Con Macbeth Milano ritrova il 7 dicembre

Riccardo Chailly apre la Stagione 2021/2022 con il capolavoro della giovinezza di Verdi con la regia di Davide Livermore e Luca Salsi, Anna Netrebko, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov protagonisti

La Stagione d’Opera 2021/2022 del Teatro alla Scala si inaugura il 7 dicembre 2021 alle ore 18 con Macbeth di Giuseppe Verdi diretto dal Maestro Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore. Le scenografie sono state disegnate da Giò Forma, Gianluca Falaschi firma i costumi e D-Wok i video, mentre le luci sono di Antonio Castro.

Interpreti delle parti principali sono Luca Salsi, Anna Netrebko, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov; la serata schiera anche altri artisti prestigiosi, Iván Ayón Rivas e Chiara Isotton come Malcolm e Dama di Lady Macbeth.

Il Coro del Teatro alla Scala è diretto dal Maestro Alberto Malazzi, mentre le coreografie sono state concepite da Daniel Ezralow.

L’opera si esegue per la prima volta alla Scala secondo l’edizione critica curata da David Lawton per Ricordi. L’edizione scelta è quella del 1865, ma nel IV atto è inserita la morte di Macbeth (“Mal per me che m’affidai”) dalla versione del 1847.

Il settantesimo 7 dicembre scaligero (fu Victor de Sabata a spostare l’Inaugurazione dal 26 dicembre al giorno di Sant’Ambrogio nel 1951) assume un particolare rilievo per la città dopo l’edizione senza pubblico imposta dalla pandemia nel 2020.

Il Maestro Riccardo Chailly, che giunge alla sua ottava Inaugurazione di Stagione, ha scelto di portare alla ribalta del 7 dicembre il percorso creativo dei primi anni di attività di Giuseppe Verdi: una “trilogia giovanile” iniziata nel 2015 con Giovanna d’Arco (libretto di Temistocle Solera da Schiller, prima assoluta alla Scala nel 1845) protagonisti Anna Netrebko e Francesco Meli, proseguita nel 2018 con Attila (libretto di Temistocle Solera da Zacharias Werner poi rivisto da Piave, prima assoluta al Teatro La Fenice nel 1846) con la regia di Davide Livermore e Ildar Abdrazakov nel ruolo eponimo. Macbeth, su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei da Shakespeare, presentato per la prima volta al pubblico al Teatro della Pergola di Firenze nel 1847 e andato in scena per la prima volta alla Scala nel 1849, è quindi il punto d’arrivo di un percorso sul primo Verdi con l’esecuzione di un capolavoro che è conclusione degli anni giovanili e primo incontro del compositore con Shakespeare, che sarà ispirazione per le ultime opere su libretto di Boito, Otello e Falstaff.

Riccardo Chailly e Macbeth

A Macbeth Riccardo Chailly è tornato in diversi momenti della sua vita artistica: dopo la folgorazione giovanile per l’edizione leggendaria diretta nel 1975 alla Scala da Claudio Abbado, di cui è stato assistente, lo affronta per la prima volta trentenne a Basilea nel 1983 con Juan Pons e Sylvia Sass; l’anno seguente è il titolo del debutto salisburghese propiziato da Herbert von Karajan con la regia di Piero Faggioni, i Wiener Philharmoniker in buca e un cast che schiera Piero Cappuccilli, Ghena Dimitrova, Nicolai Ghiaurov e Luis Lima. In questa occasione Chailly decide, come già sperimentato da Abbado alla Scala, di far cantare a Cappuccilli nel IV atto la morte del protagonista sulle parole “Mal per me che m’affidai” provenienti dalla prima versione del 1847, anche per ragioni musicali riguardanti un ritorno tematico proveniente dal preludio dell’opera. Il Maestro torna a Macbeth nel 1987 con Orchestra e Coro del Comunale di Bologna per un film con la regia di Claude d’Anna, di nuovo con un cast straordinario che comprende Leo Nucci, Shirley Verrett, Veriano Luchetti e Samuel Ramey.

