L'ultimo ballo

di Ramon Jacques

La San Diego Opera propone un'edizione di successo dell'opera verdiana, solida in tutti i suoi aspetti, ma nubi cupe si accumulano sul suo futuro. Il teatro rischia la chiusura e come avviene sulla scena a vibrare il colpo fatale è colui il quale dovrebbe essere il suo migliore amico, Ian Campbell, sovrintendente e direttore artistico da più di trent'anni.

SAN DIEGO, marzo 2014 - La San Diego Opera ha offerto una memorabile rapresentazione di Un ballo in maschera diVerdi, opera che non si vedeva su queste scene dal 1999. Presentata nella sua versione svedese, tutti gli elementi annunciavano un allestimento di successo: ricche scenografie provenienti dalla San Francisco Opera, una solida compagnia per i ruoli principali e una sicura direzione musicale.

Molto belle da vedersi le scene, rispettose della vicenda e curate nei minimi dettagli in ogni momento, nel salone del ballo, nelle maschere, nella dimora di Ulrica, nell'orrido campo, nella casa di Anckarström. Hanno colpito altrettanto i costumi d'epoca, eleganti e di grande effetto, ideati da John Conklin già nel 1977 a San Francisco per una produzione con José Carreras e Katia Ricciarelli. Il regista era Lesley Koening, che ha realizzato un buon lavoro, efficace e puntuale nello svolgersi fluido di ogni scena, con forse un unico difetto nelle coreografie e nelle danze, di livello insoddisfacente, e nei movimenti troppo caricati del personaggio di Oscar.

Nella buca, la San Diego Symphony ha esibito convincenti argomenti musicali: omogeneità fra ottoni e archi, dinamiche, buon gusto e soprattutto espressione, che l'ha distinta dalla rigidità talora riscontrata in orchestre sinfniche statunitensi tutte protese alla ricerca della perfezione del puro suono. Si è ben notata la mano sicura e appassionata di un maestro esperto quale è Massimo Zanetti, che ha trasmesso emozioni ai musicisti e li ha guidati in maniera più che soddisfacente. Questa orchestra mi ha fatto immediatamente ricordare la presenza di Edoardo Müller e la gran quantità di opere del repertorio che aveva concertato qui quando, fino a pochi anni fa, era direttore musicale del teatro.

Nel cast trovavamo il soprano bulgaro Krassimira Stoyanova, che al suo debutto locale si è imposta per l'intelligenza con cui ha plasmato sulla scena una Amelia credibile, commuovente e passionale, dal canto più luminoso che mai, omogeneo e ben timbrato. Il tenore Piotr Beczala, si è fatto apprezzare per la precisione e il colore intenso e sfumato, affrontando con sicurezza tutta la partitura. Tuttavia la sua resa scenica del personaggio di Gustavo è pasra rigida e inespressiva, poco convinta, arrivando a essere, a tratti, perfino fastidiosa. Aris Argiris, baritono di notevole livello, ha reso con classe e morbidezza la parte di Anckarström. Stephanie Blythe, assai compresa nel ruolo di Ulrica (qui Madame Arvidson), ha cantato con voce scura, ricca ed espressiva, mentre Kathleen Kim ha dato vita a un fastidioso Oscar dalla voce agile e brillante. Poco da dire sul resto del cast, nel complesso sufficiente, e il coro ha dato il suo contributo con correttezza.

Bisogna, però, segnalare un fatto significativo. Nel finale dell'opera, al calare del sipario, Gustavo muore assassinato per mano di Anckarström, il suo migliore amico: solo tre giorni dopo la storia si sarebbe ripetuta nella vita reale, poiché la San Diego Opera, considerata fra i dieci migliori teatro statunitensi, sarebbe morta assassinata per mano del suo stesso sovrintendente e direttore artistico dal 1983, l'australiano Ian Campbell (il Renato Anckarström di San Diego). Questi spiega che la compagnia non dispone dei mezzi economici sufficienti per mantenersi in vita ed è meglio chiudere oggi con dignità che più tardi con problemi. Certo è, invece, che la compagnia non ha debiti e il sostegno della comunità locale sarebeb sufficiente per non scomparire. La questione è ancora in sospeso e si dovrà definire nei prossimi mesi, forse mesi... Se la compagnia sopravviverà, è indubbio che sarà necessario un dirigente più al passo con i tempi che viviamo, con una visione più moderna e fresca, che non guardi al pubblico con sdegno e arroganza, dall'alto di un piedistallo e soprattutto che non anteponga i suoi gusti e i suoi interessi personali al bene della compagnia. To be continued…