I colori di Charlotte

di Suzanne Daumann

Suggestiva prima assoluta per la nuova commissione del Festival di Salisburgo: un'opera sul Charlotte Salomon, pittrice di origini ebraiche morta giovanissima ad Auschwitz e autrice di una vera e propria autobiografia dipinta ricca di riferimenti musicali.

SALISBURGO, 14 agosto 2014 - Un'opera su Charlotte Salomon e la sua arte è un po' una mise en abyme, è raccontare la storia di una donna che racconta una storia. Il gruppo che ha realizzato questa commissione del Festival di Salzburg ha raccolto la sfida: Barbara Honigmann firma il libretto e Marc-André Dalbavie la musica, con il regista Luc Bondy e il drammaturgo Konrad Kuhn al loro fianco.

Charlotte Salomon era una giovane ebrea che viveva a Berlino negli anni '20/'30 del secolo scorso in una famiglia agiata. Nel 1939, lascia la capitale tedesca per rifugiarsi presso i nonni a Villefranche-sur-Mer. Qui crea un'opera stupefacente, il "Singspiel" Leben ? oder Theater ?, una seria di settecentonovantasei dipinti a tempera in cui raffigura la sua vita: il matrimonio del padre con Paula Lindberg, celebre mezzosoprano, la nuova vita sociale che questo fatto comporta per la sua famiglia dopo la morte della madre di Charlotte. Racconta poi il viaggio con i nonni a Roma, la decisione di studiare arte, le difficoltà crescenti incontrate dalla sua famiglia dall'ascesa del nazismo. E soprattutto l'arrivo di un nuovo insegnante di canto per Paula, con le complicazioni amorose che questo comporta. 

In un epilogo, vediamo Charlotte arrivare dai nonni a Villefranche-sur-Mer, assistiamo al suicidio della nonna e apprendiamo con lei che anche sua madre si era in realtà tolta la vita, proprio come sua sorella e altri membri della famiglia. Infine vediamo Charlotte e suo nonno internati nel lager di Gurs.

Le tempere di Charlotte, e qui risiede gran parte del suo interesse per l'opera, sono punteggiate di richiami musicali, che servono a loro volta come punto di riferimento a Marc-André Dalbavie per la composizione. Che si tratti di un lied di Schubert, un'aria di Bach o di Mendelssohn, una canzone popolare francese o l'Habanera di Carmen, Dalbavie sa integrarli coerentemente nel suo linguaggio musicale. Fluido, limpido, e finemente orchestrato, facendo sovente pensare a Claude Debussy, traduce il pensiero di Charlotte Salomon e le sue immagini.

La messa in scena di Luc Bondy ci fa incontrare Charlotte Salomon nella persona dell’attrice Johanna Wokalek, che racconterà parte della vicenda, e del mezzosoprano francese Marianne Crebassa, che incarna l'alter ego della protagonista, chiamata Charlotte Kann nel "Singespiel". Disinvolte e agili entrambe, capelli corti neri, abbigliate con una gonna corta blu scuro e un golfino azzurrino,rendono perfettamente il vigore e l'innocenza della giovinezza. Una voce parlata chiara e squillante dall'accento berlinese, una voce di mezzo calda e musicale: ecco Charlotte Salomon alias Charlotte Kann. Un grande mezzo interpreta un grande mezzo – Anaïk Morel è Paulinka Bimbam, alias Paula Lindberg. Il tenore Frédéric Antoun, bella voce chiara e duttile,  è il maestro di canto Amadeus Daberloh.

La scenografia di Johannes Schütz consiste in tutto e per tutto in una scatola bianca che copre tutta l'ampiezza del palco. Pareti mobili la suddividono formando ora l'appartamento di Berlino, ora il salotto dei nonni a  Villefranche-sur-Mer etc. Il fondale è anche lo schermo per la proiezione di dipinti di Charlotte Salomon. Così, si sentono le sue parole, dette e cantate, si vedono recitare scene della sua vita e si vede ciò che lei stessa ne ha fatto. Attraverso la musica che lei cita e la musica di Marc-André Dalbavie, attraverso il gioco scenico, il suo universo musicale e cromatico, si finisce per conoscere Charlotte Salomon, una persona, un'artista unica e insostituibile. L'emozione è palpabile in sala quando un laconico epilogo ci informa che fu assassinata ad Auschwitz nell'ottobre del 1943.

Un momento di silenzio precede gli applausi ampiamente meritati.