Gli interpreti

Il protagonista Luca Salsi arriva al suo quarto 7 dicembre con Riccardo Chailly dopo Andrea Chénier, Tosca e la serata “… a riveder le stelle”. Artista tra i più affermati a livello internazionale, in particolare nel repertorio verdiano, il baritono parmigiano ha conquistato il pubblico scaligero anche in Ernani e nel corso della Stagione 2021/2022 tornerà come Renato in Un ballo in maschera, sempre diretto dal Chailly. Tra i successi più recenti Tosca a Firenze e Salisburgo, Macbeth a Chicago e Vienna (dove sarà ripreso nel gennaio 2022), Rigoletto a Londra e Venezia e Tosca a Monaco, mentre tra i prossimi impegni spiccano Otello a Monaco e Nabucco a Madrid.

Alla sua quinta Inaugurazione scaligera (quarta con Riccardo Chailly), Anna Netrebko ha appena registrato con l’Orchestra della Scala diretta dal Maestro l’album di arie in italiano e in tedesco “Amata dalle tenebre” per Deutsche Grammophon. Alla Scala il più celebre soprano del nostro tempo ha debuttato nel 1998 con un concerto della Filarmonica diretto da Valery Gergiev; sempre Gergiev la dirige due anni più tardi in Guerra e Pace di Prokof’ev. Torna quindi come Donna Anna in Don Giovanni diretto da Daniel Barenboim il 7 dicembre 2011, come Mimì ne La Bohème diretta da Daniele Rustioni nel 2012, Giovanna d’Arco per il 7 dicembre 2015 diretta da Riccardo Chailly, come Violetta ne La traviata diretta da Nello Santi nel 2017, e ancora con Riccardo Chailly come Maddalena di Coigny in Andrea Chénier il 7 dicembre 2018 e come Tosca il 7 dicembre 2019. Anna Netrebko ha interpretato un vastissimo repertorio in tutti i teatri del mondo con i direttori e i registi più prestigiosi: tra i prossimi impegni Aida al San Carlo, il ritorno alla Scala con Adriana Lecouvreur (dal 4 marzo), Macbeth a Zurigo e Berlino e ad aprile un concerto con i Berliner Philharmoniker e Kirill Petrenko.

Anche Francesco Meli è al quinto 7 dicembre (terzo con Riccardo Chailly) e all’ottavo personaggio verdiano alla Scala dove, dopo il debutto scaligero nei Dialogues des Carmélites di Poulenc nel 2004, torna come Cassio nella ripresa dell’Otello diretto da Riccardo Muti e come Arbace nell’Idomeneo inaugurale della Stagione 2005/2006, diretto da Daniel Harding. Negli anni seguenti è Don Ottavio in Don Giovanni (Dudamel 2006), Leicester in Maria Stuarda (Fogliani 2008), Cantante italiano nel Rosenkavalier (Jordan 2011). Il 7 dicembre 2019 Mario Cavaradossi in Tosca è il suo primo Puccini alla Scala, dove ha già interpretato sette parti verdiane: Otello (Cassio), Giovanna d’Arco (7 dicembre 2015), I due Foscari, Don Carlo, La traviata, Ernani, Il trovatore, cui si aggiunge la Messa da Requiem diretta da Riccardo Chailly e l’aria di Riccardo da Un ballo in maschera nella serata “… a rivedere le stelle” del 7 dicembre 2020. Nella Stagione che si apre Meli tornerà a maggio come Riccardo nel Ballo in maschera diretto dal Maestro Chailly e a giugno come Enzo ne La Gioconda diretto da Frédéric Chaslincon la regia dello stesso Livermore.

Ildar Abdrazakov è al suo quinto 7 dicembre. Dal debutto ne La sonnambula nel 2001, Abdrazakov ha cantato alla Scala ne La forza del destino, Macbeth, Samson et Dalila, Iphigénie en Aulide (con Riccardo Muti, 7 dicembre 2002), Fidelio, Moïse et Pharaon (con Riccardo Muti, 7 dicembre 2003), Carmen, Lucia di Lammermoor, Les contes d’Hoffmann, Le nozze di Figaro, Don Carlo e Ernani oltre che nella Serata “… a riveder le stelle” il 7 dicembre 2020 e in numerosi concerti. Dotato di una tecnica vocale e di qualità sceniche che gli permettono di affrontare un vastissimo repertorio, Abdrazakov nei mesi scorsi è stato Gremin in Onegin a Liegi con Speranza Scappucci e Don Giovanni al Bol’šoj mentre tra i prossimi impegni si contano Il turco in Italia a Monaco, L’italiana in Algeri a Zurigo, Tosca a Napoli e Boris Godunov a Vienna.

