Il cosmo e il bajan

di Roberta Pedrotti

Per il ciclo Il nuovo e l'antico del Bologna Festival ancora protagonista la musica di Sofija Gubajdulina, a confronto con Bach e Šostakovič in un programma dedicato in gran parte al bajan, fisarmonica russa le cui potenzialità hanno affascinato la compositrice tatara. Fra gli artisti dell'Ex Novo Ensemble s'impone proprio Igor Zobin, eccellente virtuoso dello strumento.

 

BOLOGNA, 23 ottobre 2013 - Il bajan è una fisarmonica russa che, al di là dell'aspetto esteriore nel quale spicca una tastiera cromatica a pulsanti, offre possibilità timbriche e un'estensione che la rendono una variante affatto particolare e distinta in questa famiglia di strumenti.

Nato e sviluppatosi in contesti popolari, il bajan ha attratto nel tempo l'attenzione di interpreti come Friedrich Lips e di compositori come Sofija Gubajdulina, dalla cui collaborazione è nata una letteratura che esplora le potenzialità dello strumento con esiti straordinari.

Non solo nasce un brano come De profundis, nel 1978, ma in anni più recenti la compositrice tatara ha rivisto alcuni suoi lavori traducendo parti organistiche per bajan (In croce del '79 con revisioni nel '91 e nel '09), e violoncellistiche per contrabbasso (In croce e Silenzio, del '91 rivista nel '09). L'esito è in ogni caso impressionante, perché la fisarmonica russa ha, effettivamente, molto in comune con l'organo, ma con precise peculiarità non solo timbriche nella gamma di diversi vibrati, nelle potenzialità virtuosistiche e nello spessore del registro grave. Come sempre la Gubajdulina esplora tutte le potenzialità dello strumento, le porta alla massima espressione in un precisissimo disegno poetico. Basti ascoltare il senso di dolore, di meditazione e poi di dolce luce spirituale che promana dall'ardita scrittura del solistico De profundis, o al rapporto matematico ma non astratto e distaccato sviluppato con il contrabbasso in In croce. Qui gli strumenti si muovono ciascuno nella propria gamma, la percorrono, la dipanano in tutte le sue sfumature, scoprendo un incrocio, un'intersezione che è sia espressione geometrica, sia simbolo mistico della croce, sia punto d'incontro universale. Etimologicamente un'autentica Sympathia, essendo sia il termine riferito all'acustica (le corde che vibrano per simpatia) sia etimologicamente parente di Passione.

L'ispirazione religiosa innerva fin dal titolo queste composizioni della Gubajdulina, ma non si tratta di musica liturgica o confessionale, bensì traduce un sentimento ben più profondo e universale, ben intellegibile anche in Silenzio, cinque pezzi per bajan violino e contrabbasso (secondo la versione del 2010) che esprimono una sorta di dialettica, ininterrotta vibrazione del suono espresso e inesprimibile. Un continuo scambio, una continua tensione in cui il confine percettivo fra presenza e assenza, fra udibile e inudibile si fa sempre più debole, quasi ad accarezzare l'idea stessa della musica delle sfere celesti e a fare del silenzio stesso un elemento concreto della sintassi armonica.

Di questo programma incentrato sul bajan nell'opera di Sofija Gubajdulina è straordinario protagonista Igor Zobin, virtuoso dello strumento dalla tecnica abbagliante, dalla musicalità cristallina, precisissima e dalla sensibilità artistica profonda e coinvolgente. Per lui sono meritate autentiche ovazioni, che coinvolgono anche i suoi colleghi dello storico Ex novo ensemble, che pure non ci colpiscono per esiti altrettanto convincenti. Il contrabbassista Luca Stevanato interviene con efficacia in In croce e in Silenzio, dove si ascolta pure il violino di Carlo Lazari. Restano un po' in ombra le esecuzioni dell'Adagio e Fuga della Sonata in sol minore BWV 1001 per violino solo di J.S. Bach e gli Aforismi op. 13 di Šostakovič affidati al pianoforte di Aldo Orvieto, per quanto la scelta di questi pezzi per punteggiare quelli della Gubajdulina (due dei quali, quelli per due e trio, in prima italiana in questa versione) sia stata particolarmente felice e stimolante. Non solo, infatti, l'artista ha sempre dichiarato un'ammirazione inattaccabile per il Maestro di Lipsia, ma soprattutto condivide con lui una visione lucida, analitica, un senso della spiritualità in musica attraverso una sorta di rigorosa astrazione formale capace di trasformarsi in poesia, voce del micro e del macrocosmo. Più complesso, ma egualmente importante, il rapporto con il russo, maestro, mentore, ma anche modello da cui emanciparsi, riferimento infine parimenti imprescindibile. Come sempre, dopo poco più di un'ora di musica d'altissima qualità compositiva, e dopo l'appassionata introduzione del direttore artistico Mario Messinis, usciamo dall'Oratorio di S. Filippo Neri, in una limpida e quasi tiepida serata autunnale bolognese, con il pungolo di una riflessione, con un nuovo spiraglio aperto sulle infinite possibilità e interconnessioni dell'ars musica.