Ripensare le età dell'oro

di Roberta Pedrotti

A. Sinigaglia
fffortissimo
302 pagine
ISBN-13: 978-8890263620

Edizioni Accademia Perosi, 2019

Non è un’antologia di saggi, o di minuziose interviste specialistiche. Sono agili incontri, pezzi relativamente pubblicati sulle pagine di Cultura e Spettacoli di un quotidiano generalista, La Stampa, per occasioni ben precise: una prima, uno spettacolo che ha fatto scalpore, una nomina, un addio, un anniversario… Proprio per questo subito, sfogliando il volume, si rimane colpiti e ci si tuffa in una storia recente del giornalismo italiano per cui le dimissioni di Lorin Maazel dalla Staatsoper di Vienna potevano far notizia sulla carta stampata non specializzata, in cui non c’era bisogno di gossip per portare a tutti le considerazioni di Malipiero, Boulez, Gavazzeni, Abbado o Nono. Con il tempo la scelta si assottiglia e degli ultimissimi anni ci arrivano Bollani, Bahrami, Brunello.

Non si può non essere un po' nostalgici: anche se col senno di poi la maggior parte di quei nomi sarebbero oro puro e forse (forse…) contesi ancor oggi da qualche grossa testata, scorrendo all’indietro fino agli anni ‘70 ritroviamo qualcuno già anziano e mito consacrato, ma altri giovani in piena ascesa e attività. E la loro voce non si fermava a qualche domandina di rito per rimpolpare le cronache locali, ma era affidata a chi di musica ne sapeva qualcosa e faceva giornalismo musicale serio senza la boria dei parvenu: Alberto Sinigaglia ci fa luccicare gli occhi raccontando una prova di Benedetti Michelangeli alla Fenice come un'avventura condivisa con Mila, Abbiati, Gara, Messinis, per fare solo alcuni nomi. Sì, si rischia di scivolare nella malinconia, di cedere alla sindrome dell’età dell’oro, dimenticando magari che un’antologia, per definizione, sceglie, seleziona, offre una prospettiva, non un impossibile panorama completo e magari non altrettanto luccicante. Ad ogni modo, se manteniamo un pizzico di realismo disincantato, non fa male nemmeno quella nostalgia idealista che sprona a migliorare e scuote dal torpore giornalistico non solo culturale. Battaglia non facile, utopia forse, ma almeno pungolo di riflessione. Anche perché, in parallelo alla storia della comunicazione giornalistica vediamo scorrere la storia della musica e lì ancor più la voce degli interpreti ci impone uno sguardo critico. Non ci troviamo, per fortuna, di fronte a monumenti, ma di fronte a musicisti e uomini di teatro colti in un preciso momento della loro carriera e della loro vita. Così capita di ritrovare un Abbado quarantaseienne che cita a esempio, fra i colleghi di riferimento nella sua generazione, Carlos Kleiber, o Riccardo Muti che arriva alla Scala e racconta i suoi progetti, o Zeffirelli fra le prove della Traviata fiorentina sempre con Kleiber, Ronconi che commenta a caldo l’accoglienza turbinosa all’Ernani scaligero. Si leggono pensieri condivisi e diffusi, ma anche botta e risposta a distanza da pulpiti opposti (la sezione sui direttori d'orchestra, da Gavazzeni a Sinopoli, da Bernstein a Mehta è assai gustosa, ma anche confrontare Russell e Zeffirelli o passare in rassegna un bel campionario di compositori), ci si rende conto che molti discorsi potrebbero essere fatti oggi, che molti temi si ripropongono senza sosta, si confrontano i presagi e le ipotesi con quel che effettivamente si è verificato. Si alimenta uno sguardo critico sulla storia recente dell’interpretazione riscorrendo le parole del momento, si riflette anche sulla percezione che noi stessi abbiamo del passato grazie al confronto fra il nostro parlare dell’oggi e quello di chi ci ha preceduto. Allora, non c’è età dell’oro che tenga: indossiamo pure i “panni reali e curiali”, ma immergersi nelle voci degli anni che furono ci aiuta a rapportarci con quelle di oggi, a guardare anche a noi stessi da un’altra prospettiva. 

Un’antologia giornalistica, cronache, interviste sul pezzo. Eppure non invecchiano, eppure ci dicono molto più di quanto sembri.