La parte di Malcolm è breve ma essenziale per la riuscita dell’opera: il 7 dicembre sarà affidata a uno dei tenori emergenti del momento, Iván Ayón Rivas, allievo tra gli altri di Roberto Servile, Juan Diego Flórez e Ernesto Palacio, che è stato recentemente Duca di Mantova in Rigoletto alla Fenice (e presto a Palermo e Trieste) e nel 2022 sarà Faust a Bologna e alla Fenice. La Dama di Lady è Chiara Isotton, che dopo l’Accademia scaligera e il debutto al Piermarini come Sacerdotessa in Aida diretta da Zubin Mehta ha recentemente debuttato come Tosca a Tokyo, Treviso e Piacenza e prossimamente sarà Elisabetta in Don Carlo a Marsiglia.

Lo spettacolo

Frutto del lavoro della squadra artistica guidata da Davide Livermore nella quarta Inaugurazione di Stagione consecutiva, l’allestimento di Macbeth si presenta anche scenicamente come esito e compendio di un percorso al cui centro è il significato del potere, con i suoi spazi monumentali, i suoi simboli, il suo impatto sulle vite dei singoli ma anche con la sua fragilità e il suo inevitabile tramonto. Il trono di Attila, il sadismo annidato nelle stanze fastose di Tosca, lo sgretolarsi dei palazzi rappresentato con impressionante premonizione da Livermore nella Casa Bianca in fiamme, che faceva da sfondo al Credo di Iago nella serata “… a riveder le stelle” poche settimane prima dell’assalto al Campidoglio, si ritrovano in Macbeth in un nuovo contesto. Abbandonato il filtro della rappresentazione in costume, l’allestimento ci parla delle città del nostro tempo, santuari della ricchezza e del dominio eppure fragili ed esposte a oscure minacce. Città le cui prospettive si moltiplicano e si riflettono come nel film Inception (Christopher Nolan, 2010), immagini di un inconscio tortuoso, di un io smarrito.

Le scene di Giò Forma ci mostrano uno skyline che rimanda a quello delle grandi città americane, New York o Chicago, con il loro panorama di grattacieli. Negli interni troviamo la stessa dimensione metropolitana, arricchita di riferimenti ai classici dell’architettura novecentesca, da Frank Lloyd Wright a Ludwig Mies van der Rohe. Tra questi spicca un preciso riferimento a Milano con un omaggio a Piero Portaluppi, che ha segnato il panorama urbano milanese con edifici come il Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto in Porta Venezia e Villa Necchi Campiglio. Nel 1926 Portaluppi disegnò “Tre case nuove strambe”, progetto mai realizzato per l’edifico S.T.T.S. in corso Sempione: nel secondo disegno la facciata è occupata da un colossale labirinto. Questo labirinto torna in diverse dimensioni - architettoniche o decorative - e con molteplici funzioni come Leitmotiv dell’allestimento: affettuoso omaggio alla città e metafora dei tortuosi percorsi della mente dei protagonisti. Nelle sfarzose sale del palazzo di Macbeth e Lady si accumulano i simboli del potere, di cui fanno parte ricche collezioni d’arte, spesso con allusioni e omaggi ad artisti reali. Tra questi campeggia la statua di una pantera in cui si riflette la natura ferina di Lady.

Milano non è solo nell’architettura ma anche nella moda: Gianluca Falaschi evita ogni citazione testuale ma ripercorre gusti e tendenze della creatività milanese degli ultimi decenni disegnando creazioni eleganti e lussuose per la corte in netto contrasto con la monocromia della folla, vestita di abiti diversi per foggia e tonalità su una stessa tinta di base.

A partire dal 2018, con Attila, Livermore e il suo team, anche a seguito della decisione della Rai, dal 2017, di portare su Rai Uno la diretta della Prima, hanno introdotto una riflessione sul teatro e i media che si è mossa su due direttrici: da un lato l’introduzione nella pratica teatrale di tecniche di altri media (per esempio il “piano sequenza” cinematografico che apriva Tosca nel 2019), dall’altro il dialogo diretto con la tv. Il trailer televisivo di Attila era un video che poi si ritrovava come parte dello spettacolo. Nel trailer di Tosca si vedeva Anna Netrebko in uno spazio che rimandava alla galleria di Palazzo Farnese, elementi della quale si sarebbero ritrovati nel secondo atto in teatro. Lo spettacolo di “emergenza”, pensato solo per la televisione l’anno scorso, è stato un nuovo capitolo, con la necessità di inventare una drammaturgia per trasformare una serie di arie in un’affermazione di vitalità del teatro (anche di prosa) italiano. In Macbeth torneranno i riferimenti cinematografici ma ibridati con l’estetica e i linguaggi del gaming, sempre più pervasivi nella creatività del nostro tempo. Proprio con un software di gaming Paolo Gep Cucco di D-Wok ha realizzato le scenografie digitali delle prime scene.

