La solitudine del potere

di Suzanne Daumann

 

Grande successo per La clemenza di Tito alla Bayerische Staatsoper grazie alla direzione di Kirill Petrenko e alla regia di Jan Bosse, che ci hanno regalato una serata d'opera di grande qualità, ricca di spunti di riflessione sul potere e sull'animo umano. Assai efficace il cast, con Toby Spence, Kristine Opolais e Tara Erraught nei ruoli principali.

MONACO DI BAVIERA, 20 febbraio 2014 - Il sottotitolo di quest'ultima opera mozartiana potrebbe essere "o la solitudine del potere", poiché pone il problema della fiducia e dell'amicizia di fronte al potere. Di chi ci si può fidare, dal momento in cui si ha un po' di potere, fosse anche solo la possibilità di lasciar copiare un compito a un compagno, o di dar lavoro a un amico? Come sapere se l'affetto dell'amico è disinteressato o dipende da ciò che puoi fare per lui? Ecco il problema che affronta l'imperatore romano Tito scoprendo che qualcuno ha tentato d'assassinarlo e che quel qualcuno è il suo migliore amico, per di più incitato dalla donna che lui, Tito, avrebbe voluto sposare... Questa ammirevole produzione afferma con chiarezza che non esiste una soluzione soddisfacente. Tutto nella messa in scena di Jan Bosse, con le scenografie di Stéphane Laimé, i costumi di Victoria Behr, le luci di Ingo Bracke, va dritto all'essenziale, all'interiorità dei personaggi. Tutto concorre a rendere la vicenda limpida, compresibile, universale. La direzione di Kirill Petrenko non è da meno. Densa, intensa, sobria e chiara ; e – oh, gioia! – vediamo ciò che ho sempre sognato di vedere in quest'opera: il solista (meraviglioso: Andreas Schablas) che accompagna le grandi arie chiave sale sulla scena e interpreta davanti agli occhi di tutti un dialogo con Sesto e con Vitellia.Ma andiamo con ordine.

 Il sipario si leva su un'ouverture energica e l’orchestra è visibile su una piattaforma poco più bassa della scena. Vediamo la scena del primo atto: un anfiteatro, visto dal basso, qualche colonna, tutto bianco e luminoso. A poco a poco i personaggi si dispongono sui gradini, dove attendono l'inizio della loro vicenda. Grazie ai costumi, sono immediatamente identificabili, e si comprende la posizione che occupano nel tessuto delle loro relazioni. Vitellia indossa così un grande abito barocco giallo, con una gonna amplissima e un'acconciatura rossa alta come una torre – ecco una donna passionale e potenzialmente pericolosa. Servilia è in rosa, gonna al ginocchio, indice di dolcezza e innocenza. Sesto porta un semplice costume nero, e Annio ha un'aria da hippie, con lunghi capelli rossi e un abito blu ornato di strass. Tito porta solo una camicia bianca, un po' alla maniera dei condannati a morte, che gli arriva alle caviglie, abbinata a un mantello/toga che indossa nei momenti ufficiali. E il dramma comincia: Vitellia, incarnata da una magnifica Kristine Opolais, forte e sfumata, domanda a Sesto d’assassinare Tito, che ai suoi occhi ha commesso il duplice crimine di non sposarla e di aver usurpato il soglio imperiale. Sesto si duole amaramente di dover uccidere il suo amico, e del potere del fascino femminile, che lo spinge a un gesto che gli fa orrore. Questo Sesto è interpretato in maniera stupefacefacente dal mezzosoprano irlandese Tara Erraught. Dotata d'una voce calda e ricca, intelligente e fine, si abbandona totalmente al mondo interiore del suo personnaggio, con tutte le sue contraddizioni e sofferenze. Il tenore inglese Toby Spence, voce piuttosto leggera, dà vita a Tito, a questo imperatore che vuole essere umano e si scontra senza sosta con il suo stesso potere. Rinuncia a Berenice per sposare Servilia, una romana e la sorella del suo amico Sesto. Ora, Servilia ama Annio, amico di Tito, e non esita a farglielo sapere. Hanna-Elisabeth Müller incarna Servilia, tutta dolcezza. Annio è interpretato da Angela Brower, ugualmente assai credibile e affascinante. Tito rinuncia così anche a Servilia e decide di sposare Vitellia. Troppo tardi! Questa ha appena dato a Sesto l'ordine irrevocabile di incendiare il Campidoglio e uccidere Tito. Finale primo, fulminante, fuoco e sangue in una luce rossa che abbraccia ora i gradini della scena, la musica fa il resto e si esce per l'intervallo piuttosto scossi.

 Il secondo atto si apre sulla medesima scena, dopo l'incendio – la cenere cade ancora dall'alto, un fumo denso riempie l'ambiente, il marmo bianco è scomparso, tutto si svolgerà da questo momento su una piattaforma nuda, davanti a un fondale nudo.

 Né maestro né orchestra, ma ecco Annio e Sesto che giungono, Annio s'accomoda al cembalo e accompagna un recitativo "molto secco" nel quale Sesto apprende che Tito è vivo e si lascia sfuggire che è lui stesso l'autore del crimine. L’orchestra dolcemente fa il suo ritorno, Annio tenta di convincere Sesto a confidarsi con l'Imperatore e appellarsi alla sua clemenza, ma troppo tardi. Publio, confidente e braccio destro di Tito, giunge e arresta Sesto. Tareq Nazmi è un basso di valore, forse dal timbro un po' troppo caldo per un personaggio piuttosto antipatico, che pare geloso di Sesto e dell'amicizia che lo lega all'Imperatore, mentre il suo ruolo a corte è chiaramente quello di un male necessario. Appare un po' ridicolo, con la veste sollevata al ginocchio, sempre a correre e a cercare di coordinare i movimenti dei cortigiani. E gliene siamo grati, giacché è il solo a strapparci un sorriso in questa vicenda.  In questo secondo atto, alcuni personaggi hanno cambiato il costume. Sesto mostra i segni del suo attentato, poco più tardi sarà in maniche di camicia, visibilmente malmenato in carcere. L’abito di ’Annio è sempre blu, ma più semplice, senza strass. Vitellia porta ora una gonna nera, sempre enorme, ma con un corsetto essenziale. Niente più parrucche: abbiamo ormai a che fare solo con degli esseri umani e sono tutti disperati. Sesto è riconosciuto colpevole è verrà, con ogni probabilità, condannato a una morte atroce. Annio e Servilia provano a intercedere presso Vitellia, ma costei è lacerata dal rimorso. Publio informa Tito che Sesto è stato condannato dal Senato e che non manca che la firma dell'imperatore. Tito s'interroga a lungo sul suo dovere di fronte alla legge e al suo desiderio di salvare l'amico. Risolve di seguire il suo cuore e liberare Sesto, quando Vitellia si presenta confessandogli che è stata lei a istigare il tradimento. Sconvolto, Tito decide infine di concedere a tutti la grazia e il coro celebra la sua clemenza Applausi e acclamazioni per una serata d'opera realizzata proprio come si deve!