Due a zero per le dame ferraresi

di Luis Gutierrez

Nel complesso soddisfacente e godibile la riproposta al Met del capolavoro di Mozart e Da Ponte nel collaudato allestimento di Lesley Koenig e con la direzione di un James Levine ormai avviato nuovamente alla piena attività. A dominare la produzione sono però Susanna Phillips e Isabel Leonard, splenide interpreti di Fiordiligi e Dorabella.

NEW YORK, 30 aprile 2014 - Mi confesso amante incurabile, aammiratore e perfino fanatico di tutte le opere di Mozart, in particolare delle tre frutto della collaborazione con Lorenzo Da Ponte. Così fan tutte è l'opera in cui Mozartpiù si discosta dallo stile strumentale per avvicinarsi a quello stile operistico che trionferà nel XIX secolo. Non per questo abbandona la forma sonata, per esempio nel quintetto del primo atto “Sento oddio, che questo piede” o nel duetto di seduzione di Guglielmo e Dorabella “Il core vi dono”, ma Mozart trova anche nuove forme musicali, come nel sestetto del primo atto “Alla bella Despinetta” o nel duetto di seduzione fra Ferrando e Fiordiligi “Fra gli amplessi”. L'uso del Do maggiore come tonalità predominante dell'opera, con il ricorrere continuo della triade Sol–Mi–Do, permette un'esplorazione tonale che si spinge fino al La bemolle maggiore del sublime canone del finale secondo: “E nel tuo, nel mio bicchiero”. Dei trenta numeri, diciannove sono assiemi per cui è necessario un grande affiatamento fra i sei protagonisti, che devono essere egualmente grandi cantanti in grado di eseguire aegatamente le difficili arie. Mozart spruzza qua e là la partitura di parodie dell'opera seria; il testo di "Smanie implacabili" potrebbe appartenere a un'aria di Elettra in Idomeneo, ma Mozart modifica orchestrazione e tonalità in modo da coprire Dorabella di un velo di simpatia. "Come scoglio" è una tipica aria di paragone nello stile di Metastasio, e, seppure diabolicamente difficile da cantare, la supera in difficoltà, bellezza ed espressione il rondò “Per pietà, ben mio perdona” in cui Fiordiligi ci mostra che non resiste più alla tentazione. Il libretto è il più personale Da Ponte ed è ricchissimo di citazioni ovvie, come quella di Metastasio nel secondo terzetto degli uomini, o altre meno, come il virgolettato di Sannazaro che Don Alfonso intona in recitativo secco dopo il bel terzetto “Soave sia il vento”. In definitiva, chi rifiuta di vedere o sentire quest'opera trovandola poco credibile o sessista, si perde una delle meraviglie del teatro musicale. Peggio per loro. 

La produzione di Lesley Koenig, creata nel 1997 per il debutto di Cecilia Bartoli al MET, è in realtà assai buona, in ogni momento al servizio della fluidità di vicenda e partitura, senza occasioni di distrazione. Le indicazioni di musica e testo si uniscono coerentemente con un minimalismo che non contraddice mai ciò che ascoltiamo. Il successo di un allestimento di Così fan tutte è direttamente proporzionale alla qualità vocale e al dominio dello stile mozartiano da parte dei cantanti. I sei devono tutti eccellere tanto nelle arie quanto nella fusione dei pezzi s'insieme. In molte occasioni studenti di Conservatorio o di Accademie di canto affrontano questa opera e rifiuto sempre ogni invito a queste recite, perché reputo Così fan tutte una commedia molto seria, in verità troppo seria per affidarla ad artisti inesperti.

Susanna Phillips (Fiordiligi) è un giovane soprano americano che ci ha mostrato un dominio meraviglioso delle acrobazie vocali di “Come Scoglio”, così come la tenerezza e la fragilità necessarie per “Per pietà”. Durante il primo atto il suo volume spiccava nei numeri d'insieme, fortunadamente dev'essere successo qualcosa di buono nell'intervallo, giacché la sua voce nel secondo atto risuonava in perfetto equilibrio con quelle dei colleghi. Il mezzosoprano Isabel Leonard (Dorabella) è una delle nuove cantanti che tengono alte le sorti di questo magnifico registro. La sua interpretazione è stata vocalmente impeccabile e la sua recitazione splendida, facendoci intendere già dalla mimica e dal linguaggio del corpo che lei sarebbe stata la prima a cedere. Con mezzosoprani del calibro di Leonard, Garanca, Kozena e tante altre che animano la nostra vita musical, chi ha bisogno di controtenori per Sesto, Idamante o Aminta?

Danielle de Niese è stata una Despina molto buona, anche se un gradino al di sotto delle due sorelle. La definizione di questo personaggio nell'allestimento di Koenig è l'unico sul quale posso trovare da ridire, essendo inutilmente basato su una comicità nello stile dei Three Stooges. Matthew Polenzani (Ferrando) si avvia a passo forzato a insidiare il record di ruoli in repertorio detenuto da Plácido Domingo – soprattutto ora che si dedica anche ai ruoli da baritono – è cresciuto dal primo al secondo atto: “Un’aura amorosa” è stata piuttosto fiacca, ma in “Tradito, schernito” già ha trovato una migliore sonorità, o è solo merito di Mozart se in questa pagina si è creato un momento magico? Rodion Pogossov (Guglielmo) è maturato enormemente dagli anni in cui lo vidi cantare Fiorello, senza dubbio, tuttavia in “E nel tuo, nel mio bicchiero" è lui a incrinare la pagina più sublime dell'opera. C'è ancora tempo per diventare un buon baritono mozartiano. Tale si è mostrato l'ottimo Maurizio Muraro (Don Alfonso), che appariva vocalmente e in scena sempre come il serpente che controlla gli eventi in quel giardino del bene e del male in cui trasforma quello inizialmente arcadico delle due.

Il rientro di James Levine è più che mai gradito, date le sue innegabili qualità, ma credo che i suoi tempi siano più lenti che mai, inoltre ho notato una certa difficoltà nello smorzare il volume di trombe e timpani, molto forti nel primo atto ma adeguati nel secondo - benedetti intervalli! Insomma, una buona recita, non una delle migliori della mia vita, ma soddisfacente, per quanto ammetta di essere particolarmente esigente nel giudizio di esecuzioni mozartiane. Scherzosamente ho sintetizzato il risultato in termini calcistici: sorelle 2 - soldati 0, arbitraggio senza problemi.