di Ramón Jacques
Il Teatro del Bicentenario della città di Leòn, a quattrocento chilometri dalla capitale messicana, offre da quattro anni una stagione lirica che si è già consolidata e ben radicata sul territorio. Quest'anno l'inaugurazione è stata affidata alla Traviata verdiana.
LEON, 24 maggio 2014 - Una scena aperta e la visione estetizzante di una Violetta desolata e prossima alla morte che camminava lentamente nell’oscurità sopra una piattaforma coperta di fiori era ciò che ci trovavamo innanzi entrando nel del Teatro del Bicentenario, prima di assistere alla Traviata, la prima produzione della stagione 2014 in questo teatro.
Nel moderno e funzionale teatro che fu inaugurato solo il 7 dicembre del 2010 nella città di León – che si trova a 400 Km a nord est di Città del Messico – si è consolidata in poco tempo una stagione di richiamo con i titoli più rappresentativi del repertorio internazionale, ma scelte più sofisticate per questo contesto, come l’Orfeo ed Euridice di Gluck che sarà messo in scena alla fine di quest’anno con un orchestra di strumenti originali in commemorazione del trecentesimo anniversario della nascita del compositore tedesco.
Il nuovo allestimento dell'opera verdiana concepito per questa occasione da Fernando Feres è minimalista, con elementi essenziali e piattaforme mobili che permettevano di passare da un quadro all’altro senza rompere la continuità dell’azione, e con pannelli che circoscrivevano la scena in piccoli quadri entro i quali aveva luogo la vicenda facendone risaltare la drammaticità con un certo tocco cinematografico.
In termini generali l’opera scorreva in spazi aperti che permettevano il libero movimento degli artisti, coro, ballerini, gitani, matadori. Ciò si combinava con la regia di Marco Antonio Silva, responsabile anche delle luci, che, per le sue origini di ballerino e coreografo, ha predisposto un'azione sempre dinamica e nelle coreografie del primo e del terzo atto impegnava gli stessi cantantii come fossero danzatori.
I costumi di Adriana Ruiz hanno causato un po' di confusione rispetto all’epoca, forse intenzionale per evidenziare l'universalità di quest'opera al di là di ogni tempo e contesto.
Quanto all’aspetto vocale della produzione, il ruolo principale ha beneficiato della presenza del soprano georgiano Sophie Gordelazde, giovane e raggiante Violetta che ha dato vita ad un personaggio di donna sempre più sofferente e malata. Ha mostrato chiarezza, agilità, timbro gradevole e soprattutto un'encomiabile musicalità.
Il tenore Jesus Leon è stato un Alfredo soddisfacente, sicuro nella recitazione e di buone qualità canore, esibendo un timbro caldo e una emissione omogenea. Da notare, nei duetti con il soprano come “Parigi, o cara”, la completa sintonia tra le due voci. Il basso baritono Guillermo Ruiz ha dato la sua voce profonda e potente al ruolo di Giorgio Germont, csntsndo bene nonostante, dal punto di vista attoriale, risultasse un po' passivo e distaccato. Corretti sono stati gli altri solisti nei loro interventi, con una menzione per il basso Charlie Oppenheim e per i soprani Alejandra Sandoval e Gabriela Morales Escalante rispettivamente nei ruoli del Machese d’Obigny, Flora e Annina
Buon risultato per il coro del teatro, costituito per lo più da cantanti locali, che sotto la direzione di José Antonio Espinal va acquisendo una sua propria identità. Il maestro Arthur Fagen ha diretto con esperienza comunicando emozione e intensità all’Orchestra del Teatro del Bicentenario, che ha risposto ottenendo ottimi risultati. Il prossimo titolo in cartellone è Tosca, in scena nel mese di agosto con un buon cast diretto dal maestro italiano Marco Boemi.