Shakespeare, la parola scenica e una nuova idea di teatro musicale

I primi due titoli della nuova Stagione scaligera sono classiche trasposizioni operistiche ottocentesche di drammi shakespeariani: a Macbeth di Verdi seguono nel calendario di gennaio I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, del 1830. E proprio uno sguardo alla lettura shakespeariana di Romani, filtrata dalle riletture classicheggianti di Jean-François Ducis, aiuta a comprendere la rivoluzione operata da Verdi, che per tutta la vita tornerà a progettare opere tratte dalle tragedie del bardo (Amleto, La tempesta ma soprattutto Lear) fino agli estremi capolavori realizzati con Boito. D’altra parte lo stesso Andrea Maffei, che ebbe un ruolo decisivo nella formazione del gusto letterario di Verdi e gli fornì il libretto dei Masnadieri schilleriani andati in scena pochi mesi dopo Macbeth, oltre a rivedere i versi scritti per quest’ultimo dal Piave, conservava verso Shakespeare un’adesione parziale, minata da riserve classiciste. È Verdi a imporre un passo drammatico nuovo e a intuire in Shakespeare lo strumento che gli permetterà di sovvertire le regole del melodramma per inventare un teatro musicale in cui la “parola scenica” svolge un ruolo centrale. Scrive Verdi “Mi venne in capo di fare il Macbeth: ne feci io stesso la selva, anzi feci distesamente il dramma in prosa con la distribuzione di atti, scene, pezzi”. Scontentissimo dei versi di Francesco Maria Piave e in particolare della sua prolissità (“Abbia sempre in mente di dir poche parole… poche, poche ma significanti”), Verdi a pochi mesi dalla prima chiede al Maffei una drastica revisione, e poi si getta nella preparazione minuziosa dello spettacolo. Agli interpreti della prima fiorentina, Marianna Barbieri-Nini e Felice Varesi, chiede di servire “meglio il poeta che il maestro”, e lavora sul minimo dettaglio con loro e sull’allestimento, in particolare per le scene delle streghe e delle apparizioni. Per queste, momento culminante di una presenza sovrannaturale affatto inconsueta nel teatro verdiano, Alessandro Sanquirico aveva suggerito di ricorrere a una “fantasmagoria” ovvero alle proiezioni di una lanterna magica, ma altrettanto forte è il ricordo degli spettacoli shakespeariani visti a Londra “ove si rappresenta continuamente questa tragedia da 200 anni e più”. In una celebre lettera del 1848 a Cammarano Verdi scrive a proposito di Eugenia Tadolini, che avrebbe cantato Lady a Napoli: “La Tadolini canta alla perfezione e io vorrei che Lady non cantasse. La Tadolini ha una voce stupenda, chiara, limpida, potente: e io vorrei in Lady una voce aspra, soffocata, cupa”. Alla vigilia della prima della versione parigina del 1865 Verdi fa di nuovo riferimento alla prosa descrivendo la recitazione del sonnambulismo di una delle maggiori attrici dell’Ottocento, Adelaide Ristori: “Chi ha visto la Ristori sa che si devono fare solo pochissimi gesti, anzi uno solo, cioè di cancellare una macchia di sangue…”. Ripensando Macbeth per Parigi, Verdi taglia l’aria di Lady “Trionfai”, un pezzo piuttosto convenzionale memore di Ernani, sostituendola con la moderna e umanissima “La luce langue”; sostituisce alla fine del Terzo atto l’aria di Macbeth “Vada in fiamme e in polve cada” con il furioso duetto “Ora di morte e di vendetta”; ma soprattutto nello stesso III atto inserisce le danze e nel IV il coro “Patria oppressa”, forse in assoluto la sua pagina corale più alta, e un più ampio e articolato finale da cui è espunto il momento della morte del tiranno “Mal per me che m’affidai”. “Patria oppressa”, come d’altra parte “La luce langue”, supera le contingenze storiche, nel caso risorgimentali, dell’edizione del 1847 per attingere a un pessimismo metafisico e universale.

