Muti, Verdi, Requiem

di Luis Gutiérrez

Standing ovation per una straordinaria edizione del Requiem verdiano: solo la locandina bastava a mettere i brividi, e ogni parola in più sembra superflua.

SALZBURG, 18 agosto 2013 - Basta leggere la locandina di questo concerto per avere i concerto. Verdi e il suo Requiem, Salisburgo, uno splendido quartetto di solisti, una delle migliori orchestre del mondo - di fatto la più brillante dopo l'accordatura a 444 hertz (trucchetto interessante), con un coro che è pure uno dei migliori in assoluto e il tutto diretto da qualcuno che la Scala dovrebbe rimpiangere: il grande Riccardo Muti.
Nel 1869 Verdi progettò una Messa per Rossini, morto un anno prima, da affidare a dodici compositori provenienti da varie regioni d'Italia che rappresentassero non solo l'unione politica del Paese, ma anche quella musicale. Verdi compose per l'occasione il Libera me, ma il progetto fu annullato nove giorni prima del debutto (e recuperato come curiosità musicologica nel 1988). L'idea di un Requiem fu poi ripresa da Verdi in occasione della scomparsa di Alessandro Manzoni.
Verdi, come molti intellettuali del suo tempo (e di oggi), era un agnostico e anticlericale e rese esplicita la sua visione del potere della Chiesa, per esempio, in Don Carlo, che nella stesura francese, nel quarto atto, comprende proprio la prima versione del tema del Lacrymosa.
Il Requiem è stato accusato, specie dalla critica tedesca, di essere troppo operistico, i particolare se confrontato con il Deutsches Requiem di Brahms (1866) e la sua tradizione luterana. Hans von Bülow fu perfino sprezzante nel definire il Requiem di Verdi come un'opera in tonaca opera. A mio parere si tratta semplicemente di una partitura profondamente radicata nella tradizione italiana e penso che ci siano pochissime descrizioni musicali della presenza infernale al pari della sequenza del Dies irae.
È proprio all'inizio del Dies irae che coro e orchestra hanno lasciato un'impronta indelebile nel mio essere. Il male esiste e quello che lo annuncia sono quei timpani in fortissimo. Tutti i solisti erano magnifici, soprattutto le donne: la Stoyanova ha chiuso drammaticamente l'opera con il canto del Libera me prima della ripetizione, più sommessa, del Dies irae.
Devo dire che mi ha colpito di più, però, è stata Elīna Garanča, il cui Lux Aeterna avrebbe ben potuto in realtà essere eterno. Sembra che la gravidanza non solo abbia reso ancora più intensa la sua bellezza, ma che la voce sia diventata ancora più dolce e potente allo stesso tempo .
Alla fine è successo qualcosa che accade molto raramente a Salisburgo: i duemilacentosettantanove spettatori si sono levati in una standing ovation agli artisti di oltre dieci minuti .
Lo spettacolo è stato trasmesso in diretta dalla radio austriaca e mi auguro ne venga tratto un CD. Se uscirà, sarà da non perdere.

 

Grosses Festpielhaus. Giuseppe Verdi: Messa da Requiem (22 maggio 1874, San Marco in Milano). Solisti: Krassimira Stoyanova (soprano), Elīna Garanča (mezzosoprano), Piotr Beczala (tenore), Dmitry Belosselskiy (basso). Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, Ernst Raffelsberger maestro del coro. Wiener Philharmoniker. Riccardo Muti, direttore.