce? Tutto il mondo dell’opera smaniava dalla curiosità di vedere come il regista degli spettacoli più fastosi al mondo avrebbe affrontato la scommessa che doveva aver fatto con se stesso.

 

Eppure, già da molto tempo coltivavo l’idea che con quest’opera colossale Verdi avesse in realtà inseguito una storia molto privata e molto intima, che una visione nuova dentro quelle piccole dimensioni avrebbe potuto valorizzare.

 

Verdi ha chiaramente indicato, sin dalle prime battute del preludio, che in Aida non ci sono soltanto ottoni, trombe e tamburi. Il lontano pianissimo degli archi che continua a crescere sembra richiamare il fluire del Nilo, dalle sue sorgenti in Etiopia, dove è nata Aida, fino all’Egitto, di cui è schiava. Questa musica estremamente evocativa, è un’eco distante che sembra arrivarci da un altro pianeta, ed entra nelle vene come una sorta di stregoneria, d’incantesimo.

 

Il mio ultimo allestimento di Aida nel 1998, per l’inaugurazione dell’Imperial State Theatre di Tokyo, era stato il massimo della sontuosità e spettacolarità che ci

 

si possa aspettare di vedere su un palcoscenico. Ricordo che, guardando i seicento esecutori, pensai: “Verdi forse ne ha abbastanza di vedere Aida come pretesto per fare tanto baccano in scena”. A Busseto avrei avuto l’opportunità di tentare una riduzione drastica del “gran macchinone”, riportando quest’opera a una dimensione piccola, privata, ancora inesplorata. Avrei avuto a disposizione un’orchestra contenuta e un giovane direttore di sicuro talento, che avrebbe consentito a ogni strumento di emergere e di farsi identificare.

 

Per una volta, i cantanti non sarebbero stati costretti a confrontarsi con la “barriera di fuoco” dell’orchestra, avrebbero potuto cantare con voce “umana” e con anima, così come in fondo l’opera era stata sentita dall’autore.

 

Quando circolò la notizia che cercavo dei cantanti giovani e sconosciuti per Aida, ne arrivarono a stormi da tutti i continenti. Capii però, subito, che ero io a doverli andare a cercare per il mondo, se volevo trovare quelli giusti: i miei cantanti.

 

Organizzai una visita lampo a New York per fine ottobre (si doveva andare in scena a fine gennaio!), e passai tre giornate di audizioni a giovani cantanti di tutte le scuole americane. Mi passò davanti una vera legione di talenti, nuovi, ben preparati, che conoscevano il teatro in musica perché in America se ne fa tanto, e davvero sapevano cos’era il “recitar cantando”.

 

Sentii corrermi nelle vene un fiume di energie. Fu come se avessi ricevuto una forte scossa dall’alto, e da dentro.

 

Trovai subito tre giovani cantanti per i tre protagonisti. Ma ce n’erano altri interessanti e promettenti. Una fioritura di giovani che letteralmente mi trascinò, mi esaltò. Con questo cast, che aveva le caratteristiche dei personaggi indicate da Verdi, giovani, belli, disperati d’amore, cominciai a impostare più chiaramente le idee per il mio spettacolo. Portai i tre americani a Busseto, e li affidai a uno dei più grandi tenori del secolo, Carlo Bergonzi, che era stato il mio Radames nella leggendaria Aida alla Scala nel 1963. Bergonzi, che ha base a Busseto con una prestigiosa scuola di canto, accettò volentieri di essere il nostro direttore artistico, ed è stato poi uno dei maggiori garanti di tutta l’operazione che stavo mettendo in piedi.

 

Fu un mese di allegria, di scoperte, d’amicizia e di fantastico lavoro. Altri giovani, italiani o provenienti da Paesi più o meno vicini, scesero a Busseto “come colombe dal disio chiamate”.

 

Il piccolo, delizioso paese si popolò di artisti freschi, entusiasti, appassionati. Ne ero completamente inebriato, e i risultati non avrebbero potuto essere che felicissimi. Penso, e ne ho avuto conferma dalla notorietà internazionale e dal successo che ebbe lo spettacolo a Busseto, e nei tanti teatri dov’è stato poi presentato, che davvero quell’Aida piccola e prodigiosa sia il più riuscito e più felice spettacolo d’opera che abbia mai creato.

 

Il miglior rimedio ai miei malanni.

 

Al debutto, il 27 gennaio 2001, nella ricorrenza della morte di Verdi, il teatro era stracolmo di un pubblico molto speciale. C’erano pure Renata Tebaldi e Giulietta Simionato, che avevano maestosamente cantato le parti di Aida e Amneris in tutto il mondo, negli anni del loro splendore; molte volte insieme a Bergonzi nel ruolo di Radames.

 

Dopo il duetto d’amore del terzo atto, il pubblico, commosso, si alzò in piedi e applaudì per cinque minuti. L’innocenza e la purezza di quegli esordienti, sia vocalmente sia drammaticamente, rendeva vivi e credibili i loro personaggi, tanto che il pubblico se ne innamorò perdutamente.

 

Tutto era visto come attraverso una lente d’ingrandimento su quel minuscolo palcoscenico: non sfuggiva né un batter d’occhio né un gesto. L’impatto emozionale della delicata, struggente storia d’amore, finalmente finì per trionfare. Il trionfo più ambito per me.

 

Non so se sarò mai più capace di fare un’altra volta pieno centro come feci con questa “Aidina”, piccola piccola ma immensamente grande. Fu come se una forza straordinaria avesse riunito in una perfetta geometria il talento di tutti, dal più umile dei figuranti fino agli sbalorditivi protagonisti.

 

Sono particolarmente affezionato al ricordo di questo momento della mia vita perché spianò la strada a una mia ripresa proprio sul punto di dover dire “addio” a tutto.

 

Il dottor Posner mi aveva lasciato uno spiraglio di speranza e di luce, nell’oscurità che incombeva sul mio futuro. Ora tutto si riaccendeva di nuovo, in una luce quasi accecante.

 

(Testo gentilmente concesso dalla Fondazione Zeffirelli e

 

tratto dal libretto di sala di Aida del Festival Verdi 2019)