Macbeth alla Scala

Macbeth giunge al Piermarini a due anni dalla prima fiorentina, nel 1849: primo violino e direttore d’orchestra è Eugenio Cavallini, protagonisti sono Francesco Gnone e Carlotta Gruitz, le scene sono disegnate da Carlo Fontana. Sempre con Cavallini e nell’edizione fiorentina l’opera torna nel 1852, ‘54, ‘58 e ‘63. Sfumato il progetto di una presentazione scaligera della nuova versione modificata e arricchita dai balletti immediatamente dopo la prima parigina del 1865, il direttore dell’Orchestra scaligera Franco Faccio, artista di fiducia di Verdi dopo il trionfo della prima italiana di Aida da lui diretta al Piermarini nel 1872 e appassionato shakespeariano (la sua opera Amleto era caduta alla Scala nel 1871), dirige la prima italiana solo nel 1874, con Francesco Pandolfini e Antonietta Fricci-Baraldi nelle parti principali.

Segue un lungo silenzio, rotto solo nel 1938 da Gino Marinuzzi che crede nell’opera tanto da proporla per la prima volta come inaugurazione della stagione, che era allora fissata al 26 dicembre. La regia è di Oscar Walleck, cantano Alessandro De Sved e Clara Jacobo.

La svolta per le fortune dell’opera giunge però nel 1952. L’anno precedente Victor de Sabata aveva spostato la data dell’Inaugurazione di stagione al giorno di Sant’Ambrogio e vi aveva trionfalmente diretto Maria Callas ne I vespri siciliani. Il secondo 7 dicembre l’eco è ancora maggiore: direttore e soprano, insieme al Macbeth di Enzo Mascherini, creano un’esperienza teatrale incandescente, riportando un successo epocale che sancisce la definitiva rivalutazione critica del titolo. La regia è di Carl Ebert. Nel 1964 il Teatro torna a presentare l’opera in un allestimento di rango: dirige Hermann Scherchen, la regia è di Jean Vilar, cantano Giangiacomo Guelfi e Birgit Nilsson.

La terza inaugurazione scaligera con Macbeth, e il secondo 7 dicembre (1975), è un nuovo apice, uno spettacolo leggendario per valore assoluto di tutte le sue componenti, che si impone tra le grandi interpretazioni verdiane. Dirige Claudio Abbado, il coro è preparato da Romano Gandolfi, Giorgio Strehler crea uno dei suoi allestimenti più geniali forte dell’impressionante parete di rame disegnata da Luciano Damiani, autore anche dei costumi i cui lunghissimi strascichi si incrociano sul palcoscenico come code di rettili. In scena Shirley Verrett, Piero Cappuccilli e Nicolai Ghiaurov offrono prove storiche tanto dal punto di vista vocale che da quello scenico restituendo ai personaggi statura tragica, strazio umano e superbia regale. Macduff alla prima è Franco Tagliavini: sarà poi Veriano Luchetti e nell’incisione Plácido Domingo. Abbado riprende lo spettacolo nel 1979 e nel 1985 (con Ghena Dimitrova).

Riccardo Muti, che aveva diretto una celebre versione dell’opera a Firenze nel 1975 con la regia di Franco Enriquez, riporta Macbeth all’Inaugurazione di stagione nel 1997 ripristinando l’integralità delle danze e osando con la regia astratta di Graham Vick: la scena, interamente giocata su ampie campiture di colori primari (blu, con elementi rossi e gialli) è dominata da un gigantesco cubo che, in equilibrio su un angolo, incombe minacciosamente sui protagonisti. In scena spiccano lo slancio vocale di Maria Guleghina e la sottigliezza psicologica di Renato Bruson, insieme allo smalto di un giovane Roberto Alagna. Oltre che per la direzione di Muti, lo spettacolo resta negli annali come uno dei primi tentativi riusciti di presentare in chiave contemporanea il grande repertorio alla Scala. L’allestimento è ripreso da Muti nel 2001 e in Giappone nel 2003, mentre nel 2010 dirige Kazushi Ono.

L’ultima apparizione di Macbeth sul palcoscenico della Scala risale al Bicentenario del 2013 con Valery Gergiev a dirigere Franco Vassallo e Ana Lucrecia García in una produzione di Giorgio Barberio Corsetti.

