Thaïs vestida

di Ramon Jacques

A Los Angeles, i due volti della Thaïs di Massenet come della Maja di Goya: Dopo la versione "desnuda" in forma di concerto [leggi qui la recensione], rendiamo conto anche delle recite "vestide", sempre con Placido Domingo e Nino Machaidze nei ruoli principali.

LOS ANGELES, 7 giugno 2014 - Se non fosse per l’interesse di Placido Domingo di incorporare nuovi personaggi nel proprio repertorio, opere come Thaïs difficilmente si sarebbero messe in scena in questo teatro, nonostante la presenza passaggi vocali e musicali interessanti come la conosciuta Meditation.

In scena è andata la produzione di Johan Engeles, proveniente dalla Finnish National Opera, un po’ confusa perché mescola realismo con surrealismo nel miglior stile del Regietheater, giacché l’azione si situava in un teatro con i monaci vestiti in frac e cravatte nere, non religiosi ma pervertiti voyeurs, che osservano la vicenda dai palchi; il secondo atto si svolgeva nella opulenta e piccola abitazione di Thaïs, e il terzo in un teatro distrutto con una piattaforma circolare nel mezzo e rovine e dune che rappresentavano i seni di una donna.

Dal punto di vista strettamente estetico la scena era apprezzabile, ma poco incisiva sotto il profilo teatrale e ai fini della narrazione. I costumi moderni e ben elaborati, come il vestito con le ali di Thaïs, suggerivano un'ambientazione in epoca attuale, ma contrastavano con quelli da mendicante di Athanael, che alla fine si trovava al centro dell’attenzione, fulcro drammatico dell'opera. La regia di Nicola Raab non ha convinto e non ha saputo risolvere i personaggi, caricando invece la scena di molti movimenti senza senso e drammaticamente esagerati.

Domingo ha personificato in modo corretto il personaggio numero centotrentanove della sua carriera; come sempre lo ha vissuto intensamente, ha fatto propri tormenti e afflizioni di Athanael, per quanto la direzione scenica abbia insistito in modo monotono e, infine fastidioso, su sofferenza e ossessione.

Vocalmente ha approfittato delle possibilità offerte dalla partitura e lo ha fatto con intensità e buon fraseggio, però l’emissione, leggera in certi momenti, si perdeva di fronte alla massa orchestrale. Il soprano Nino Machaidze si è disimpegnata correttamente come Thaïs, mostrabndo forza nell'emissione, bel colore e facilità nelle note acute, ma poca chiarezza dovuta a una discutibile dizione francese. Il tenore Paul Groves ha interpretato in modo convincente il breve ruolo di Nicias con un timbro gradevole e caloroso, anche se un artista del suo livello meriterebbe un ruolo francamente non così marginale.

Per il resto i ruoli minori hanno soddisfatto, come il coro e il canto sensuale e brunito di Milena Kitic nel breve ruolo di Albine. Il direttore francese Patrick Fournillier ha mostrato affinità con questo repertorio, che dirige frequentemente, guidando con sicurezza e polso un’orchestra che ha risposto sempre con coesione, delineando bene i ritmi più esotici e lirici della partitura. Una menzione merita il concertino dell’orchestra Roberto Cani per la sua commovente esecuzione della Meditation.