Sogno viennese

 di Andrea R. G. Pedrotti

La stagione di balletto della Fondazione Arena di Verona si apre con un omaggio alla tradizione viennese incarnata Johann Strauss jr e rivissuta dal coreografo Renato Zanella con la costruzione drammaturgica di un'originale e nostalgica rêverie nella quale trovano spazio anche le note di Mahler e di Strauss padre.

VERONA, 19 dicembre 2014 - Nella cornice del Teatro Ristori, ha inizio la stagione di balletto della Fondazione Arena di Verona. Una serata all'insegna della festa e del divertimento per un saluto al pubblico, in tema perfetto con le imminenti festività.

Fin dalla più tenera infazia il concetto stesso di Capodanno è sempre stato per molti di noi legato al nome di Johann Strauss. Tradizione immancabile è sintonizzarsi sulle immagini provenienti dalla Goldener Saal del Musikverein, pronti ad ascoltare le note dell'incontrastato dominatore del pentagramma quando si parli di Waltzer, Polka, Quadriglia, o qualsiasi altra amata danza popolare. L'idea di Renato Zanella, direttore del corpo di ballo dell'Arena, è trasmettere le sensazioni di una passeggiata, ma non una passeggiata banale, bensì quel girovare tipico e solitario nel dedalo di vie che caratterizza Vienna, ma anche altre città, come Verona stessa. La prima ballerina, Teresa Strisciulli, fasciata da una leggera veste, danza solitaria e senza musica, nell'attesa, sua e nostra, che la vita prenda forma nel sogno; tutto questo mentre sullo sfondo veniva proiettata una semplice luce ora blu, ora azzurra, ora rosata - il colore del cielo nelle sue varie sfumature e nei varii momenti della giornata. Non avrebbero avuto senso delle proiezioni più elaborate, poiché queste avrebbero indicato inequivocabilmente la città, facendo venir meno il clima di riflessione vaga cercato da Zanella e reso con efficacia al pubblico presente.

Come detto Johann Strauss jr. è stato il filo conduttore della serata e, terminata la passeggiata solitaria della ballerina, la quadrille su temi di Un ballo in maschera (titolo d'apertura della stagione areniana appena trascorsa) ha letteralmente aperto le danze. È stata una quadriglia solitaria ed eseguita senza sbavature dalla Strisciulli, che ha potuto contare su una maggior partecipazione del pubblico da quando i suoi movimenti tersicorei hanno principiato a essere accompagnati dalla fantasia di ispirazione verdiana. Qui comincia la trama vera e propria e si entra nel vivo della riflessione peripatetica, avvinti dalle note verdiane, oltre che dall'abilità della Strisciulli.

Seguono le vicende di danze tradizionali, eseguite con stile, ma riviste da Zanella in gusto neoclassico; non solo questo, non solo l'immaginazione, ma le immagini reali di scuole di danza e di musica prendono vita sul palco del Ristori, accompagnate dalla frivola gioia innocente di giovanili schermaglie amorose. Dopo l'esecuzione della Elien a Magyar, con una compagnia di ballo interamente maschile, è il momento del più bel brano della serata (nell'unione fra ballo e musica), ovvero la celeberrima Pizzicato-Polka, che Johann Strauss scrisse con il fratello Josef, dove Evghenij Kurtsev e Teresa Strisciulli hanno dato vita ha un'autentica lite leggiadra, degna delle più celebri dispute sentimentali, che furono cifra caratteristica dell'operetta viennese. I due partono e si appartano, per lasciar spazio a una grande Künstlerleben: brano scelto in perfetta armonia con il tema della serata. Qui termina la prima parte, un po' corta invero, e dopo un breve intervallo si torna a volteggiare, sempre accompagnati da Strauss e dal suo Perpetuum Mobile (Ein musikalischer Scherz), che fa da contraltare ai passi, questa volta esclusivamente femminili, della Bauern-Polka, fino a dare vita, inframezzati dal Leichtes Blut interpretato dai tre primi ballerini Antonio Russo, Evghenij Kurtsev e Marco Fagioli, all'apoteosi del Ristori, con un bellissimo Frühlingsstimmen (Rêves de printemps), caratterizzato da mirabili coppie danzanti in un grande valzer, tradizionale e nuovo al tempo stesso; non classico il carattere dei costumi, ma ineccepibilmente rigorosi i passi a tre.

Apoteosi di gioia e spensieratezza, spezzata da Gustav Mahler nella Sinfonia n.5 in do diesis (quarto movimento): ancora un valzer, metafora di una lettera alla moglie, Alma Schindler, che pone fine alle note “frivole ed uforiche” (come le definiva Mahler stesso) di Strauss. Le luci si attenuano nell'intensità e nell'immagine, e, al calare dalla torre scenica delle piantane, tutto è reso più melanconico e riflessivo. Ultimo brano dall'immago triste e struggente, interpretato al meglio da Teresa Strisciutti e Antonio Russo, con una passione che andava ben oltre le proprietà tecniche.

Chiusura in pieno stile viennese, con tutto il corpo di ballo a succedersi a tempo di musica sulla scena, col sottofondo della intramontabile Radetzky-Marsch di Johann Strauss padre.

Al termine convinti e meritatissimi applausi per tutti, soprattutto per Teresa Strisciulli e Renato Zanella.

La danza tornerà di scena al teatro Filarmonico, e non più al Ristori (adibito principalmente alla stagione sinfonica), a febbraio con XX Secolo e a maggio con il Gran Gala. Originale idea per questa stagione il dittico di marzo con il balletto di Manuel de Falla El Amor Brujo e Cavalleria Rusitcana, che verranno uniti in un grande poema musicale, entrambi sotto la guida di Renato Zanella, coreografo e regista dell'evento. La speranza è che tutto ciò possa portare il pubblico, colpevolmente poco numeroso, a frequentare maggiormente entrambe le medaglie della stagione della Fondazione, fra le poche in Italia a riuscire a mantenere in piedi un corpo di ballo di qualità.

foto Ennevi