La Prima sulla Rai

Macbeth è proposto da Rai Cultura in diretta in esclusiva su Rai1 a partire dalle 17.45. Lo spettacolo, con la regia televisiva di Arnalda Canali, è trasmesso in diretta anche su Radio3, su Rai1 HD canale 501 e su RaiPlay, dove potrà essere visto per 15 giorni dopo la Prima. La trasmissione di Tosca il 7 dicembre 2019 ha totalizzato 2.800.000 telespettatori, e oltre 2.600.000 hanno seguito lo spettacolo “... a riveder le stelle” nel 2020.

Rai Com distribuirà l’opera in diretta nelle sale cinematografiche. Saranno più di 30 i cinema italiani coinvolti, ma l’evento sarà disponibile anche in quelli di Spagna, Norvegia, Finlandia, Svizzera, Polonia, Olanda e Gran Bretagna.

L’opera verrà replicata in differita nelle sale di Australia, Sud America, Russia, Belgio, Francia. Ulteriori repliche sono previste nei prossimi mesi in molti cinema europei.

La Prima potrà essere seguita anche sui canali televisivi Arte (Francia), ZDF (Germania), RPT (Portogallo), RSI (Svizzera), CESKA TELEVIZE (Repubblica Ceca), ACTION 24 (Grecia) e MTVA (Ungheria). Sarà inoltre trasmessa in differita in Giappone dalla tv pubblica NHK, in Corea da IL MEDIA e in Russia da TV Kultura.

Per il mercato dell’audiovisivo è prevista per il 2022 l’uscita di un DVD dello spettacolo.

Prima Diffusa

Giunge alla 10° edizione Prima Diffusa, il vero e proprio festival con cui il Comune di Milano insieme a Edison e alla Rai accompagna Milano nella settimana precedente la Prima della Scala con oltre 80 iniziative tra concerti, performance, reading, incontri e conferenze, mostre e rassegne dedicati all’opera, coinvolgendo più di 40 luoghi della cultura milanese e spazi cittadini simbolici presenti in tutti i 9 Municipi. Un coinvolgimento di tutta la comunità che cresce fino al 7 dicembre, giorno in cui la Prima va in scena sul palcoscenico del Teatro alla Scala e sarà trasmessa in diretta in 34 spazi dei nove municipi e anche nell’area metropolitana. In questi dieci anni Prima Diffusa è cresciuta sempre di più, coinvolgendo oltre 200.000 spettatori, 80 spazi cittadini con più di 200 eventi (a questo link https://www.yesmilano.it/primadiffusa si può visualizzare la mappa di questi dieci anni di proiezioni in diretta). In questa decima edizione saranno disponibili diecimila posti nelle 34 sale di proiezione, mille in più rispetto alla scorsa edizione (2019).

L’anteprima UNDER30

Anche quest’anno la Prima sarà preceduta il 4 dicembre alle 18 dall’ormai tradizionale Anteprima per il pubblico UNDER30. L’iniziativa, inaugurata in occasione della Prima di Don Carlo nel 2008, permette a tutti i giovani di meno di trent’anni di acquistare un biglietto per lo spettacolo di apertura della Stagione al prezzo di 20 euro ed è diventato un cardine della politica di apertura del Teatro alle nuove generazioni. I biglietti vanno regolarmente esauriti poco dopo l’apertura delle vendite anche per l’analoga iniziativa riservata ai giovani spettatori del Balletto, che quest’anno assisteranno all’Anteprima de Labayadère il 14 dicembre. Le anteprime degli spettacoli sono solo una delle iniziative e delle possibilità offerte al pubblico degli UNDER30 dal Teatro alla Scala. Tutti i dettagli sui Pass, gli abbonamenti e le offerte sono visibili su https://www.teatroallascala.org/it/under30/index.html.

La Prima sui social media

La Prima è ogni anno un momento di grande visibilità del Teatro sui social media, con l’hashtag #primascala che si colloca regolarmente tra i trend più seguiti. Il Teatro alla Scala, con i suoi 420.513 follower su FB, 293.876 su Instagram e 308.402 su Twitter, si colloca tra le istituzioni culturali italiane più seguite sui social, e in occasione della prima debutterà su Tik Tok, che ha appena lanciato l’hashtag #classicalmusic e proprio in occasione della Prima lancerà a partire dal 4 dicembre il nuovo #dietrolequinte.