Matrimonio di giovani

di Francesco Bertini

A Rovigo torna il più celebre lavoro di Cimarosa, modello perfetto dell'opera buffa napoletana, nella produzione affidata ai vincitori del concorso Toti Dal Monte. Fra questi si distinguono per stile e qualità interpretative il Geronimo di Fabrizio Beggi e l'Elisetta di Giulia Semenzato.

ROVIGO 15 novembre 2013 - Il Teatro Sociale di Rovigo presenta, all’interno della stagione lirica, alcuni titoli poco frequentati: è il caso di Il furioso all’isola di San Domingo, nel gennaio prossimo, di Il Campiello, in febbraio, e di una messinscena, terminata da pochi giorni, di Il matrimonio segreto. La coproduzione, nata in seno al XLI Concorso Internazionale per cantanti “Toti Dal Monte” 2012, ha coinvolto i Teatri e Umanesimo Latino S.p.A. di Treviso, la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e, appunto, il Sociale di Rovigo in uno spettacolo interpretato, quasi per intero, dai giovani vincitori della passata edizione del concorso lirico trevigiano.

L’opera ottenne, al debutto, un successo immediato tanto da essere una delle poche rimaste quasi ininterrottamente in repertorio, con più o meno frequenti rappresentazioni, fino ai nostri giorni. La prima, il 7 febbraio 1792 nel Burgtheater di Vienna, testimonia, a breve distanza temporale dalla morte di Mozart, i fasti ai quali l’opera comica era assurta nel continente europeo in quegli anni. Cimarosa ebbe la fortuna di lavorare, per questo ed un successivo progetto viennese, a fianco del librettista italiano Giovanni Bertati, fresco di nomina a poeta dei teatri imperiali, dopo la lunga attività a Venezia. Il testo, vivace e spiritoso, diede l’opportunità al compositore di scrivere con grande creatività, nonostante la rigidità degli schemi abbinati all’opera comica.

L’impianto scenico, ideato per la coproduzione tra i teatri del Nordest, è affidato alla briosa vena creativa di Italo Nunziata, coadiuvato per le scene e i costumi da Pasquale Grossi e per il disegno luci da Patrick Latronica. Il regista ha optato per una lettura dinamica che, nonostante l’abbondante impiego di situazioni legate per tradizione all’opera di carattere faceto, restituisce la freschezza della movimentata vicenda e fa assaporare il turbinio costante dovuto al continuo cambio di vista offerto allo spettatore attraverso le caratteristiche precipue dei singoli personaggi.

Grossi affianca sapientemente il regista. Le scene rappresentano un’abitazione ingombra di arredi, coperti da teli antipolvere rimossi ad arte durante lo spettacolo, nella quale giocano un ruolo fondamentale quattro imponenti librerie, ricolme di oggettistica svariata, che, spostandosi lungo la superficie del palco, delimitano spazi costantemente cangianti. Latronica, intelligente gestore dell’impianto luci, valorizza il lavoro dei colleghi con un illuminazione riuscita.

L’interprete più naturale, quello maggiormente credibile in scena, è il basso Fabrizio Beggi. La capacità di affrontare con consumata naturalezza il ruolo del Signor Geronimo convince, tanto per resa attoriale quanto per profonda attenzione al fraseggio che esalta il testo di Bertati e lo stile richiesto da Cimarosa.

Il ruolo di Elisetta, una delle due figlie di Geronio, quella più astiosa e rancorosa, si giova del lavoro di Giulia Semenzato, giovane cantante accurata per quanto riguarda l’emissione, a proprio agio con gli abbellimenti senza trascurare mai la precisione della dizione.

Il problema dell’intonazione tocca, più o meno pesantemente, tutti gli altri interpreti. Carolina è Dorela Cela, soprano albanese dallo strumento potenzialmente assai interessante ma alla prova dei fatti non sempre controllato, benché la prestazione risulti preparata con cura. Il personaggio è ben delineato, anche per la credibilità fisica dell’interprete.

Andrea Zaupa, Conte Robinson, riesce in scena brillantemente (come in passato aveva dimostrato, al confronto con altri titoli) ma appare vocalmente sfocato e in difficoltà nel ricercare un’emissione credibile per tratteggiare la parte.

Loriana Castellano impersona una Fidalma piuttosto apprezzabile, a parte quanto già ricordato in merito all’intonazione e, inoltre, qualche superficialità, probabilmente imputabile alla regia, nella caratterizzazione della zia biliosa.

L’unico artista non selezionato dal Concorso lirico trevigiano è il tenore Filippo Adami, Paolino. Il giovane garzone viene tratteggiato con voce non del tutto appropriata alla parte: si nota tensione nella linea di canto che Cimarosa esigerebbe cristallina ed aggraziata. L’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta è compatta e affronta questo repertorio con insolita gradevolezza. La guida, dal podio, è affidata a Damiano Binetti il quale, tolti alcuni scollamenti con il palcoscenico, dirige con gusto personale e riuscita affinità. Sono appropriate tanto le scelte agogiche quanto quelle dinamiche e la lettura giova assai alla buona riuscita della produzione.

Nonostante i tristi vuoti, inspiegabili per la stagione lirica di uno dei teatri di tradizione più noti del nostro paese, il successo è comprovato, al termine, da calorosi applausi.