Doppio quartetto in festa

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Il quartetto d'archi dell'Arena di Verona e quattro voci capitanate dalla stella del soprano Hui He conducono il pubblico in un intenso pomeriggio di grande musica per la stagione concertistica di Verona Lirica.

VERONA, 14 dicembre 2014 - Solo un giorno dopo l'inaugurazione della stagione d'opera e balletto, con la rappresentazione di Lucia di Lammermoor, il pubblico scaligero torna a godere del grande melodramma, grazie al terzo concerto stagionale di Verona Lirica. Concerto che va a chiudere quest'anno solare, ma non l'attività dell'associazione che si ripresenterà al teatro Filarmonico con altri quattro appuntamenti.

Il pomeriggio, oltre che essere d'augurio per le prossime festività, aveva scopo benefico, in favore dell'AOI Onlus (Associazione Oncologica Italiani Mutilati della Voce), la cui attività è stata illustrata agli astanti dall'ing. Zanoli, presidente dell'associazione stessa. Piuttosto nutrita la presenza di pubblico fra palchi e platea, in attesa che avesse inizio il pomeriggio di musica. Come sempre la presentazione di tutti i brani è stata affidata alla brillante verve di Davide Da Como della Fondazione Arena di Verona, che ha saputo intrattenere il pubblico con la consueta maestria e prontezza di fronte a piccoli inconvenienti. I brani sono stati presentati in maniera più che appropriata, adatta sia a un pubblico di neofiti, sia di habitué dell'Opera, che, altrimenti, non avrebbero atteso altro che l'accordatura degli strumenti.

Purtroppo l'annunciato Mattia Olivieri ha dovuto rinunciare al concerto, ma, per fortuna, il basso Seung Pil Choi si è trovato pronto al cimento canoro; proprio lui è sceso per primo in palcoscenico con un passionale “Il lacerato spirto”, dal Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi. Di seguito è stata la volta del mezzosoprano Elena Gabouri con “Acerba voluttà”, dall'Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea e del tenore di Tiblisi George Oniani, impegnato nell'interpretazione di “Cielo e mar” dalla Gioconda di Amilcare Pochielli. Attesissima, non ha deluso il pubblico il soprano Hui He con la sua sentita espressione e voce maestosa in “Ebben ne andrò lontana” da La Wally di Alfredo Catalani. Tutto questo giusto per scaldare gli animi, in attesa dell'esplosione che sarebbe seguita, specialmente nella seconda parte del pomeriggio. Bella l'idea degli organizzatori del concerto di far eseguire dal quartetto d'archi della Fondazione Arena di Verona una fantasia da Il Trovatore. Fantasia seguita, soluzione di continuità e con l'accompagnamento di archi e pianoforte uniti, da “Stride la vampa”, ovviamente affidata alla calda e imponente voce di Elena Gabouri. Sarebbe stato troppo semplice concludere così la prima parte del concerto, che ha saputo offrire, ancora, l'Improvviso di Andrea Chénier e il duetto soprano\mezzo-soprano “È un'anatema!” dalla Gioconda. Dopo l'intervallo un breve saluto all'organigramma di Verona Lirica, senza il quale non sarebbe possibile assistere - a questi costi - a eventi del genere con cantanti di levatura internazionale.

Seconda parte coinvolgente, iniziata dalla splendida aria di Giovanna d'Arco, non tratta dalla celebre opera di Giuseppe Verdi, ma da La Pulzella d'Orléans di Čajkovskij, e interpretata da Elena Gabouri con notevole pathos, grazie anche ai suoi natali, avvenuti in terra di San Pietroburgo. Segue il duetto “Tu, tu, amore? Tu?” fra Hui He (Manon Lescaut) e George Oniani (il cavaliere Des Grieux). Il pomeriggio parrebbe già ricco a sufficienza, ma a Verona Lirica non è bastato e gli organizzatori hanno avuto la felice idea di portare sul palco del Filarmonico ampie pagine dal Don Carlo di Giuseppe Verdi, partendo da una delle più belle arie scritte dal compositore bussetano e affidata alla voce di Seung Pil Choi: “Ella giammai m'amò”, la struggente delusione di Filippo II che nell'intimo del suo cuore palesa debolezza, cosciente che la sua sposa lo abbia preso in marito solo per motivi politici, senza nutrire alcun sentimento verso di lui. Dopo le note dell'imperatore spagnolo il quartetto d'archi dell'Arena di Verona ci porta in Francia, nella foresta di Fontainebleau, foresta immensa e solitaria nei versi di Don Carlo e nel pentagramma verdiano. A farcene sentire il ricordo è, poi, Hui He, con una lettura memorabile, per intensità e fraseggio, della grande aria di Elisabetta di Valois, “Tu che le vanità”. Due arie che mettono in risalto la fragilità della coppia sul trono; lui amareggiato per la sua sorte; lei, che fu fiera fanciulla piegata alla ragion di Stato, ora è regale imperatrice e si rivolge, quasi raccolta in preghiera, al defunto Carlo V.

Troppo struggimento e al Filarmonico tornano protagoniste note meno riflessive, ma altrettanto belle, estrapolate dalla stessa opera. La ballata di Eboli chiude la pagina dedicata alle vicende del principe delle Asturie e il concerto ha sua conclusione in Giappone, grazie a Giacomo Puccini; il duetto fra Butterfly e Pinkerton “Viene la sera” ci riaccompagna verso le nostre abitazioni, non pieni di malìa, ma felici per il bel pomeriggio trascorso.

Tutti brani sono stati accompagnati al pianoforte dal Maestro Patrizia Quarta. Il quartetto d'archi dell'Arena così si componeva: Gunther Sanin (violino), Vincenzo Quaranta (violino), Luca Pozza (viola) e Sara Airoldi (violoncello).

Al termine applausi, targhe ricordo per tutti coloro che hanno contribuito dal palcoscenico alla buona riuscita del pomeriggio e auguri di Buone Feste ai presenti. Auguri ai quali ci uniamo e ai quali aggiungiamo un arrivederci ai prossimi appuntamenti.